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L'uomo e il bosco

I boschi, prima o poi, raggiungono tutti una fase di "crollo" che rappresenta la fine del popolamento precedente e l'inizio di un nuovo ciclo di insediamento degli alberi. Questo dinamismo è il motore che conserva la massima diversità all'interno dell'ecosistema bosco ma è poco evidente all'uomo che spesso interviene modificando i cicli naturali per le più svariate ragioni

  • Renzo Motta*
  • Aprile 2021
  • Martedì, 20 Aprile 2021
Effetti della tempesta Vaia in Trentino  - Foto Pixabay Effetti della tempesta Vaia in Trentino - Foto Pixabay

Nella nostra percezione il bosco rappresenta un ecosistema relativamente stabile o soggetto a cambiamenti di lieve entità. In realtà non è così: è molto dinamico e nel tempo cambia completamente aspetto, sia in seguito a processi interni, di cui il più importante è la competizione, sia per processi esterni come i disturbi naturali.

L'impatto dell'uomo sul bosco

Questi meccanismi funzionano in modo regolare nelle foreste primarie del nostro pianeta (che attualmente si trovano soprattutto nelle zone boreali o tropicali) ma nella maggior parte dei territori abitati l'uomo interferisce da secoli con le dinamiche naturali. L'azione dell'uomo ha modificato le foreste in modo da favorire l'erogazione dei "servizi ecosistemici" di volta in volta richiesti: produzione di legname, regimazione delle acque, protezione nei confronti di pericoli naturali (valanghe, cadute massi, frane, lave torrentizie), paesaggio, ricreazione. In queste foreste anche i processi esterni sono stati modificati dall'uomo: l'uomo si è sostituito ai disturbi naturali provvedendo a prelievo e rinnovazione nei popolamenti forestali e, nello stesso tempo, ha creato condizioni favorevoli al manifestarsi dei disturbi (ad esempio in Italia oltre il 90% degli incendi è provocato dall'uomo) accentuandone l'impatto (ad esempio le foreste coltivate sono più fragili nei confronti dei danni da vento rispetto alle foreste naturali). Inoltre in un territorio abitato dall'uomo il manifestarsi di un disturbo provoca la riduzione o l'interruzione dell'erogazione del servizio ecosistemico richiesto. Per questo motivo, nelle foreste coltivate o comunque modificate dall'uomo, è a volte opportuno "prevenire" i disturbi naturali e aumentare la "resistenza" e la "resilienza" dei popolamenti forestali. La prevenzione, ad esempio, consiste in interventi selvicolturali che creano condizioni sfavorevoli al manifestarsi o diffondersi del fuoco modificando la struttura del bosco e la distribuzione spaziale del "combustibile".

Allo stesso modo strutture pluristratificate e boschi misti aumentano la resistenza del bosco nel caso in cui si verifichi una tempesta di vento e la stessa struttura, prevedendo la coesistenza di alberi maturi e di alberi più giovani (che essendo di bassa statura sono meno danneggiati dal vento), conferisce maggiore resilienza al bosco, cioè maggiore capacità e velocità di riprendersi dopo il disturbo. Dato che le foreste convivono con i disturbi da milioni di anni, se la gestione dell'uomo ha conservato un grado di naturalità sufficiente i boschi sono in grado di riprendersi e rigenerarsi dopo un disturbo naturale o dopo un disturbo provocato dall'uomo. In alcuni casi però questo non avviene o avviene con tempi troppo lunghi ed incompatibili con i servizi richiesti. In questi casi l'uomo deve intervenire favorendo il rapido ritorno del bosco per ripristinare il servizio ecosistemico. Ad esempio il bosco non è in grado di riprendersi dopo un disturbo quando l'uomo ha modificato troppo intensamente la struttura e la composizione del bosco. In questo caso il forte grado di "artificialità" del bosco lo rende fragile ed è necessario intervenire per ricostituire la copertura forestale.

Quando l'uomo "velocizza" i processi naturali

In altri casi il bosco ha mantenuto delle buone caratteristiche di naturalità e sarebbe in grado di riprendersi ma i tempi delle dinamiche forestali non sono compatibili con le aspettative dell'uomo. Ad esempio sia negli incendi della bassa valle di Susa del 2017 e sia nelle aree interessate dalla tempesta Vaia nel 2018, le prima aree rimboschite sono state quelle dove la foresta svolgeva una "funzione di protezione diretta" cioè proteggeva un villaggio, una strada, un'area turistica dalla caduta di massi o valanghe. In questo caso i tempi del "ritorno del bosco" (dell'ordine di alcuni decenni) non sono compatibili con le esigenze dell'uomo e quindi si interviene per velocizzare i processi naturali ma, nello stesso tempo, avendo cura di favorire l'insediamento di foreste che hanno caratteristiche da naturalità. Quindi mentre nelle foreste primarie i disturbi naturali rappresentano un processo naturale che provvede alla rinnovazione della foresta, nelle aree antropizzate dove l'uomo richiede alla foresta l'erogazione in modo adeguato e costante di alcuni servizi ecosistemici a volte è necessario intervenire per prevenire i disturbi o per ripristinare il popolamento forestale dopo il disturbo.

L'importanza di una corretta pianificazione forestale

Attraverso la pianificazione forestale è possibile definire le aree che necessitano di interventi di prevenzione (ed anche le priorità di intervento) e prevedere degli interventi di selvicoltura preventiva. Dopo un evento estremo è invece indispensabile analizzare la magnitudo dell'evento (ad esempio la percentuale di alberi morti nelle diverse zone interessate dall'evento) ed i servizi ecosistemici erogati. Dall'incrocio di questi due indicatori si possono individuare le aree che necessitano di interventi attivi di ricostituzione (danno elevato e servizio ecosistemico essenziale). Per il rimboschimento occorre scegliere specie autoctone, adatte al suolo ed al clima della stazione, mettere a dimore le piantine con adeguata preparazione del suolo e con tecniche corrette, in modo da favorire l'attecchimento ed il corretto sviluppo dell'apparato radicale, prevedere le adeguate cure e/o risarcimenti nei primi anni dopo l'impianto in modo da avere le maggiori garanzie sull'esito positivo dell'impianto. Nelle aree in forte pendenza o interessate da processi di erosione o movimenti di neve e di massi occorre accompagnare il rimboschimento con interventi tecnici temporanei che possono proteggere le piantine nei primi anni dopo l'insediamento e svolgere un ruolo attivo di protezione nello stesso periodo. Le opere temporanee hanno la caratteristica di essere fatte in legno, che ha una durata di alcuni decenni (il castagno che è ricco di tannino ha una durabilità di alcuni decenni senza nessuna impregnazione chimica ed è quindi la specie più adatta a questa destinazione d'uso) e di essere sostituite spontaneamente dal bosco nel momento in cui potrebbero iniziare a decomporsi. Nella restante parte dell'area interessata dall'evento, a meno di altre priorità che possono emergere, si può monitorare e lasciare fare alla natura che rappresenta sempre il nostro migliore alleato.

In questi ultimi decenni, grazie ai progressi fatti nelle ricerche in foreste primarie, l'uomo ha imparato ad osservare ed imitare i processi naturali nella gestione forestale e questo permetterà, nei prossimi decenni, di avere complessivamente foreste più naturali, più stabili e più resistenti e resilienti ai disturbi ed allo stesso cambiamento climatico.

*Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali ed Alimentari (DISAFA), Università degli Studi di Torino

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