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Sopra il Lago Afframont, dove volano i gipeti

Ed eccoci nelle selvagge Valli di Lanzo. Precisamente a Balme, piccolo comune che sorge nel punto più alto della Val d'Ala, la valle centrale delle Valli di Lanzo, delimitata a nord dalla Val Grande e a sud dalla Val di Viù.

  • Alessandra Corrà
  • Dicembre 2018
  • Giovedì, 29 Novembre 2018
Scorcio di veduta sul Lago Afframont (Foto A. Corrà) Scorcio di veduta sul Lago Afframont (Foto A. Corrà)

Una delle escursioni più interessanti e di facile accesso, inizia proprio qui, nei pressi dello stabilimento dell'acqua minerale Pian della Mussa, in frazione villaggio Albaron, che porta, in un paio di ore, al Lago Afframont, uno specchio d'acqua circondato da pini e abeti. Vicino alla sciovia Sauzè, si trova una stradina sterrata che dopo pochi metri si immette in un largo sentiero ben agibile.

Dopo aver percorso una decina di metri, si dovrà abbandonare l'ampia pista per prendere un altro piccolo sentiero sulla destra, contrassegnato da una freccia rossa su un masso, che si inoltra dentro al bosco, dove si incontreranno subito delle caratteristiche sculture in legno molto suggestive.
Con una buona mezz'ora di cammino, sorpassati diversi ripidi tornanti, ci si ritroverà poi in una radura in cui scorre un ruscello, poco agibile in primavera quando la neve si è appena sciolta ma di facile accesso in estate o in autunno inoltrato. Superato il guado, è importante svoltare a destra, sempre senza perdere di vista i segni rossi sui tronchi degli alberi, per risalire fino alla costruzione dell'alpe Roc Piat, a quota 1635 mt.

Qui il sentiero prosegue tortuoso, tornante dopo tornante sul crinale della montagna, e a ogni curva il paesaggio si spalanca davanti alle montagne e si rivela più affascinante, regalando grandi emozioni per l'anima. Passo dopo passo, si giunge così all'alpe Pian della Ciavanna, a quota 1787 metri.

A questo punto, manca davvero poco, giusto qualche breve tratto di fitta vegetazione e alcuni strappi per superare la balza rocciosa che regge il lago e che punta in direzione di una cascata, al Pian del Lago: ed eccoci finalmente sulle sponde dell'incantevole Lago Afframont.
La visuale qui è come un incantesimo: ci si accorge di essere in un luogo speciale, primordiale, e si percepisce come ogni cosa è sempre connessa al 'tutto'. Un paradiso che regala a ogni sguardo, panorami unici e allo stesso tempo differenti.

Il ritorno del gipeto

Negli ultimi anni, a qualche fortunato sarà certamente capitato di vedere sorvolare sopra le acque del lago, con le sue ali strette e appuntite, anche il Gypaetus Barbatus, tra i più grandi rapaci presenti in Italia, reintrodotto solo da alcuni decenni sulle nostre montagne.
Il nome deriva dal greco gyps, avvoltoi, e aetos, aquila. Fino all'inizio del XX secolo era presente in quasi in tutte le zone montuose dell'Europa meridionale, da cui è in seguito scomparso a causa della pressione antropica.
Nell'ecosistema montano, il gipeto si pone all'apice della catena alimentare. Esclusivamente necrofago, si ciba delle carcasse di ungulati selvatici e domestici che trova in quota. Si nutre in particolare di ossa, che rompe lasciandole cadere sulle pietre, per poi mangiarle e digerirle interamente grazie ai succhi gastrici. In questo modo svolge una vera e propria funzione di "spazzino delle montagne" al servizio della natura e degli allevatori. Oggi in Valle di Lanzo vivono quattro gipeti adulti, più una decina di gipeti erratici, emigrati da altri Paesi.

Nel 2012 il Comune di Balme ha deciso di fornire all'Associazione Naturalista di Caselle "Le Gru", che da anni si occupa della reintroduzione del gipeto, un ufficio collocato in una struttura davanti al municipio per le attività organizzative dei volontari. Dal 2016 è stata concesso anche un piccolo spazio espositivo per il materiale raccolto da soci e volontari nel corso degli anni e dallo scorso luglio l'esposizione è diventata permanente: a oggi i volontari hanno raccolto più di mille osservazioni del gipeto, molti esemplari sono riconoscibili per la colorazione del piumaggio sulle ali, o dalla caratteristica mascherina nera che contorna gli occhi e che si prolunga sotto il becco fornendogli l'appellativo di "barbato".
La visita al museo, aperto la terza domenica di ogni mese, non richiede molto tempo, è gratuita, ed è interessante soprattutto per capire meglio l'importanza che riveste nella catena alimentare questo straordinario animale, nonché a sensibilizzare le nuove generazioni alla salvaguardia di una specie che purtroppo continua a essere a rischio d'estinzione.

Per informazionihttp://web.tiscali.it/associazionelegru/home.htm 

 

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