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Pecore, lupi e cavoli

L'indovinello è famoso: un pastore deve trasportare da una riva all'altra del fiume una pecora, un cavolo e un lupo ma con la sua barca può trasportare un solo soggetto alla volta. Come può attraversare il fiume senza farsi mangiare? L'indovinello l'espediente scelto per presentare la nuova rubrica che ospiterà storie che riguardano il ritorno del lupo in Piemonte: il suo impatto sulla pastorizia regionale, le conseguenze sull'ecosistema, l'influenza sui comportamenti umani e anche le "cavolate" - cioè le fake news - che circolano sull'argomento. Perchè da cavoli a cavolate, il passo è breve.

Lunedì, 20 Gennaio 2020
Salza di Pinerolo, un alpeggio particolarmente complicato da difendere | Foto M. Bruno Salza di Pinerolo, un alpeggio particolarmente complicato da difendere | Foto M. Bruno


Per ovvie ragioni, il nostro pastore, durante il trasporto non può lasciare incustodite su una riva né la pecora insieme al cavolo, né il lupo insieme alla pecora. Lasciamo la soluzione - d'altronde ben nota - alla fantasia e alla tradizione popolare. Perchè in realtà il richiamo serve a presentare questa nuova rubrica di Piemonte Parchi che ospiterà storie che riguardano il ritorno del lupo sugli Appennini e sulle Alpi piemontesi, il suo impatto sulla pastorizia regionale, le conseguenze sull'ecosistema, l'influenza sui comportamenti umani e anche le "cavolate" - cioè le fake news - che circolano quotidianamente sull'argomento.

Di volta in volta affronteremo tutti gli aspetti, dalla reale consistenza dei branchi alle cause del loro ritorno, dalle prede selvatiche cacciate alla pericolosità vera o presunta, dai danni accertati al patrimonio zootecnico ai sistemi di prevenzione per ridurli, da quello che conosciamo bene a quello che ancora dobbiamo approfondire. Il filo conduttore saranno le domande del lupo, cioè le 5 preoccupazioni che sempre il lupo suscita in ogni area del mondo dove ricompare: quanti sono? da dove provengono? perché sono tornati? provocano danni? sono pericolosi? (che in fin dei conti sono le 5 "W" del buon giornalista: who, when, where, which, why).

Gli autori dei vari contributi saranno ricercatori universitari, personale dei parchi piemontesi e delle ASL, pastori, allevatori, cacciatori, escursionisti e chiunque abbia una storia interessante da raccontarci. Per questo invitiamo fin d'ora chi voglia contribuire - dietro una informazione documentata sul tema lupo - a contattarci in redazione. I primi sono già pronti ed usciranno nei prossimi mesi, per gli altri c'è il tempo per confezionarli bene. Perché un unico vincolo ci siamo dati, una sola autodisciplina: basarci solamente su fonti attendibili, su numeri dimostrabili, su episodi documentati, su ricerche scientifiche consolidate, altrimenti da cavoli a cavolate il passo è breve.

Con questa regola e con questo stile dedichiamo la prima puntata ai danni subiti dagli allevatori piemontesi nel corso del 2019.

Domanda: I lupi provocano danni?
Risposta: Si. A certe conzioni.

Tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2019 in Piemonte sono stati documentati 180 episodi di predazione su animali domestici che hanno causato 333 morti di pecore o capre e 39 di bovini. I numeri e i luoghi degli attacchi sono riassunti in questo grafico grafico basato sulla banca dati ARVET (il programma ufficiale regionale della sanità pubblica veterinaria) che rappresenta gli accertamenti per eventi predatori eseguiti dai veterinari ufficiali delle ASL sul territorio piemontese nell'anno 2019.

I danni non sono equamente distribuiti sul territorio: Cuneo e Torino ne subiscono la maggior parte, anche perché ospitano la maggior parte dei 33 branchi di lupi censiti in regione (dati Life Wolf Alps 2019). Di norma i lupi non attaccano i bovini perché sono troppo grossi e soprattutto perché – al contrario delle pecore – hanno mantenuto un minimo di comportamento antipredatorio (gli adulti si dispongono fianco a fianco offrendo al predatore un muro di corna, con i giovani protetti alle loro spalle). Tutti i casi riscontrati sono stati attacchi a vitelli da poco nati o alle loro madri che per partorire si isolano dalla mandria.

Le predazioni sono accertate dalle ASL e dai loro veterinari competenti per territorio. In taluni casi non è possibile stabilire con certezza se gli assassini sono stati lupi o cani, ed è sempre consigliabile allertare al più presto possibile il 112, l'ASL, i guardiaparco, i carabinieri-forestali o la Città Metropolitana di Torino, in modo che sopralluoghi ed esami avvengano nell'immediatezza degli episodi. In ogni caso il danno viene riconosciuto e viene avviata la procedura per il rimborso.
Da qualche anno in Regione Piemonte il rimborso dei danni si basa su un sistema assicurativo (Consorzio di Difesa) i cui costi sono per la maggior parte a carico dell'allevatore, con un minimo contributo pubblico. Il Consorzio che raccoglie il maggior numero di adesioni in Piemonte è identificato nel CO.SM.AN. Il sistema, pur rappresentando al momento l'unica strada percorribile e utilizzabile dagli allevatori in caso di danni, presenta delle criticità che andrebbero analizzate e risolte, possibilmente prima della prossima stagione di monticazione. Se le difficoltà della pratica aumentano, se lo smaltimento corretto della carcassa ha un costo per il pastore, se i rimborsi sono esigui e lontani nel tempo, infatti, gli allevatori smetteranno di denunciare gli attacchi dei "canidi". Questo porterebbe a una sottostima del problema, all'ignoranza degli spostamenti dei lupi – soprattutto se nuovi – e al "fai-da-te" sia per l'interramento delle carcasse sia per la difesa dai predatori.

Come difendere il gregge

Negli ultimi 20 anni la Regione Piemonte ha visto progressivamente ridursi i danni causati dal lupo al patrimonio zootecnico e assestarsi su un numero mediobasso, pur con qualche picco episodico (grafico grafico ) soprattutto a carico di alpeggi in zone molto difficili da proteggere o di recente colonizzazione lupesca.

A fronte dell'aumento dei branchi (come ricordato, 33 accertati a fine 2019 in Piemonte) e della maggiore estensione del territorio da loro occupata, gli attacchi diminuiscono perché gli allevatori, pur affatto contenti del ritorno del lupo, sono stati costretti a mettere in atto almeno alcuni dei sistemi di difesa più efficaci. Recinzioni mobili, cani da guardiania, dissuasori, hanno tenuto lontano i predatori dalle greggi meglio difese. I lupi infatti sono animali culturali e abitudinari. Pattugliano periodicamente il proprio territorio e controllano la disponibilità e la facilità delle potenziali prede. Se ad esempio due pastori hanno pascoli contigui e uno dei due si attiva per difendere al meglio le sue pecore, vedrà quasi azzerato il proprio rischio mentre l'altro lo vedrà aumentato in proporzione, perché i lupi si rivolgeranno preferibilmente ai suoi animali.

In ogni caso il ritorno dei lupi sulle Alpi e gli Appennini piemontesi costringe i pastori a un surplus di lavoro non remunerato. Infatti se da un lato i buoni strumenti di difesa sopra elencati possono essere almeno in parte forniti dalla mano pubblica, il maggior tempo di lavoro non viene rimborsato né riconosciuto in alcun modo. E la miglior difesa, insostituibile, è sempre la presenza costante del pastore con il proprio gregge. Una stima effettuata dall'ASL TO3 indica in circa 5.000 euro l'anno il costo nascosto per un'azienda di medie dimensioni (500 capi ovicaprini) monticante in aree di presenza dei lupi.

Il ritorno del lupo costringe a riflettere anche su altri aspetti problematici della pastorizia di montagna. Secondo un'indagine effettuata dal progetto europeo Life Wolf Alps, le criticità principali denunciate dai pastori sono nell'ordine: l'aumento degli affitti degli alpeggi (obbligati ad essere messi all'asta in base ad una recente direttiva europea); la fatiscenza di molti fabbricati in quota e le difficoltà di collegamento; il prezzo di vendita dei prodotti (lana, carne, latte, formaggio), troppo basso e strozzato dalla grande distribuzione. Il lupo è il quarto problema ma balza spesso al primo posto per due ragioni: da un lato, come detto, provoca un incremento di lavoro non più sostenibile da una produzione già al limite della sopravvivenza (la classica "goccia che fa traboccare il vaso"); dall'alto possiede molto più appeal degli altri fattori nel nostro immaginario collettivo, e usando lui è più facile richiamare l'attenzione dei mass media e dell'opinione pubblica, per difendere giustamente gli interessi di una categoria importante ma spesso poco conosciuta.

A cura di Luca Giunti (guardiaparco AP Alpi Cozie) e Mauro Bruno (veterinario ASL TO3).

 

Per saperne di più: 'Occhio, il lupo è tornato', numero speciale di Piemonte Parchi