Stampa questa pagina

Il Castello di Casotto e la rinascita di un territorio

In origine monastero certosino, poi residenza di caccia dei Savoia, oggi è patrimonio della Regione Piemonte: a lungo dimenticato, dopo importanti lavori di restauro ha finalmente riaperto i suoi battenti al pubblico, e da qui la comunità locale vuole ripartire per rilanciare il proprio futuro.

  • Alessandro Paolini
  • Settembre 2020
Sabato, 5 Settembre 2020
La Certosa di Casotto - Foto Regione Piemonte La Certosa di Casotto - Foto Regione Piemonte

Splendore nell'erba. Ben si presta il titolo del celeberrimo film (con Warren Beatty e Natalie Wood) a descrivere sinteticamente il grande complesso monumentale di Casotto, impropriamente detto "Castello", perché fu in realtà dapprima Certosa benedettina, poi Casa Reale di Caccia sabauda.

Situato a 1090 metri di altitudine, nel territorio del Comune di Garessio (CN), in un luogo isolato e parzialmente nascosto tra i boschi, lo si può trovare dopo pochi chilometri della strada che dall'omonimo Colle conduce in discesa agli abitati di Pamparato e Roburent.

La location ispira silenzio e meditazione e, forse proprio per questo, nel 1172 fu scelta dai monaci benedettini per erigervi una Certosa che successivamente si ingrandì, sino a comprendere due grandi chiostri collegati da una chiesa: il primo contornato da celle dotate ciascuna di un piccolo orto, foresteria, officine, magazzini, il secondo terrazzato. Più volte distrutta da incendi (nel 1380, 1546 e 1566) la Certosa venne abbandonata dai monaci ma poi ricostruita nelle forme attuali dall'architetto Bernardo Vittone nel 1754. Nel 1802 Napoleone soppresse gli ordini religiosi e molti dei tesori e degli arredi furono dispersi o distrutti. Nel 1837 il complesso fu acquistato da re Carlo Alberto che lo convertì in Casa Reale di caccia dopo vari lavori di adattamento, che portarono alla creazione degli appartamenti principeschi, destinati a Maria Clotilde, a Oddone e al futuro re Vittorio Emanuele, la cui camera, inutile dirlo, era vicina a quella della Bela Rosin.

Ma restò pochi anni nelle mani dei Savoia: già nel 1881 l'intero complesso e i terreni circostanti passarono a privati. Le avventure non finirono però qui: durante la Resistenza divenne sede del comando partigiano del maggiore Martini Mauri, salvo essere di nuovo abbandonato nel marzo '44, quando la zona cadde sotto il controllo nazifascista.

Nel 2000, infine, è stato acquistato dalla Regione Piemonte e, dopo riaperture parziali e lavori di ristrutturazione durati circa dodici anni, l'ex Certosa ha finalmente riaperto i battenti al pubblico il 17 agosto di quest'anno.

Una ripartenza carica di significati

Il 2020, fin qui a fosche tinte a causa dell'emergenza sanitaria, una buona notizia l'ha dunque portata a questo territorio, da anni al margine dei grandi flussi turistici nonostante un patrimonio culturale e naturalistico di prim'ordine.

Il restauro non si è ancora concluso e ripartirà nell'autunno, ma le prime visite aperte al pubblico, pur non consentendo di vedere la totalità degli ambienti, sono già "full booking". A suggellare un evento così importante e darne visibilità urbi et orbi non ci poteva essere occasione migliore del tradizionale Concerto di Ferragosto dell'orchestra "Bartolomeo Bruni" di Cuneo, che si è svolto proprio nel cortile del "Castello" anche se con modalità inedite. A causa del Covid, infatti, per la prima volta nei suoi 40 anni di vita il concerto si è svolto a porte chiuse ed è stato dedicato alle vittime del Covid. L'ingresso è stato consentito solo a 120 persone, scelte fra medici, paramedici e operatori della protezione civile, in rappresentanza di chi l'epidemia l'ha vissuta in prima linea.

Ma l'eco dell'evento è stata lo stesso garantita dalla diretta nazionale RAI, che, oltre alle note, ha trasmesso in diretta in tutta Italia le immagini della Certosa, delle montagne, dei boschi e dei comuni di Garessio e di Pamparato: una formidabile occasione di promozione turistica, o di "marketing territoriale" come si usa dire adesso, per tutta la Valcasotto e la Valtanaro, aree forse un po' dimenticate, ma che proprio in questa strana estate hanno assistito ad un timido ritorno del turismo, anche grazie alle vacanze di "prossimità" scelte da molti piemontesi e liguri e ad altri eventi oltre al concerto, come l'inedito passaggio in queste lande della corsa ciclistica Milano-Sanremo.

Le ricchezze di un territorio unico

La Valle Tanaro è storicamente terra di collegamento tra Piemonte e Liguria, tra le province di Cuneo e quelle di Savona e Imperia. Attraversata dal fiume Tanaro, cui si affiancano una strada statale (la SS 28) e una ferrovia storica (una delle poche in Italia), offre un paesaggio vario e ricco di contrasti. Uscendo dall'autostrada Torino-Savona al casello di Ceva e procedendo in direzione della Liguria ben presto si sostituisce alla pianura e alle colline un paesaggio più aspro e movimentato. La valle ha una storia lunga e importante, segnata dal passaggio di popolazioni e commerci sin dall'epoca preromana, come testimoniano i resti di castelli a Nucetto, Perlo, Priola, Garessio ed Ormea, oltre che di torri saracene, segno di un'invasione che si spinse nelle valli piemontesi tra l'VIII e l'XI secolo. Bagnasco conserva un ponte romano, Garessio merita una visita per l'antico borgo medievale, il museo geospeleologico, il Santuario mariano di Valsorda con i suoi ex voto e le acque delle numerose fonti. In inverno gli amanti degli sport invernali possono ora di nuovo sciare a Garessio 2000, una stazione che sta tentando di rilanciarsi dopo anni di difficoltà e che offre l'esperienza più unica che rara di vedere dalle sue piste il mare con il profilo della Corsica che si staglia all'orizzonte. Il dialetto che si parla a Ormea, invece, è una curiosa mescolanza di fonemi piemontesi, liguri, francesi ed arabi, eredità linguistica dovuta al passaggio dei Saraceni, un melting pot che si ritrova anche nella gastronomia: fözze (focaccine di grano saraceno), tultei (tortelli), sc-ciancui (pasta a base di patate), sono solo alcune delle specialità locali che si accompagnano con vini come lo sciac-trà. Ma tutta la vallata sta riscoprendo i propri prodotti del territorio: dai fagioli di Bagnasco, alle patate di Ormea, dalle rape bianche di Caprauna alle castagne e ai funghi garessini, dai caratteristici formaggi locali (di cui è diventato centro rinomato il piccolo paese di Casotto) alle paste di meliga di Pamparato, presidio slow food, fino al piatto più tipico: la polenta bianca di grano saraceno, da accompagnare con il tradizionale sugo di latte, porri e funghi porcini.

Il Parco naturale del Marguareis, gioiello delle Alpi Marittime

Proseguendo dopo Ormea in direzione del Colle di Nava, si raggiunge la parte più alta della valle per una strada stretta e tortuosa dal panorama mozzafiato che si dirige verso le sorgenti del Tanaro, con continui sconfinamenti tra Piemonte, Liguria e Francia: da Briga Alta alle borgate di Viozene, Carnino e Upega, con la vetta del Mongioie che sembra strappata dalle Dolomiti e incastonata nelle Alpi, a causa della sua struttura calcarea.

Da Monesi (già in provincia di Imperia) si può arrivare fino a Limone Piemonte e, ancora oltre, a Ventimiglia percorrendo a piedi o in bicicletta l'antica "Via del Sale", ex strada militare "bianca", di alta quota, che in alcune giornate è anche aperta al traffico di auto e moto (dietro pagamento di un pedaggio) e che quest'anno sta attraversando un autentico "boom" di presenze. Un altro accesso alla Via del Sale si trova nel Bosco delle Navette, presso Upega, uno dei più grandi ed interessanti lariceti delle Alpi Occidentali, il più a sud del Piemonte, che deve il suo nome all'ipotizzato uso del legname per la costruzione di navi durante il periodo napoleonico. Il bosco offre dimora a una ricca fauna di camosci, caprioli, galli forcelli e, di recente, anche lupi e rientra nel Parco Naturale del Marguareis.

Il Parco comprende i due versanti opposti dell'omonimo monte (2.651 m), la cima più elevata delle Alpi Liguri, con le due vallate del Pesio e dell'alto Tanaro, assai diverse tra loro e ricche di sentieri naturalistici attrezzati che consentono di effettuare il "gran tour del massiccio del Marguareis", con tappe nei rifugi in quota (Garelli, Mondovì, Mongioie) o di visitare un'altra certosa medioevale, quella di Chiusapesio, nelle cui vicinanze sono situati il rifugio di Pian delle Gorre e il caratteristico "Pis del Pesio" (una cascata di trenta metri). Per chi ama la natura da non perdere, a poca distanza da Pian delle Gorre, l'osservatorio faunistico e le due stazioni botaniche presso il Rifugio Garelli. Il parco ospita inoltre il più importante sistema carsico alpino del Piemonte, con oltre 150 km di grotte esplorate, che raggiungono i 1000 metri di profondità.

Per saperne di più

Per arrivare in Alta Val Tanaro:
Percorrendo l'autostrada A6 Torino-Savona si esce al casello di Ceva e si segue la SS28 in direzione di Ormea e Imperia
Con il treno si arriva fino a Ceva (linea Torino-Savona) e con un cambio si prosegue in bus fino ad Ormea.

La Certosa di Casotto fa parte del circuito delle Residenze Reali del Piemonte

Per approfondimenti sulla Certosa:

Sito della Regione Piemonte 

Sito del Comune di Garessio 

Le visite sono possibili solo tramite tour guidati. Per conoscere giorni e orari di visita e per prenotare contattare l' Ufficio turistico di Garessio:

telefono: 347 8386179 - 347 6327959 

mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

info sul sito del Comune

Per rivedere il Concerto di Ferragosto:

Sito Raiplay 

Su Piemonte Parchi:

Guida alle Alpi liguri (2011)