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Tutelare la biodiversità è un lavoro, serio

Soltanto in Piemonte, sarebbero circa 10mila le giornate di lavoro necessarie in un anno per monitorare specie e habitat come richiesto dall'Europa. L'Unione però non assegna fondi specifici e alla nostra Regione non resta che valorizzare la sua risorsa più grande: i parchi e il lavoro di salvaguardia della biodiversità che gli enti svolgono quotidianamente sul territorio

  • Emanuela Celona
  • Novembre 2016
  • Venerdì, 4 Novembre 2016
Tutelare la biodiversità è un lavoro, serio

Sono tre, e sono stati presentati a Roma, lo scorso 19 e 20 ottobre, in occasione della Conferenza nazionale organizzata dal Ministero dell'Ambiente e da Ispra (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale). Si tratta di tre Manuali tematici:specie vegetali, specie animali e habitat  che contengono le linee guida per il monitoraggio di specie di interesse comunitario, secondo quanto prescritto dalla Direttiva 92/43/CEE conosciuta come la Direttiva Habitat.

Il titolo della conferenza 'Verso un piano nazionale di monitoraggio della biodiversità' riassume quelli che sono stati gli intenti del Ministero, ovvero fornire a tutte le Regioni e alle Province autonome indicazioni operative per portare a termine i monitoraggi delle specie e degli habitat che l'Europa, periodicamente, chiede al nostro Paese.
Ogni sei anni, infatti, gli Stati membri dell'Unione hanno l'obbligo di inviare un Report sullo stato di conservazione delle specie e degli habitat del proprio Paese e l'Italia, finora, l'ha trasmesso attenendosi alle linee guida ministeriali definite a fine 2014 e che oggi possono avvalersi di indicazioni più 'pratiche' presentate, appunto, in occasione della Conferenza e contenute nei Manuali.

L'Italia peraltro è un Paese particolarmente ricco di biodiversità: la fauna italiana, ad esempio, è stimata in oltre 58.000 specie, di cui circa 55.000 di invertebrati e 1.812 di protozoi che, insieme, rappresentano circa il 98% della ricchezza di specie totale, nonché 1.258 specie di vertebrati (2%) (Fonte Ispra)
Ma le numerose attività antropiche (inquinamento, pratiche agricole impattanti, introduzione di specie esotiche, cambiamenti climatici e sovra-sfruttamento delle risorse) possono mettere a serio rischio questo patrimonio, ed è per monitorare il suo stato e intervenire nel modo più efficace al fine di tutelare questa ricchezza che è necessario un'attenta mappatura delle specie e degli habitat.

«La tutela della biodiversità richiede al nostro Paese un costante rigoroso impegno tecnico-scientifico, anche per gli obblighi comunitari» secondo Stefano Laporta, direttore generale di Ispra. «In particolare la Direttiva Habitat impone un'attenta analisi dello stato di conservazione delle specie e degli habitat naturali tutelati dalla norma, una costante valutazione dei trend delle diverse popolazioni, e una verifica dei fattori di minaccia che ne influenzano le prospettive future. Valutazioni che prevedono una raccolta di capillare e standardizzata di dati ambientali e complesse analisi, che determinano sfide tecniche non indifferenti». Ed è per migliorare il quadro conoscitivo globale di specie e habitat di interesse comunitario presenti nel nostro Paese che sono stati pubblicati i tre Manuali che contengono indicazioni tecniche essenziali per le attività di monitoraggio. «Se l'elevata biodiversità dell'Italia è un patrimonio comune da proteggere, è anche evidente che rendere compatibili la conservazione delle risorse naturali con le attività dell'uomo è una sfida complessa, che deve basarsi su un'adeguata conoscenza e su un impegno prolungato nel tempo», secondo Piero Genovesi di Ispra (qui la video intervista).

«La dinamicità dei sistemi naturali impone cioè che il monitoraggio sia realizzato attraverso ripetuti rilievi nel tempo, e condotti in modo standardizzato, così da permettere il confronto dei dati nel tempo». La poca standardizzazione nelle tecniche di campionamento applicate nei diversi contesti nazionali ha rappresentato finora un limite dei dati raccolti a livello nazionale e le schede di monitoraggio di tutte le specie e gli habitat italiani di interesse comunitario raccolte nei volumi presentati a Roma, dovrebbero rappresentare uno strumento operativo per la redazione del 4° Rapporto Direttiva Habitat per il periodo 2013 – 2018 e che verrà inviato all'Unione Europea a fine 2018.
Da queste problematiche nascono le 489 schede di monitoraggio raccolte nei tre Manuali redatte da ISPRA e dalle sette principali società scientifiche nazionali - Società Italiana Scienza della Vegetazione, Società Botanica Italiana, Unione Zoologica Italiana, Comitato scientifico per la fauna d'Italia, Società erpetologia italiana, Associazione italiana degli Ittiologi delle Acque Dolci, Associazione Teriologica Italiana - che descrivono tecniche e protocolli per il rilievo dei dati utili al reporting

Le linee guida, dunque, ci sono; le indicazioni operative anche. Resta però aperta una domanda: «Ci sono le risorse per svolgere i piani di monitoraggio?»
Il DPR 357/97, attuativo della Direttiva Habitat, assegna alle Regioni e Province Autonome il compito del monitoraggio. Le attività sul campo sono di solito eseguite dai ricercatori che, talvolta, le Regioni riescono a pagare grazie a finanziamenti europei destinabili a tali operazioni (alcune Regioni, ad esempio, grazie ai Programmi Operativi Regionali riescono a ottenere importanti finanziamenti anche nel settore della biodiversità; altre sfruttano, invece, progetti europei come il Life). Spesso, però, gli Enti deputati al monitoraggio devono fare i conti con scarse risorse umane e pressoché inesistenti risorse economiche.
E non si tratta di numeri trascurabili se si pensa che, ad esempio, soltanto il monitoraggio di specie e habitat del Piemonte - richiederebbe secondo le indicazioni contenute nei manuali ministeriali - 10mila giornate lavorative soltanto il primo anno di lavoro che, diluite negli anni successivi, arriverebbero a 20mila. In sintesi, servirebbero circa 2 milioni di euro in 6 anni (stimando 100 € per ogni giornata lavorativa) per accertare lo stato di conservazione di specie e habitat della nostra Regione: soldi che né nella nostra Regione, né in molte altre, sono resi disponibili nel campo della conservazione della natura.

Su tale frangente l'Unione Europea non assegna fondi specifici. Già dalla passata programmazione 2007-2013 la Commissione ha fatto una scelta strategica precisa: la "soluzione integrazione". Cioè il cofinanziamento deve essere trovato all'interno degli strumenti finanziari europei esistenti. L'obiettivo era quello di assicurare che la conservazione dei siti della Rete Natura 2000 fosse parte di politiche di gestione del territorio più ampie, comprese quelle agricole e di sviluppo regionale e locale.
Questo approccio strumentale è finalizzato a creare un processo virtuoso in modo che la protezione della biodiversità diventi trasversale ai diversi settori: pensiamo all'agricoltura, al paesaggio, all'urbanistica, alla gestione del territorio, della montagna e delle foreste...
Questo concetto, quasi "filosofico" purtroppo si scontra con la realtà: quando i finanziamenti si riducono il primo a farne le spese è proprio l'ambiente. Basta fare l'esempio delle aree naturali protette che in Piemonte, e non solo, vedono assottigliarsi sempre più le risorse economiche loro dedicate.
"Sebbene, però, le dotazioni organichedegli Enti parco siano spesso sotto le necessità, il personale delle Aree naturali protette resta la vera e unica risorsa della nostra Regione che, da tempo, ha attivato il personale degli enti - in tutto, poco più di 300 dipendenti - impegnato a  coordinare il lavoro di rilevamento di specie e habitat nei SIC (Siti Interesse Comunitario) da loro gestiti", afferma il dirigente del settore Biodiversità e Aree naturali della Regione Piemonte, Vincenzo Maria Molinari. 

Come più volte evidenziato, l'Italia ha una varietà di specie e habitat veramente cospicua: dopo aver individuato le modalità tecnico-operative per monitorare, è necessario che siano stabilite le priorità su cui concentrare il lavoro di tutte le risorse – economiche e umane – coinvolte. E' inoltre fondamentale che tale lavoro sia condotto in modo coordinato a livello nazionale.
A tal fine le Regioni e le Province Autonome presenti alla Conferenza di Roma, hanno fortemente chiesto che il Ministero dell'Ambiente assuma il ruolo di coordinamento a cui è istituzionalmente preposto: sia in termini di coordinamento scientifico, attraverso ISPRA, sia in termini di orientamento delle politiche regionali, rimarcando gli impegni europei in materia di conservazione della biodiversità.

Si ringraziano per la consulenza prestata Marina Cerra, Elisa Malenotti, Susanna Pia - funzionarie del settore Biodiversità e Aree naturali della Regione Piemonte.

Approfondimenti Video

Nel febbraio 2014 si tenne a Roma la Conferenza "La Biodiversità in Italia: stato di conservazione e monitoraggio". In quell'occasione emerse con forza il tema dei costi dei monitoraggi e della loro standardizzazione. Si riporta qui gli interventi introduttivi e nel corso dei lavori del rappresentante della Regione Piemonte, Vincenzo Maria Molinari.

Primo Intervento

 

 Secondo intervento

 

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