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Una passeggiata nei luoghi amati da Cesare Pavese

Tra i più bei borghi del Piemonte, apprezzati per il loro legame con la letteratura, merita sicuramente un posto d'onore Santo Stefano Belbo, comune langarolo in Provincia di Cuneo, nonché città natale dello scrittore Cesare Pavese. Qui si snoda un percorso che attraversa i luoghi amati da Cesare Pavese e che inizia proprio dietro la casa natale dell'autore.

  • Alessandra Corrà
  • Marzo 2019
  • Lunedì, 25 Marzo 2019
Veduta dalla Gaminella (Foto A. Corrà) Veduta dalla Gaminella (Foto A. Corrà)

Forse non esiste un altro luogo tanto intriso della memoria di un autore come Santo Stefano Belbo. Qui infatti si trovano i riferimenti letterari più noti, la casa natale e quella dell'amico di sempre, il Nuto, l'albergo dell'angelo, dove il poeta che aveva fatto tana nel corpo, ascoltava le feste padronali, la Mora, le amate colline, intessute di vigne, le cascine, il centro studi che porta il suo nome e il cimitero dove riposa la sua memoria.

La maggior parte delle sue opere, da La Luna i falò a La Bella Estate, da Il Mestiere di vivere ai Paesi tuoi, si avvalora di precise informazioni geografiche sulla regione. Relazioni nate ed elaborate durante le sue peregrinazioni a piedi, intraprese quasi sempre da solo, perché era proprio la solitudine, a volte cercata e spesso odiata, a ispirare la sua poetica.

Le Langhe di ieri e di oggi

Santo Stefano Belbo è un paese antico e importante, per la sua storia, per gli artisti che l'hanno amato e per chi ancora oggi lo frequenta alla ricerca di cultura e sapori genuini di un tempo.
I primi insediamenti risalgono in epoca romana quando venne edificata una base militare fortificata tra Asti e Alba. In epoca medievale invece fu innalzato un castello sulla collina di S. Libera e un convento benedettino, S. Gaudenzio, eretto probabilmente sui resti di un più antico tempio dedicato a Giove. È proprio ai monaci benedettini che spetta il merito di aver introdotto la coltivazione della vite nei loro possedimenti.
Sebbene le Langhe vivano in autunno la loro stagione di gloria, non possiamo negare che in tutti i mesi dell'anno siano sempre bellissime e affascinanti. In ogni momento, attirano onde di turisti, molti dei quali oggi ricercano locande dove poter pasteggiare con i nettari più buoni d'Italia e assaggiare piatti della cucina locale.
Habitat ricco di cultura e di una grande cucina, le Langhe sono depositarie dell'immagine stessa del vino italiano, grazie in particolare alla personalità unica e irripetibile del Barolo e del Barbaresco.
L'insieme delle viti forma una figura enigmatica, una presenza palpabile, proprio come raccontò nel secolo scorso Cesare Pavese: "Anche tu sei collina / e sentieri di sassi / e gioco nei canneti / e conosci la vigna / che di notte tace / Sei un chiuso silenzio / che non cede, sei labbra / e occhi bui. Sei la vigna".
Le colline langarole non recano emozioni solo a chi cerca il buon cibo e il buon vino, ma anche a tutti coloro che amano godere della bellezza dei paesaggi.
Il modo migliore per immergersi in un ambiente è conoscerlo lentamente e qui i percorsi di trekking non mancano. Molti sono gli itinerari da percorrere a piedi o in bici che spaziano su e giù per le colline delle Langhe, del Monferrato e fino al Roero.
Ogni sportivo può cimentarsi con livelli di difficoltà adeguati alla propria forma fisica, attraversando filari di vite o borghi antichi, pianificando tappe culturali o culinarie, tutte degne di nota a seconda dei propri gusti personali.

L'itinerario pavesano

La passeggiata nei luoghi amati da Cesare Pavese inizia dietro la casa natale dell'autore, luogo in cui i genitori usavano trascorrere le vacanze estive, alla periferia di S. Stefano Belbo, sullo "stradone" per Canelli. Dopo aver percorso alcuni metri su una strada sterrata e pianeggiante, si imbocca la diramazione a sinistra che porta alla frazione Seirole.
Qui inizia la lenta salita sulla collina della Gaminella, uno dei luoghi più amati dal poeta.
Sollevandosi su infinite curve a gomito fra la coperta dei vigneti, passo dopo passo, la veduta si allarga sulla Valle del Belbo, da S. Stefano fino a Canelli e oltre ancora.
La Gaminella è una delle due facce, con il Salto, dell'universo de La luna e i falò, circondata da un alone di mistero, impossibile da conoscere completamente per la sua grandezza. È la collina più imponente del paesaggio circostante, "una collina come un pianeta", "tutta vigne e macchie di riva", dove predomina il selvatico, la riva e il bosco rispetto al coltivato, che non è solo vigna, ma anche noccioleto, campo e prato.
La collina per Pavese assumeva un rilievo primario nella sua poetica, con tutto il corredo delle presenze campestri e dei miti, quali la vigna, il bosco, il sentiero, la casa, l'albero e la luna.
Continuando sulla stessa strada, passando accanto ad alcune case, sembra quasi di respirare il profumo del vino custodito nelle cantine.
A questo punto, evitando la diramazione per il Laghetto, si raggiunge Seirole, piccola frazione con pochissimi abitanti. Arrivati alla cima del sentiero, il nostro sguardo si spalanca sulla valle opposta, stretta e boscosa, quella chiamata da Pavese, il Salto.
Questa collina è più aspra, più secca e meno rigogliosa della Gaminella: "La collina del Salto, oltre il Belbo, con le creste, coi grandi prati che sparivano sulle cime. E giù in basso anche questa era tutta vigne spoglie, tagliata da rive, e le macchie degli alberi, i sentieri, le cascine sparse erano come li avevo veduti giorno per giorno, anno per anno, seduto sul trave dietro il casotto o sulla spalletta del ponte".
Dopo aver ascoltato il respiro della Terra, che qui è Madre e insieme Donna da fecondare: "Sempre, ma più che mai questa volta, ritrovandomi davanti e in mezzo alle mie colline, qualcosa mi sommuove nel profondo. Devo pensare che immagini primordiali sono dischiuse in questo luogo, e tutto ciò mi dà un senso di straordinaria potenza, come se nascessi ora, dentro l'immagine assoluta di queste cose", si può scendere fino alla frazione Ca' del Monte.
Puntando in direzione di Santo Stefano, si passa, dopo qualche curva, davanti al poggio di Santa Libera, con la sua bianca piccola chiesa.
In questo punto, si può ancora inseguire il mare di vigne, pensando alle parole dello scrittore: "Io il mare l'ho sempre immaginato come un cielo sereno visto dietro dell'acqua".
Qui l'osmosi tra uomo, pietra e terra, è totale.

Superata anche S. Libera e lasciata la via principale, si continua su una via in discesa, fino a fiancheggiare il lacerto della torre di S. Stefano.
In passato la torre aveva la funzione di proteggere la strada della Valle Belbo, oggi invece segnala solo l'ingresso nel paese.

Per saperne di più
https://www.fondazionecesarepavese.it/

 

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