La pianta del mais fu notata e descritta con precisione da Michele da Cuneo in una relazione redatta già in occasione del secondo viaggio in America di Cristoforo Colombo. Il mais si affermò nella penisola iberica, dove fu coltivato già nei primi anni del Cinquecento, e da qui si diffuse velocemente in Italia e Francia. I primi esemplari dei semi andini giunsero in Italia nel 1539 e per un decennio è documentata la coltivazione sperimentale in diversi orti botanici.
Nella seconda metà del Cinquecento il mais è prepotentemente inserito nelle diete contadine e nel 1602 il medico Castore Durante da Guala scriveva che "fanno di questa farina i contadini polenta".
All'inizio del Seicento risulta diffuso in molti settori della catena alpina, mentre in Piemonte comparve all'inizio del Settecento e sostituì quasi completamente le colture cerealicole minori.
La polenta preparata con la farina di mais si diffuse a tal punto da non lasciare alcuna traccia sulle tavole, o semplicemente nella memoria dei contadini e dei valligiani, di una polenta fatta con il miglio o con altri cereali. Oltre che per la polenta, la farina di mais veniva utilizzata per pani speciali oppure biscotti e dolci.
Scrivere di polenta, di dolci, di biscotti e di pane confezionati con la farina di granoturco, vuol dire parlare della tradizione povera delle popolazioni contadine e montanare e della loro cucina rustica di sopravvivenza.
Questo libretto, nato dalla nostalgia per il buon tempo antico, vuole essere una testimonianza e allo stesso tempo uno stimolo, rivolto alle nuove generazioni, per una riscoperta dei prodotti tradizionali.
Aprile 2017
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