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Licheni, quando l'unione fa la forza

Resistenti a condizioni ambientali sfavorevoli, come basse temperature o siccità prolungate, crescono lentamente ma sono inarrestabili. Sono i licheni, primi organismi pronti a colonizzare nuovi habitat. 

  • Luca Giunti
  • Settembre 2019
  • Martedì, 10 Settembre 2019
Letharia vulpina a Saret del Campo (foto L Giunti) Letharia vulpina a Saret del Campo (foto L Giunti)

 

Una diffusa semplicazione inviperisce sempre naturalisti e scienziati: l'affermazione secondo cui Darwin avrebbe parlato della legge della jungla e del successo attribuito dalla selezione naturale "al più forte". La competizione certamente ha un ruolo rilevante in natura, ma in realtà l'evoluzione favorisce "il più adatto" ("fit" in inglese). Che non è necessariamente chi sottomette gli altri, ma talvolta chi si rivela più prudente o più accomodante nei rapporti sociali o più scaltro o addirittura più collaborativo. Molti studi in tutto il mondo lo dimostrano continuamente, soprattutto nelle specie che vivono in gruppo e sviluppano interazioni complesse. Si trovano però esempi belli anche ai livelli più bassi (ricordando sempre che basso e alto sono categorie che attribuiamo noi Homini sapientes, senza discuterle con gli altri viventi).

Una vita insieme

I licheni sono organismi doppi, formati da una stretta associazione tra un'alga e un fungo. Nonostante molte persone li possano confondere, appartengono a due regni profondamente diversi. Da una parte, il mondo degli organismi autotrofi (cioè che producono da se stessi il proprio cibo) costituito da tutte le piante verdi, dalle minuscole erbe alle grandi querce. Dall'altra, il mondo degli eterotrofi (come noi, quelli costretti a nutrirsi in qualche modo dei primi). Si tratta quindi di una simbiosi, una vita-insieme.

Il fungo mette a disposizione la sua capacità di ancorarsi al suolo, di assorbire i sali minerali e di succhiare acqua. L'alga si accomoda tra le ife del compagno, in cellule isolate o a piccoli gruppi, e si occupa di trasfomare l'energia solare in preziosi carboidrati mischiando anidride carbonica e acqua. E con questa sua produzione pareggia il conto con il fungo. La formula generale, meravigliosa nella sua semplicità e inarrivabile per noi, è 6 CO2 (anidride carbonica) + 6 H2O (acqua) + Luce → C6H12O6 (glucosio) + 6 O2 (ossigeno). Notiamo en passant che noi inaliamo lo scarto della industria vegetale mondiale, senza il quale non potremmo respirare e sopravvivere.

Quindi, non sappiamo nemmeno bene dove incasellare i licheni, metà ospiti accoglienti, ma parassiti, e metà imprenditori insuperabili, ma sfruttatori. Convenzionalmente, li collochiamo tra i vegetali. I confini semantici tra sfruttamento, parassitismo, mutualismo, commensalismo e altre categorie ecologiche sono molto sfumati e oggetto di continue ridefinizioni da parte di biologi e botanici.

Comunque, è questa società per azioni (agire concreto, non finanza virtuale!) che permette ai licheni di vivere su tutti i substrati della Terra: rocce calcaree o silicee, suolo, alberi, legno morto, monumenti e tetti. Resistono a condizioni ambientali sfavorevoli, come basse temperature o siccità prolungate. Crescono lentamente ma sono inarrestabili. Sono i primi organismi che colonizzano nuovi habitat, come le morene liberate dalla fusione di un ghiacciaio o la nuova lava eruttata da un vulcano. Nelle vaste tundre artiche e circumpolari sono l'unico cibo disponibile per le renne e formano la base dell'economia dei loro pastori. Alcuni producono mucillagini usate in medicina come espettoranti, da certe specie si estraggono antibiotici, da altre ancora una sostanza colorante nota come tornasole o laccamuffa. In passato la Letharia vulpina (chiamata in inglese Wolf-lichen) veniva usata per avvelenare animali considerati nocivi – come lupi e volpi, appunto – mediante esche di carne impregnate della tossina che produce, l'acido vulpinico. Una leggenda della Val Angrogna racconta di un'erba magica alta e abbondante che faceva aumentare il latte delle capre. Una pastorella diventò ricca mungendole tante volte al giorno e producendo chili e chili di formaggio. Poi divenne anziana e stanca, e maledisse le capre che la costringevano a tutto quel lavoro. Allora il Diavolo, chiamato in causa dalle bestemmie della vecchia, trasformò l'erba magica in licheni prostrati e poco appetibili - solo Cetraria o Parmelia - e così in tutte le montagne crollò la produzione di latte e formaggi. Molte specie di licheni hanno mercato in campo modellistico, perché le loro minuscole ramificazioni, seccate e colorate, somigliano a piccoli alberi perfetti per popolare plastici e diorami.

Importanti indicatori biologici

Da anni, vengono usati come indicatori biologici. Poiché la parte vegetale è piccolissima, utilizza modestissime quantità di aria. Se questa è inquinata, il lichene patisce immediatamente fino a scomparire: i centri metropolitani sono spesso caratterizzati dal "deserto lichenico". Sentinelle attente ed instancabili, segnalano i veleni che intossicano anche noi. Noi, sciagurati, ignoriamo i loro allarmi.

Così piccoli, e così utili. Invisibili a occhi inconsapevoli eppure indispensabili a tante vite. Esploratori coraggiosi e veri pionieri, sono sempre pronti a partire verso ogni "west" purché sia abbastanza "far". Altri, dopo, li seguiranno, ma loro saranno sempre i primi ad arrivare e a lavorare per sé e per gli altri. La loro esistenza primordiale ed estrema prepara il terreno al successivo insediamento di altre specie più pretenziose. "Preparare il terreno" non è un'espressione retorica: il continuo ancorarsi delle radici licheniche sgretola lentissimamente rocce, pietre e legni, producendo minime quantità di humus sufficienti ad accogliere qualche microscopico seme poco esigente. I licheni innescano così un processo lungo ma incessante che culminerà nei secoli con prati e boschi.

E' eccessiva questa dichiarazione d'amore per organismi così poco appariscenti e sconosciuti ai più? Forse sì. Mi consolo, però, perché sono in buona compagnia. Esiste infatti un lichene chiamato Manna del deserto, che, in masserelle rotondeggianti, gialline, mangerecce, viene trasportato dal vento per grandi distanze, dando luogo al fenomeno detto pioggia di manna. Ne ha parlato qualcuno molto più autorevole di me, millenni fa, all'interno del libro più diffuso al mondo: ricordate?

 

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