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Il segreto racchiuso nel cuore del cervo

  • Bruno Usseglio
  • Aprile 2024
Mercoledì, 10 Aprile 2024

Il segreto a cui alludiamo è un semplice osso, o cartilagine. L'osso del cuore del cervo è sicuramente meno conosciuto rispetto a quello dello stambecco (ricercato come talismano e a cui venivano attribuiti diversi poteri), tuttavia diversi autori nel corso dei secoli ne hanno certificato la presenza e le qualità taumaturgiche.

Partiamo dunque alla ricerca di indizi che ci rivelino eventuali segreti racchiusi nel petto del cervo.

Una prima esemplificazione la troviamo nel poema Chasse du Cerf della metà del XIII secolo. Come suggerisce il titolo, l'autore dedica ampio spazio alla caccia del cervo. Scorrendo i versi in rima, la nostra attenzione viene catturata da un passaggio che riporta un consiglio: quello di non dimenticarsi, durante la macellazione del cervo, dell'osso del cuore che deve essere donato a una dama incinta, evidentemente come segno ben augurante.

Più enigmatico è il riferimento che fa Gaston Phoebus, conte di Foix nel suo Livre de la Chasse composto verso il 1387-89. Il nobile sostiene che il cervo, nel cuore, ha un osso che ha proprietà terapeutiche, così come tante altre parti del suo corpo. Gaston Phoebus, però, omette di descriverle compiutamente, lasciandoci così con un po' di curiosità e costringendoci a cercare ancora altri spunti.

Jacques du Fouilloux ci ha lasciato un celebre libro sull'arte della caccia, dedicato a Carlo IX. Quest'opera viene stampata per la prima volta nel 1561 con il titolo La Venerie. La parte dedicata al cervo si apre con alcuni versi nei quali è lo stesso animale che si presenta: «Sono il cervo, a causa della mia testa dai greci fui soprannominato Ceratum, perché in bellezza supero tutte le bestie, così, a buon diritto, mi hanno chiamato. Per il piacere dei re sono stato creato, di giorno in giorno i cacciatori mi seguono per le foreste; sono abbandonato a tutti i cani che senza tregua mi cacciano». Anche questo autore analizza le virtù e le proprietà terapeutiche del cervo partendo proprio dal cuore: in questo organo si trova un osso che è molto utile contro il tremore del cuore umano. Quindi, oltre alle gentildonne incinte, il nostro osso rafforzerebbe i cuori umani.

Robert de Salnove nel 1655 pubblica un trattato dedicato alle cacce del cervo, della lepre, del capriolo, del cinghiale, del lupo e della volpe. L'opera è frutto di 35 anni impiegati nella caccia e in guerra, sia con il re di Francia, sia con Madama reale, moglie del duca di Savoia. Secondo questo autore dall'osso del cuore, o dal corno dell'animale giovane, si possono estrarre degli ingredienti da utilizzare nei preparati utili a curare le infermità. Il velluto che ricopre le corna del cervo può essere distillato per essere usato contro la pleurite e le febbri maligne. Il midollo delle ossa è ottimo per consolidare e fortificare le fratture. In particolare, una volta estratto, deve stare dodici ore nell'acqua fresca, così da renderlo più bello e bianco. Unito a del burro fresco, deve essere spalmato sulla parte interessata che va poi coperta con un panno caldo.

Giuseppe Donzelli è un dottore che ha redatto un trattato farmaceutico pubblicato nel 1726. In un paragrafo intitolato «Del Cervo, del suo corno, e dell'osso del suo cuore» riprende le descrizioni fatte dagli antichi aggiungendo delle sue considerazioni che ci consentono di approfondire la conoscenza di questo fantomatico osso e delle sue proprietà: «Ha il cervo molte parti del suo corpo utili per la medicina, e primieramente il sangue, secondo che dice Rasis ben sbattuto con oglio, usato a modo di clistiere, giova all'ulcere, ed a i flussi vecchi delle budella, si come bevuto con vino vale alle ferite delle saette velenate. Il cervello del medesimo animale mondifica l'aposteme de i nervi, e delle giunture. Il caglio è buono contro i veleni. La carne preserva dalle febbri. La sordidezza degl'angoli degl'occhi suoi, che è grande quanto una noce, e si trova solamente ne i cervi che hanno compito cento anni di vita (che alcuni credono essere il bezoar) vale applicata a i morsi de i serpenti, ed altri animali velenosi come attesta Scribonio Largo e Scaligero con l'autorità di Abinzoar, che dice averne sanato, specialmente il figlio del Cavallarizzo regio, avendoglielo dato alla quantità di 30 grani con acqua di cocozza, o rosata, ed il simile opera l'osso della sua verga; ma per tale effetto tengono in primo luogo il corno, e l'osso del cuore, benché Vessalio niega che vi si ritrovi, il che deve apportar gran meraviglia considerando che questo grande anatomista non abbia veduto né trovato quest'osso, il quale quasi tutti i buoni autori dicono trovansi non solamente nel cervo, ma anche ne i bovi. (...) Io non mi stenderò a ricercare intorno a ciò altre pruove, perché mi basterà dire, che avendo procurato d'avere un cuore di cervo, l'ho aperto di propria mano, e vi trovai l'osso di figura lunghetto, puntato da una parte ed alquanto concavo di sostanza simile al callo e poi diviene duro col seccarsi: si può scusare il Vessalio che forse averà fatto pruova di trovare dett'osso ne i cervi troppo giovani ne i quali non vi si trova, perché quello umore, che genera quest'osso, non è ancora indurito, poiché nascendo dall'umor melanconico, che si trasmette per una vena della milza al cuore e per la gran caldezza della parte consumandosi le parti sottili dell'umore trasmesso, si induriscono le crasse a modo di una sostanza ossea. Diciamo dunque che quest'osso non si trova se non ne gl'animali vecchi, e che in essi, quanto sono più vecchi, tanto maggiormente sia perfetto l'osso, per l'uso di questa confezione giacintina. Si ha da avvertire che non è buono l'osso del cuore del cervo che sia stato ferito e poi tenuto lungamente preso; bisogna anche avvertire bene che tal osso non sia sofisticato perché è tanta la copia ed insieme l'industria de i truffatori che pigliando la cartilagine del petto del medesimo cervo, si come anche quella dell'irco, li vendono per vero osso di cuor di cervo, perché difficilmente si possono conoscere per falsi. (...) Il vero e legittimo osso del cervo è medicina mirabile per gli affetti cardiaci come melancolia, sincopi ed ogn'altra passione di cuore. Si conserva ben seccato al sole per molti anni e la sua natura è fredda e secca».

Da queste brevi indicazioni del passato non sappiamo se effettivamente l'osso del cuore del cervo sia presente in tutti gli esemplari e se abbia particolari valori curativi, di certo, se stiamo alle parole di Donzelli, quello che possiamo constatare, è che anche su questa curiosa peculiarità, non mancano sofisticatori e truffatori!

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