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Foreste, vegetazione riparia e alluvioni

Dopo ogni piccola o grande alluvione (che nel nostro Paese avvengono purtroppo sempre più spesso) si torna a parlare del ruolo del bosco e della vegetazione riparia nella regimazione delle acque. Si tratta di una funzione importante che va salvaguardata con interventi mirati, come quelli realizzati nelle aree protette, esempio di buone pratiche da seguire

  • Renzo Motta*
  • Aprile 2021
  • Giovedì, 20 Maggio 2021
Esempio dell'utilità di bacini di laminazione e vegetazione riparia nel contenimento degli effetti delle alluvioni - Ticino nei pressi di Zerbolò (PV) - Foto p.g.c. R. Motta Esempio dell'utilità di bacini di laminazione e vegetazione riparia nel contenimento degli effetti delle alluvioni - Ticino nei pressi di Zerbolò (PV) - Foto p.g.c. R. Motta

Periodicamente, dopo ogni piccola o grande alluvione (fatto che nel nostro Paese avviene purtroppo con una certa frequenza) si torna a parlare del ruolo del bosco e della vegetazione riparia per la regimazione delle acque. Il tema è di fondamentale importanza: secondo la mappa nazionale del dissesto idrogeologico, recentemente aggiornata da ISPRA, il 10,4% della popolazione italiana (ed il 9% degli edifici) vive in aree a rischio di alluvione, il 2,2% della popolazione (ed il 4% degli edifici) vive in zone a rischio di frane, il 16,6% della superfice italiana è mappata ad alto livello di pericolosità e addirittura il 91% dei comuni italiani sono interessati dal rischio idrogeologico.

La funzione protettiva e di prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico svolta dalle formazioni forestali è riconosciuta in ambito normativo già a partire dal R.D.L. n. 3267 del 1923 (Legge Serpieri), che ha istituito il Vincolo idrogeologico. A distanza di quasi un secolo dall'istituzione di questo vincolo la superfice forestale è più che raddoppiata ma il problema del dissesto è ancora attuale ed anzi sembra che stia peggiorando. Perché?

La cause del dissesto idrogeologico

La ragione principale è legata al fatto che in questo secolo la popolazione italiana è quasi raddoppiata (era 38 milioni di abitanti nel 1922 ed ha superato i 60 milioni nel 2019) e le politiche di urbanizzazione e di costruzione di infrastrutture ed insediamenti degli ultimi decenni non hanno tenuto conto del rischio idrogeologico. L'aumento dei danni e delle vittime (oltre 400 morti tra il 2000 ed il 2019) è legato quindi soprattutto alla "cementificazione" delle aree a rischio ma una quota di questo aumento è sicuramente dovuta all'abbandono della gestione dei bacini montani, alla mancanza di gestione e di manutenzione della vegetazione riparia ed anche all'intensificazione (in termini di frequenza e di magnitudo) degli eventi meteorici (la "tropicalizzazione" del clima) legata al cambiamento climatico. La foresta presente nei bacini collinari e montani e la vegetazione riparia, se gestiti correttamente, possono svolgere una funzione importante di prevenzione e mitigazione. Questa funzione perde di efficacia, pur mantenendo un ruolo importante, in eventi caratterizzati da precipitazioni molto abbondanti concentrate in un periodo di tempo limitato.

In che modo la foresta agisce nel prevenire o mitigare il dissesto?

L'interazione tra la foresta ed il ciclo dell'acqua è funzione del contesto climatico e dipende sia dalla scala spaziale e temporale di analisi dei fenomeni e sia dalle caratteristiche della vegetazione forestale. I processi attraverso i quali il bosco si interfaccia con le precipitazioni sono l'intercettazione delle precipitazioni a livello delle chiome, l'assorbimento o infiltrazione a livello del suolo e l'evapotraspirazione.

L'intercettazione consiste nella capacità del soprassuolo di catturare una parte delle precipitazioni prima che queste raggiungano il suolo. Quando le capacità di intercettazione sono saturate la frazione di pioggia non trattenuta dalla copertura forestale arriva al suolo direttamente o scorrendo lungo i rami ed i fusti. L'intercettazione varia con le caratteristiche del popolamento forestale e con l'intensità e la durata delle precipitazioni. Il potere di intercettazione diminuisce all'aumentare dell'intensità delle precipitazioni. L'infiltrazione rappresenta la quota di acqua di precipitazione che penetra nel suolo. Dell'acqua infiltrata una parte evapora, un'altra parte viene utilizzata dalla vegetazione ed un'altra parte va ad alimentare le falde idriche sotterranee. La quantità di acqua infiltrata dipende dalla morfologia del versante, dalle caratteristiche della vegetazione e, soprattutto, da caratteristiche del suolo (umidità iniziale, permeabilità e porosità ecc) e da durata ed intensità delle precipitazioni. L'acqua scorre in superfice, invece di infiltrarsi, quando la capacità di infiltrazione è saturata e, con eventi di forte intensità, la maggior parte delle precipitazioni tende a scorrere in superfice. L'evapotraspirazione, infine, rappresenta la quota di acqua che torna all'atmosfera dalla vegetazione sotto forma di vapore acqueo. La stima dell'evapotraspirazione rappresenta un aspetto importante del bilancio idrologico di bacino ma questo processo ha un ruolo limitato nel corso di eventi di precipitazione estremi. L'acqua che sfugge all'intercettazione, all'infiltrazione nel suolo e ed all'evapotraspirazione rappresenta il deflusso che scorre lungo i versanti ed è responsabile dell'erosione e, soprattutto, delle ondate di piena. L'evento di piena si verifica quando abbiamo precipitazioni molto intense che si manifestano per un periodo di tempo sufficientemente lungo da saturare le capacità di ritenzione del bacino (intercettazione, assorbimento del suolo ed evapotraspirazione). Uno dei problemi nei confronti della percezione da parte dell'opinione pubblica è proprio questo aspetto: l'azione regimante della foresta è importantissima e fondamentale ma quando si verificano eventi meteorici eccezionali la capacità di ritenzione viene saturata. Anche in queste condizioni la foresta ha un importante ruolo di mitigazione in quanto può ridurre la magnitudo, mitigando gli impatti, e rallentare l'ondata di piena permettendo l'allerta della popolazione e la messa in opera di misure di riduzione dei rischi. Nello stesso tempo è però indispensabile la consapevolezza che la copertura forestale (indipendentemente da densità composizione, struttura e modalità di gestione) non può impedire le ondate di piena quando si verificano eventi di intensità e durata tali da saturare l'effetto "spugna"della foresta camera-2112207 960 720. La gestione forestale deve quindi essere orientata a livello di bacino al mantenimento di una adeguata copertura forestale e, a livello di popolamento, alla valorizzazione dove possibile di strutture articolate che permettono lo sviluppo di una copertura erbacea ed arbustiva ed una adeguata conservazione del suolo. Per la valorizzazione ed il mantenimento di questi aspetti sarebbe di grandissima importanza dotare i bacini collinari e montani di un Piano di gestione che permetterebbe di garantire nel tempo e nello spazio i requisiti richiesti.

Il ruolo della vegetazione riparia durante le ondate di piena

Nel momento in cui si verificano eventi alluvionali spesso viene anche chiamata in causa la vegetazione in alveo e ripariale. Questo è un argomento di estrema importanza e deve essere valutato con attenzione lungo tutto il corso d'acqua a partire dalla parte "torrentizia" in montagna e fino al settore "fluviale" camera-2112207 960 720. La vegetazione ripariale svolge, da un punto di vista idraulico, un ruolo di fondamentale importanza durante gli eventi di piena: aumenta la scabrezza, cioè la resistenza che l'acqua incontra scorrendo e quindi protegge le sponde dall'erosione, rallenta la velocità del flusso ed intrappola sedimenti e materiali trasportati dalla corrente. Diverso è il discorso in tutti i casi in cui sulle sponde del fiume troviamo coltivazioni agricole, specie esotiche o opportuniste (ad es. la robinia) o coltivate dall'uomo (ad es. i pioppi ibridi). In questi casi la vegetazione presente non svolge il ruolo idraulico ed "ecologico" svolto dalla vegetazione spontanea e gli alberi e gli arbusti presenti sono facilmente sradicati e vanno ad alimentare il detrito trasportato durante le piene camera-2112207 960 720 . Nella gestione degli ambienti ripariali è inoltre indispensabile contemperare le esigenze di carattere idraulico-sistematorio, volte a garantire l'efficienza idraulica delle sezioni di deflusso, con quelle di naturalità. La vegetazione lungo i corsi d'acqua ha infatti un ruolo multifunzionale e, dal punto di vista naturalistico, rappresenta il più importante elemento delle reti ecologiche. La gestione della vegetazione riparia deve quindi avere finalità di manutenzione e caratteristiche tali da non comportare alterazioni permanenti dello stato dei luoghi; deve tendere al recupero ed alla salvaguardia delle caratteristiche naturali degli alvei e deve essere applicata con criteri di tipo colturale che preservano le funzioni antierosive, naturalistiche, ambientali e paesaggistiche che le formazioni riparie assicurano. Di prassi nell'alveo inciso si dovrebbero effettuare interventi frequenti di manutenzione che permettano la conservazione delle associazioni vegetali autoctone allo stadio giovanile, quando è massimizzata la flessibilità ed è limitata l'occupazione dello spazio che può ostruire la sezione idraulica.

Nella prima fascia di vegetazione dal ciglio di sponda (circa 10 m) si dovrebbero effettuare interventi colturali con rimozione degli alberi instabili o deperienti, ma con conservazione degli alberi habitat e di una copertura arborea ed arbustiva non inferiore al 20%. Naturalmente interventi effettuati in Parchi, aree protette ed Siti Natura 2000 devono tenere conto delle indicazioni sito-specifiche (o delle misure di conservazione del Regolamento forestale). In ogni caso il taglio deve essere sempre di tipo selettivo e colturale, limitando la ceduazione ad ambiti specifici e il taglio raso a motivi di sicurezza camera-2112207 960 720.

La Regione Piemonte ha avviato la campagna informativa dal titolo "Suolo e Foreste: un unico ecosistema", in questo video si parla dei suoli forestali.
Infografica a cura del Settore Foreste della Regione Piemonte.

 

Quale è l'impatto del land-use change e della crisi climatica?

I processi che provocano il dissesto idrogeologico sono, dal punto di vista ecologico, dei fenomeni naturali che avvengono anche in assenza dell'uomo. Nel nostro paesaggio culturale la gestione dei bacini montani e dei paesaggi agro-forestali svolge un ruolo di fondamentale importanza in quanto boschi e territori utilizzati per secoli da parte dell'uomo - se abbandonati alla dinamica naturale - non vanno incontro, se non su periodi di tempo lunghissimi, ad una rinaturalizzazione  ma - piuttosto -  ad un degrado camera-2112207 960 720 che compromette l'erogazione di servizi ecosistemici tra cui la funzione di regimazione delle acque. Come precedentemente accennato, l'abbandono di boschi coltivati per secoli (così come delle opere costruite dall'uomo come i terrazzamenti) può provocare o accentuare dissesti locali ed aumentare in modo rilevante la componente legnosa di detrito nelle lave torrentizie che, di conseguenza, può accentuare i danni osservati lungo il corso d'acqua fino alle zone di pianura (occlusione di ponti, accumulo di materiale solido, accentuazione dell'erosione, danni ad infrastrutture ecc.).

Non può essere trascurato il fatto che tutti gli scenari di cambiamento climatico di cui disponiamo prevedono un aumento della variabilità climatica interannuale e l'aumento della frequenza e della magnitudo di eventi climatici estremi. Un esempio di questo processo è l'evento dello scorso 2-3 ottobre 2020 quando in un giorno (il 2 ottobre, il giorno più piovoso in Piemonte a partire dal 1958) è piovuto in molte stazioni del Piemonte sud-occidentale circa un terzo della precipitazione media annua; al Colle di Tenda in 12 ore sono piovuti 515 mm di pioggia che rappresentano un record di intensità pluviometrica per le stazioni ARPA del Piemonte . I cambiamenti climatici "aggravano una situazione già complessa e intensificano pressioni sul territorio" rendendo il dissesto geo-idrologico una delle cinque priorità legate alla crisi climatica da affrontare nel breve periodo. 

Cosa possono fare le aree protette?

 

Vincenzo Maria Molinari, dirigente del Settore Biodiversità e Aree naturali della Regione Piemonte, spiega che la vegetazione riparia è una componente fondamentale per molti habitat in cui vivono specie da tutelare.

I Parchi naturali svolgono un ruolo di fondamentale importanza sia per quanto riguarda la regimazione delle acque e sia per quanto riguarda la formazione e la corretta cultura della gestione del territorio. Innanzitutto la maggior parte delle aree protette è localizzata in ambiti montani, collinari e fluviali, che svolgono un ruolo importante di regimazione delle acque. Come la restante parte del territorio anche le aree protette sono state utilizzate e modificate dall'uomo per millenni. Partendo da questa considerazione la gestione forestale prevede, da un lato, la rinaturalizzazione delle aree vocate cioè dei boschi gestiti dall'uomo per secoli ma con accentuate caratteristiche semi-naturali che lasciati alla dinamica naturale possono aumentare le caratteristiche di naturalità e trasformarsi, anche se in lunghi periodi di tempo, in boschi vetusti, e, dall'altro lato, la gestione sostenibile dei boschi fortemente antropizzati o la loro trasformazione in popolamenti ecologicamente più stabili. Questi obiettivi di gestione sono funzionali a valorizzare il ruolo di regimazione delle acque. La gestione dei bacini necessita anche di interventi di sistemazione idraulica-forestale. Questi interventi sono prioritari per la riduzione del rischio idraulico e se effettuati in aree protette (ma non solo) necessitano di essere eseguiti limitando gli impatti di carattere ambientale e paesaggistico. Per questo motivo nei Parchi piemontesi è possibile anche osservare una ampia gamma di interventi di sistemazione idraulico-forestale realizzati con tecniche di ingegneria naturalistica camera-2112207 960 720. Questa gestione virtuosa, come è accaduto negli ultimi anni, può costituire un esempio per la restante parte di territorio ed offrire una "palestra" per una formazione professionale ed un trasferimento di conoscenza attente alla multidisciplinarietà ed ai diversi servizi ecosistemici svolti dalla foresta tra i quali la regimazione delle acque rappresenta uno dei più importanti, apprezzati e richiesti da parte della popolazione.

* Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali ed Alimentari (DISAFA), Università degli studi di Torino.

 

 

 

Fig. 1. Dissesto in piccolo bacino laterale del torrente Cervo. Piedicavallo (BI).
In presenza di precipitazioni di intensità eccezionale (all'inizio di ottobre 2020 sono piovuti nel biellese 200 mm in 4 ore e 400 mm in 24 ore) anche in un piccolo bacino, quasi completamente boscato (faggete, rimboschimenti di conifere, betuleti), possono verificarsi fenomeni di dissesto. Questi non sono quindi dovuti ad una cattiva gestione ma sono dei fenomeni naturali. In questo caso fortunatamente non c'erano abitazioni o insediamenti nella zona interessata dal dissesto ed i danni sono stati quindi limitati (la Pianificazione territoriale è di fondamentale importanza per la gestione del rischio naturale).
Fig. 2. La Riserva "Bosco Negri" lungo il fiume Ticino (PV).
Un grave errore che è stato fatto nei nostri corsi d'acqua (e che periodicamente viene riproposto) è stato quello di scavare e canalizzare gli alvei dei fiumi. Il principale fattore di mitigazione delle ondate di piena e delle alluvioni nella parte "fluviale" dei corsi d'acqua è la disponibilità di bacini di laminazione, che sono presenti nei corsi d'acqua meno antropizzati (il Ticino nei pressi di Zerbolò, PV nella figura), e di vegetazione riparia e forestale lungo i corsi d'acqua. Queste hanno l'effetto di rallentare la velocità dell'acqua e di limitare i danni nelle aree urbanizzate. Al contrario lo scavo e la canalizzazione dei fiumi provoca l'aumento di velocità del corso d'acqua con maggiore erosione, maggiori danni nelle aree urbane ed abbassamento della falda che, a sua volta, provoca fenomeni di deperimento e mortalità nelle foreste riparie.
Fig. 3. Ondata di piena, Eureka (USA)
La gestione della vegetazione ripariale è di fondamentale importanza lungo tutto il corso d'acqua. Occorre distinguere diversi obiettivi e modalità di gestione tra la vegetazione in alveo, la vegetazione di sponda e la vegetazione prossima al corso d'acqua. La vegetazione può avere effetti positivi rallentando e contribuendo a controllare le ondate di piena ma può anche provocare la riduzione dell'ampiezza dell'alveo. Il trasporto solido può dare origine alla creazione di barriere aumentando il rischio idraulico (vedi anche Fig. 4).
Fig. 4. Detriti legnosi a Garessio (CN) e bosco ceduo abbandonato di castagno a Cairo Montenotte (SV).
Nel corso degli ultimi decenni è aumentata la quota di detriti legnosi trasportati a valle dalle ondate di piena. Nella figura 3.1 si può vedere l'accumulo di legname osservato per le vie centrali di Garessio (CN) nel corso dell'alluvione dello scorso 2 ottobre 2020. La maggior parte di questi detriti non proviene dai boschi ripari ma dalle foreste situate nel bacino di origine dell'ondata di piena (Comiti et al. 2016). Nella figura 3.2 si può vedere un castagneto ceduo abbandonato ed invecchiato e la quantità di necromassa accumulata che potenzialmente può essere trasportata a valle da una ondata di piena.
Fig. 5. Ceppaia di ceduo di faggio invecchiato in valle Sessera (BI).
Nei boschi cedui invecchiati, soprattutto su versanti ripidi e con scarsa potenza del suolo, le ceppaie possono "collassare" e dare origine a dissesti. Boschi che sono stati gestiti per secoli da parte dell'uomo se sono abbandonati alla dinamica naturale non vanno incontro, se non su periodo di tempo lunghissimi, ad una "naturalizzazione" ma vanno incontro ad un "degrado" che compromette l'erogazione di servizi ecosistemici quali ad esempio il ruolo protettivo (Berretti et al. 2006).
Fig. 6. Intervento di sistemazione idraulico-forestale effettuato con tecniche di ingegneria naturalistica e perfettamente inserito nell'ambiente circostante.

Tutte le foto di questo articolo sono pubblicate p.g.c. di R. Motta



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