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Salamandrine appenniniche estinte tra 50 anni a causa del clima

Il riscaldamento globale potrebbe nei prossimi 50 anni ridurre l'idoneità climatica per la Salamandrina terdigitata e la Salamandrina perspicillata - che rappresentano l'unico genere di vertebrati endemici della penisola italiana - e portarle verso l'estinzione. 

  • Lorenzo Vay
  • Dicembre 2021
  • Venerdì, 11 Febbraio 2022
Salamandrina di Savi a Casaleggio Boiro  | Foto Giacomo Gola - Arc. Aree protette Appennino piemontese Salamandrina di Savi a Casaleggio Boiro | Foto Giacomo Gola - Arc. Aree protette Appennino piemontese

La Salamandrina terdigitata (Bonnaterre, 1789) e la Salamandrina perspicillata (Savi, 1821) rappresentano l'unico genere di vertebrati endemici della penisola italiana.

Un interessante studio pubblicato su Scientific Reports di Nature, pubblicato dal dipartimento di Scienze della Terra dell'Università degli Studi di Torino e dall'Istituto Catalano di Paleontologia Miquel Crusafont dell'Università Autonoma di Barcellona, ha messo in relazione i cambiamenti climatici con la scomparsa in gran parte d'Europa delle salamandrine e ha ipotizzato un possibile scenario per il prossimo futuro.

Il riscaldamento globale, causato dalle crescenti emissioni di C02, potrebbe nei prossimi 50 anni ridurre l'idoneità climatica per questi anfibi e causarne la definitiva estinzione. Per questo, conclude lo studio, è estremamente importante attuare strategie di conservazione e politiche di riduzione delle emissioni.

Spazio climatico dell'unico genere di vertebrati endemici della penisola italiana

Nello studio Spazio climatico passato, presente e futuro dell'unico genere di vertebrati endemici della penisola italiana (di Macaluso, L., Villa, A., Carnevale, G. et al. - 2021), le analisi effettuate basate su metodi di modellizzazione della nicchia ecologica (ENM), hanno evidenziato che durante i cicli di glaciazione degli ultimi milioni di anni, il clima della maggior parte dell'Europa non era adatto alle salamandrine, ed è molto probabile che i cambiamenti climatici avvenuti in questo intervallo di tempo ne abbiano causato l'estinzione da tutta l'Europa a esclusione dell'Italia peninsulare.

Attraverso lo studio dei fossili, i ricercatori hanno ipotizzato che le due specie di Salamandrina, oggi presenti esclusivamente nell'Italia appenninica, in un periodo compreso tra circa 20 e 5 milioni di anni, fossero presenti in altre aree d'Europa, sparse tra Germania, Grecia, Spagna e Ungheria,

"Sebbene le salamandrine non siano ancora inserite tra gli organismi a rischio di estinzione, dovremmo avere un particolare occhio di riguardo per questo piccolo anfibio che rappresenta un'inestimabile ricchezza del patrimonio naturalistico italiano", ha dichiarato Loredana Macaluso, ricercatrice al dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Torino e primo autore dell'articolo. "Non solo questa salamandra rappresenta l'unico genere di vertebrato endemico della Penisola italiana, ma è anche un animale unico a livello mondiale sia per quanto riguarda il suo aspetto colorato, sia per quanto riguarda il suo particolare comportamento. Ricordiamoci che questo abitante del sottobosco italiano è una delle poche salamandre del mondo a mostrare il cosiddetto unkenreflex, un comportamento con cui mostra l'accesa colorazione di ventre, zampe e coda per intimorire i predatori, ed è l'unica al mondo attualmente nota per essere in grado di alzarsi sulle zampe posteriori e assumere una posizione bipede in determinate circostanze".

La distribuzione moderna delle due specie del genere Salamandrina è stata composta compilando tutti i record disponibili delle due specie esistenti nel database dell'atlante della Societas Herpetologica Italica (SHI) e dai depositi online GBIF.org

I risultati dello Studio hanno dimostrano come pochissime aree d'Europa sembrano essere ugualmente adatte come la penisola italiana.

Ancora 50 anni di vita

Tutti gli scenari che riguardano la futura idoneità per le due specie di Salamandrina, convergono sull'ipotesi di una futura riduzione dell'idoneità climatica entro il 2070. Anche lo scenario più ottimistico dimostra che il cambiamento climatico indotto dall'uomo avrà, su di loro, futuri effetti negativi su questi piccoli anfibi.

Per questo le politiche dedicate al contenimento del cambiamento climatico antropico sono anche molto importanti per limitare l'impatto negativo che il previsto riscaldamento ha su questi anfibi.

Lo studio della diffusione delle Salamandrine e della successiva estinzione in gran parte d'Europa durante l'epoca del Pleistocene, suggerisce indirettamente che la sopravvivenza a lungo termine delle specie di anfibi potrebbe dipendere anche da piccole popolazioni con areali limitati. Gli sforzi di conservazione su scala locale, quindi, potrebbero avere successo per garantire la sopravvivenza a lungo termine di una specie, se abbinati alle corrette politiche su scala globale per ridurre le emissioni.

Le conclusioni dei ricercatori sottolineano l'importanza di ridurre le emissioni di CO2 nei prossimi, cruciali anni, e la necessità di seguire precisi piani di gestione forestale e fluviale al fine di favorire l'idoneità dell'habitat per queste salamandre per raggiungere obiettivi di conservazione a favore di queste specie vulnerabili e del loro habitat.

Salamandrine, conosciamole meglio

Le Salamandrine sono tra le specie di anfibi meno conosciute ma rappresentano un fiore all'occhiello dell'Italia essendo un endemismo esclusivo dell'Appennino (a tale proposito, si può leggere l'articolo di Daniele Baroni e Andrea Costa: Appennino piemontese, terra di anfibi).

Il genere Salamandrina comprende due specie distinte: la Salamandrina terdigitata (Bonnaterre, 1789) e la Salamandrina perspicillata (Savi, 1821).
Fino al 2005 si pensava fosse un'unica specie ma grazie ad approfonditi studi genetici e molecolari, si è scoperto che le salamandrine del sud Italia e quelle del centro-nord non sono identiche ma soltanto parenti: per questo motivo le prime a essere state scoperte e classificate hanno mantenuto il nome che si usava prima del 2005, cioè terdigitata (a tre dita), mentre le altre, quelle del centro nord, sono state classificate come specie perspicillata (latinizzando l'espressione "dagli occhiali"). Peraltro l'aggettivo "a tre dita" si è dimostrato non essere esatto, avendo in realtà quattro dita in tutti gli arti, a differenza degli anfibi della famiglia dei Salamandridi che ne hanno cinque nei posteriori.
Questa precisazione si deve proprio a Paolo Savi, lo scienziato che classificò per la prima volta la Salamandrina perspicillata, che oltre ad aver descritto la caratteristica macchia bianca a forma di "V" fra gli occhi che sembra, appunto, una montatura di occhiali, indicò anche il numero giusto di dita. Ancora oggi, comunque, le due specie non possono essere distinte in base ai caratteri fenotipici morfologici o cromatici (cioè dall'aspetto fisico), ma sono necessarie approfondite analisi genetiche.

La Salamandrina dagli occhiali dell'Appennino piemontese

La Salamandrina dagli occhiali settentrionale o Salamandrina di Savi (nome scientifico Salamandrina perspicillata) - di cui abbiamo già scritto su Piemonte Parchi - è una delle specie monitorate dal Centro di referenza regionale per l'Erpetofauna istituito dal Settore Biodiversità e Aree naturali della Regione Piemonte presso l'Ente di gestione delle Aree Protette dell'Appennino Piemontese, in associazione con le Aree Protette del Po Piemontese.

La forma del corpo della Salamandrina ricorda quella di una piccola lucertola, con dimensioni che non superano i 134 millimetri (le femmine sono generalmente più grandi dei maschi) e ha una aspetto esteriore molto particolare: il dorso è mimetico con colore bruno e aspetto legnoso, mentre il ventre è rosso brillante disseminato di chiazze bianche. Questa colorazione, scientificamente, è definita "aposematica" (che in greco significa "segnale esteriore") e serve all'animale per avvertire i potenziali predatori della propria pericolosità, reale o presunta; questo spiega il perché la Salamandrina, in caso di necessità, si finge morta mettendosi a pancia in su, oppure inarca la schiena mostrando la colorazione vivace del ventre, del sottocoda e delle zampe nel tipico atteggiamento "terrifico".

È un ottimo bioindicatore, per cui la sua presenza sul territorio indica una buona qualità dell'ambiente in cui vive e delle acque in cui si riproduce. Un eccessivo prelievo idrico e uno sfruttamento troppo intenso delle risorse boschive possono compromettere la specie, così come i cambiamenti climatici potrebbero avere un impatto negativo sulle popolazioni di questo delicato anfibio. Queste motivazioni hanno contribuito a inserire la specie tra quelle protette dalla Convenzione di Berna del 1979, ratificata dall'Italia con Legge n.503/1981, così come dalla Direttiva Habitat 92/43/CCE e da altre Leggi regionali.

Preservare gli ecosistemi delle Salamandrine non è indispensabile soltanto per salvaguardare questa specie. Le zone umide dell'Appennino ospitano infatti molte altre specie di anfibi a rischio di estinzione proprio a causa del riscaldamento climatico e della diffusione delle specie aliene.

Le Aree protette dell'Appennino Piemontese per la Salamandrina

Nelle Aree protette dell'Appennino piemontese ci sono zone umide di piccole dimensioni ma, spesso, di alto valore naturalistico come pozze, piccoli stagni, piccole torbiere, prati umidi; in tantissimi casi, inoltre, sono presenti vecchie infrastrutture tradizionali come vecchi lavatoi, abbeveratoi, cisterne, pozzi, che hanno quindi, oltre a un'importanza storico-culturale, anche un valore naturalistico per la conservazione di molti anfibi tutelati dalla Direttiva "Habitat" come per esempio la salamandrina di Savi (Salamandrina perspicillata).
Queste piccole zone umide, anche chiamate Important Areas for Ponds (IAP), rappresentano rifugi o componenti di una rete ecologica estremamente importante per molta della fauna acquatica cosiddetta "minore" (invertebrati, pesci, anfibi e rettili).

Nel recupero di queste piccole aree umide un ruolo determinante è svolto dall'Ente di gestione delle Aree Protette dell'Appennino Piemontese in qualità di Centro di referenza "Erpetofauna" della Regione Piemonte.

Dal 2016, come descritto nell'articolo Piemonte, come ti conservo l'erpetofauna ha messo in campo azioni importanti come la raccolta di dati scientifici per il Sistema di Banche dati naturalistiche regionali e la promozione di ricerche finalizzate alla predisposizione di Piani d'azione e Piani di gestione per le specie erpetologiche del Piemonte.

Per il triennio 2020/2022 l'attenzione si è focalizzata sulle procedure amministrative di messa in sicurezza dei 52 siti di rilievo erpetologico individuati all'esterno di Aree protette e della Rete Natura 2000, mappati durante questi primi anni di lavoro.

L'importante studio è stato realizzato sulla base di dati validati messi a disposizione dalla Societas Herpetologica Italica (SHI), con il contributo di ricercatori esperti e la collaborazione del personale degli enti di gestione dei parchi e dei Siti Natura 2000 piemontesi.

Per le Aree Protette dell'Appennino piemontese ricerche pregresse (F. Barbieri, 1988; R. Sindaco, C. Grieco, 2014) e successivi monitoraggi effettuati dall'Ente gestore hanno confermato la presenza di un ulteriore ambito territoriale (Bacino del Rio Riazzo) esterno alla ZSC "Massiccio dell'Antola, M. Carmo, M. Legnà che rappresenta una Core area (aree ad alta naturalità che sono già, o possono essere, soggette a regime di protezione) per la conservazione delle popolazioni di anfibi di Allegato II e IV (Salamandrina terdigitata, Speleomantes Strinatii, Rana italica).

Il Bacino del Rio Riazzo ha già una forma di tutela, essendo inserito nel Piano di Gestione della ZSC, con l'applicazione delle Misure di salvaguardia della Direttiva Habitat. 92/43/CEE in riferimento alla necessità di conservazione delle caratteristiche ambientali dell'habitat torrentizio e delle specie di anfibi di interesse comunitario, previste dalle Misure di conservazione per la tutela della Rete natura 2000 del Piemonte (D.G.R. n. 54-7409 del 7/4/2014 e s.m.i.)".

Per saperne di più

Scientific Reports di Nature, "Past, present, and future climate space of the only endemic vertebrate genus of the Italian peninsula" di Loredana Macaluso, Andrea Villa, Giorgio Carnevale e Massimo Delfino del 12 novembre 2021 

Le Scienze, "I cambiamenti climatici potrebbero causare l'estinzione delle salamandrine" Università di Torino del 17.11.2021

La Repubblica, "Clima, nel 2070 potremmo non vedere più la salamandrina: è in pericolo assieme al 33% degli anfibi" di Cristina Nadotti del 18.11.2021 

 

 

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