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Matto per gli insetti

Gianfranco Curletti studia gli insetti da una vita ed è è appena tornato da Bahia. Qui, tra specie note e da scoprire, si svolge la sua appassionata ricerca che non si è mai fermata, nemmeno dopo che è arrivato il suo pensionamento dal Museo di Storia naturale di Carmagnola. 

  • Laura Succi
  • Gennaio 2020
  • Giovedì, 23 Gennaio 2020
Esemplare di agrilo (ancora di specie sconosciuta) che vive sulla Dalbergia ecastophyllum | Foto G. Curletti Esemplare di agrilo (ancora di specie sconosciuta) che vive sulla Dalbergia ecastophyllum | Foto G. Curletti

 

L'incantata Bahia parla di Jorge Amado, il cantore brasileiro di Gabriella Garofano e Cannella, e dei suoi libri speziati di amori sensuali, del richiamo del mare, di natura, di piante e di animali, nella prorompente bellezza della foresta tropicale, densa e chiusa, che si allunga su altipiani e morbide colline.

Lo Stato di Bahia è attraversato dalla Foresta atlantica (la Mata Atlântica in portoghese), una regione che si estende lungo la costa del Brasile e si spinge verso l'interno, fino al Paraguay e alla Provincia argentina di Misiones. Fa parte della lista Global 200, redatta dal WWF, delle ecoregioni prioritarie per la conservazione. Il Brasile ospita sia la foresta amazzonica che foresta atlantica, non sono proprio a contatto, sono separate dal Cerrado, una savana tropicale brulla e secca che ha favorito la diversità della sua fauna.

"Per le mie ricerche ho scelto la Foresta Atlantica perché sta scomparendo molto velocemente. Per fare spazio al turismo viene massacrata ed è ridotta a macchie, un ambiente molto diverso dalla lussureggiante foresta che trovarono i primi colonizzatori portoghesi nel Millecinquecento", spiega Curletti. "L'area che degrada nell'oceano, quella più compromessa, si chiama Restinga, si imbatte nelle dune e poi scivola nelle mangrovie che si perdono nell'acqua. Lì vegetano alcune specie di bromelie che vivono a terra e non aggrappate agli alberi come altre conspecifiche, ed è proprio su quelle piante terricole che vivono Buprestidi bellissimi, coleotteri piccoli ma coloratissimi, molto interessanti e poco studiati. Appartengono a una tribù – così definita in termini scientifici - degli agrilini".

Lo studio delle larve

Curletti è andato nella Restinga per scovare nuove specie e per studiare le loro larve che sono ancora del tutto sconosciute: "Mi appoggio al Museo di Zoologia di San Paolo del Brasile: lì ci sono due ricercatrici, Letizia e Serena, che hanno ricevuto un'ulteriore segnalazione molto interessante: la presenza di un agrilo che vive sulla Dalbergia ecastophyllum, un palissandro arbustivo che colonizza la zona retrodunale". Questo insetto ha una caratteristica particolare, attacca piante vive. La sua larva entra nella dalbergia e comincia a mangiarla dall'interno: "L'uovo viene deposto sulla corteccia, da questo si schiude una larva che in breve tempo la perfora, entra nel cuore del ramo e comincia a rosicchiare. La pianta allora che cosa fa? Reagisce: cerca di annegare la larva, la sommerge con una quantità abnorme di linfa. Ma lei non sta a guardare: perfora la corteccia per far sgrondare il liquido all'esterno e salvarsi", racconta Curletti. E' una lotta, si potrebbe dire con spargimento di sangue, visto che la linfa della dalbergia è rossa come il sangue!

Alla ricerca di nuove specie

E qui entrano in scena le api, ghiotte di quel liquido dolcissimo. La segnalazione è arrivata da un apicoltore che vorrebbe sfruttare l'attacco dell'Agrilus per pilotare la produzione di propoli. Si tratta di una specie nuova per la scienza che dovrà anche ricevere un nome, e anche questo compito spetterà a Curletti. Comprendere la biologia di quell'agrilo è importante anche per l'attività produttiva: la ricerca è un atto concreto.
In verità le specie sconosciute alla scienza sono parecchie. Gli Agrilus sono il gruppo più numeroso tra i Buprestidi che con le circa 3000 specie diffuse in tutto il mondo probabilmente è il genere più numeroso a oggi noto. "Quel numero sembra grande eppure ogni volta che vado nella foresta scopro specie nuove, e sono sempre più della metà quelle ancora sconosciute alla scienza. Ogni volta mi stupisco della fantasia inesauribile della natura, con tutte le sue forme, i suoi colori. Pensi che a un certo punto quella diversità si esaurisca, ma tutte le volte scopri sempre nuove specie che nascono da quella creazione infinita. E' una magia, addirittura inconcepibile per noi esseri umani". Oggi le specie di insetti note sono circa 1 milione - contro le 22000 di vertebrati - ma le proiezioni statistiche dicono che ce ne siano molte di più: i più pessimisti dicono 5 milioni, altri 15 milioni.

Gli insetti nella produzione agroalimentare

L'Agrilus della dalbergia non è il primo caso di Buprestide studiato per la produzione agroalimentare. Dice Curletti: "Ho avuto un altro caso anni fa in Sudan, ero stato contattato da un ricercatore dell'Università di Khartoum. Il Sudan produce ed esporta gomma arabica fornita dagli alberi di acacia per la produzione di bevande e di alimenti: si era notato che alcune piantagioni producevano una quantità maggiore di gomma e indagando da vicino avevo visto che c'era un agrilo che le attaccava, per cui le piante, per difendersi, ne producevano più del solito. Spesso nella foresta vedo piante che muoiono o che hanno comportamenti singolari, prosegue Curletti,nessun insetto adulto in giro, solo larve che snido sezionando le piante. Quindi l'unico modo per capire se quell'agrilino attacca solo la dalbergia oppure anche altre piante, è identificare la sua larva".

E' la direttrice del museo di San Paolo, Sonia Casari, che si è presa l'incarico di redigere la descrizione scientifica della larva dell'Agrilus della dalbergia. Generalmente esistono descrizioni approssimative delle larve, ma se si scende nello specifico si viaggia nel buio e il compito di determinarle con certezza non è semplice perché sono asessuate e la chiave inequivocabile per distinguere le specie sono i caratteri genitali maschili degli adulti.

La varietà sessuale e riproduttiva

Gli insetti, al contrario di noi esseri umani, hanno uno scheletro esterno e il maschio per poter fecondare la femmina ha un apparato fatto apposta per inserirsi nel suo esoscheletro. E' un po' come la chiave di una serratura: la selezione naturale ha fatto in modo che il maschio di una specie possa fecondare meccanicamente solo la femmina della sua specie e non altre. Due individui che magari esternamente paiono uguali, nessuna differenza morfologica apparente, hanno una struttura interna dei genitali completamente diversa da specie a specie, anche quando gli insetti sono minuscoli e si possono vedere solo al microscopio.
Quella struttura, che gli esperti chiamano edeago, ha due parti laterali che servono per trattenere la femmina e una parte mediana che si introduce al suo interno; una volta entrata, viene estroflessa un'ulteriore membrana, l'endofallo, molto tenera, che porta lo sperma fino agli ovari.
Un sistema riproduttivo complesso ed evoluto che dimostra quanto sia importante il sesso per gli insetti, fatto con una raffinatezza e una sensualità che superano quelle umane, corredato di orpelli, peli, setole, ganci, denti e quant'altro per poter soddisfare la partner. Tanto per dire, facendo le dovute proporzioni, un uomo dovrebbe avere un pene di almeno 40 cm di lunghezza.

L'ape in Green Porno - la serie di cortometraggi sul comportamento sessuale degli animali ironica e certamente non convenzionale, scritta, diretta e interpretata dalla Rossellini – conferma: "Se fossi un fuco - a male bee - non avrei un padre ma molti fratelli e nient'altro da fare che aspettare il momento di fare sesso".

 

 

Matto per gli insetti è anche un libro di Gianfranco Curletti, Blu Edizioni, disponibile in consultazione nella Biblioteca delle Aree naturali protette regionali. 

 

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