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Stanno scomparendo gli anfibi

Gli anfibi si estinguono soprattutto perché gli ambienti dove vivono sono sempre più alterati o isolati. Complici peculiari storie naturali, che ne fanno animali particolarmente delicati e molto fragili.

  • Franco Andreone*
  • Maggio 2019
  • Giovedì, 9 Maggio 2019
Pelobate fosco, Pelobates fuscus  (Acquerello di F. Andreone) Pelobate fosco, Pelobates fuscus (Acquerello di F. Andreone)

 

Le circa 8mila specie oggi note di rane, rospi, salamandre, tritoni, geotritoni e degli improbabili -ma non per questo meno affascinanti - gimnofioni diffusi ai tropici, contano una percentuale pari al 40% inclusa nelle categorie "minacciate" della Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), che comprendono quelle classificate come: "In pericolo critico", "In pericolo" e "Vulnerabile".

Gli anfibi sono considerati i vertebrati maggiormente in pericolo di estinzione e, per questo, meritevoli di una speciale attenzione. Va innanzitutto detto che gran parte degli anfibi sono notevolmente specializzati in quanto esibiscono peculiari storie naturali, che ne fanno animali particolarmente delicati e, conseguentemente, fragili.
Dimentichiamoci per un attimo il tipico ciclo di girino acquatico e rana saltellante che tutti abbiamo imparato a scuola. Tanto per dire, molti anfibi delle foreste pluviali effettuano deposizione delle uova in ambiente sub-aereo e hanno sviluppo dei girini in nidi di schiuma, mentre altri hanno i piccoli che si sviluppano in camere epiteliali entro cui diventano ranocchiette totalmente formate. Due specie australiane, oggi dichiarate estinte, Rheobatrachus silus e R. vitellinus, avevano uno sviluppo larvale... all'interno dello stomaco: durante tutto questo periodo di gestazione gli adulti non si nutrivano affatto e venivano anche bloccate le secrezioni degli acidi gastrici. Per ritornare ai gimnofioni, dall'aspetto serpentiforme: alcune specie hanno un avanzato sistema di cure parentali, con la madre che nutre i propri piccoli con una sorta di "latte" generato dalla propria pelle!

Le specie minacciate in Italia

Tutte peculiarità che fanno degli anfibi animali unici, ma, anche per questo, eccezionalmente delicati e sensibili. Gli anfibi si estinguono soprattutto perché gli ambienti ove essi vivono sono sempre più alterati o isolati. Per rimanere a casa nostra ricordo il ben noto caso del pelobate fosco, Pelobates fuscus, di cui Piemonte Parchi si é occupato in più occasioni in passato e del quale ho realizzato il Piano d'Azione nazionale. Il pelobate é stato una delle prime (e poche, finora) specie di anfibi in Italia ad assurgere a rango di attenzione mediatica e meritevoli di azioni conservazione.

Il "Progetto Pelobate" del WWF Italia è diventato nel tempo uno step importante delle iniziative di salvaguardia per questa specie (seguito poi da diversi Progetti LIFE e altre iniziative) e, a tutt'oggi, diversi progetti di conservazione nella "sua" Pianura Padana sono portati avanti con caparbietà e passione da giovani naturalisti e da istituzioni pubbliche illuminate. Purtroppo, i siti umidi superstiti del pelobate, come quelli di molti altri anfibi di habitat planiziali, sono oggi drammaticamente assediati da un'agricoltura aggressiva che non lascia possibilità di movimento e di migrazione alla specie, che così, di generazione in generazione, si impoverisce geneticamente.

In altri casi le strade sempre più trafficate falcidiano decine di anfibi di diverse specie ogni anno nel periodo della migrazione riproduttiva, come nel caso dei rospi Bufo bufo, un tempo abbondanti in molte aree del Piemonte.

l fungo chitridio, una patologia emergente 

Oltre a queste ragioni direttamente dipendenti dall'azione dell'uomo, molti anfibi sono oggi in estinzione a causa della diffusione di quelle che vengono definite "patologie emergenti". Il famigerato fungo chitridio, Batrachochytrium dendrobatidis (abbreviato in Bd) é diventato negli ultimi anni una malattia ben nota agli addetti ai lavori e motivo di seria preoccupazione conservazionistica.
La sua diffusione é facilitata dalla presenza di microscopiche zoospore mobili che possono contaminare gli ambienti acquatici e infettare la pelle di pressoché tutte le specie di anfibi.

In molte aree gli anfibi sono stati contaminati e portati a un passo dall'estinzione dal chitridio a causa di traslocazione di materiali infetti, come fango o con l'immissione di altri anfibi, crostacei e pesci. Paradossalmente, anche azioni di conservazione, se non pianificate e realizzate seguendo seri dettami di igiene ecologica, possono portare il chitridio a colonizzare nuovi habitat e a causare l'estinzione locale. É avvenuto negli anni '80 -'90 nelle Isole Baleari in Spagna, dove un progetto di conservazione per il rospo ostetrico endemico Alytes muletensis ha portato inavvertitamente il chitridio nei freschi torrenti di montagna habitat di questa specie, causando una drastica contrazione popolazionale. Infatti il chitridio, contaminando gli anfibi a livello cutaneo, provoca dei seri problemi di permeabilità e di respirazione, spesso causando anche problematiche carattere neurologiche.

Come se ció non bastasse: nel 2015 é stato scoperta anche una nuova specie di chitridio" Il "nome omen" terrifico della stessa é di Batrachochytrium salamandrivorans (o Bs), e indica di già la sua specializzazione: di colpire le salamandre. Questa nuova specie di chitridio, anch'essa originata in Asia, é stata distribuita in Europa centrale con il mercato amatoriale degli animali da compagnia, dei cosiddetti "pet".

Il futuro e la conservazione degli anfibi

Uno studio di Scheele et al. appena uscito, ha mostrato che sono circa 500 le specie di anfibi minacciate e ben 90 sono state portate all'estinzione dal Bd, e ció porta questi funghi patogeni allo stesso livello di allerta di altre specie esotiche e invasive. Laddove il Bd é comparso ha portato a una diminuzione dei contingenti popolazionali di anfibi.

Purtroppo non esiste ancora una cura in natura e l'unico modo per salvaguardare le specie anfibie é associato alla prevenzione della diffusione delle spore, ovvero all'allevamento in cattività e alla successiva reintroduzione. Ció é per esempio avvenuto per il rospo dello spray, Nectophrynoides asperginis della Tanzania. Uno studio condotto negli anni passati ha consentito di allevare la specie in cattività e, poi, di effettuare dei rilasci in natura una volta constatata l'assenza del patogeno.

La diffusione del chitridio a livello mondiale, spesso associato ad altre patologie prodotte da patogeni quali Ranavirus e Iridovirus, mostra come gli anfibi siano in periodo notevolmente critico e meritevoli di attenzioni speciali da parte dei biologi della conservazione e dei gestori del territorio.

P.S - Il senso naturale per il disegno

Nel corso della mia carriera di naturalista e di zoologo mi sono avvalso di vari supporti audio-visivi per illustrare e per documentare le specie oggetto di studio e di conservazione. Ho anche registrato e analizzato canti di rane, effettuato fotografie e presentato radiografie e scan 3D di esemplari conservati nelle collezioni di musei naturalistici. In questo articolo mi sono riscoperto "carnettista" un po' vintage, in quanto ho privilegiato un mezzo che mi ha sempre appassionato e che ha radici antiche nella tradizione naturalistica: il disegno ad acquerello.
A mio avviso l'uso di matite e di pennelli e l'osservazione del soggetto ritratto consentono un approccio più pacato, ma non per questo meno fedele al soggetto ritratto, contribuendo ad aumentare l'empatia nei confronti di animali in via di estinzione, quali sono gli anfibi. 

 
* Museo Regionale di Scienze Naturali, Chair per SSC IUCN Amphibian Specialist Group / Madagascar, www.francoandreone.it

 

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