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Made in Marittime

Allevatori, birrai, apicultori, coltivatori di patate: sono alcuni degli attori che il Parco Naturale delle Alpi Marittime unisce nel progetto di filiera corta che si propone di consolidare i rapporti tra produttori e ristoratori

  • Cati Caballo
  • ottobre 2010
  • Giovedì, 2 Settembre 2010

Partiamo alla ricerca di un imprenditore agricolo "ordinario", che dovrà dunque disporre di quei capitali e di quelle capacità organizzative di cui un imprenditore deve essere in possesso per svolgere "normalmente" la sua attività. Portiamolo in queste valli. Vogliamo esagerare? Portiamolo nel cuore del Parco, in Valle Gesso.
Facciamogli attraversare la piana di Valdieri, prendiamo per Entracque, mostriamogli la zona di Santa Lucia e accompagnamolo nel Sabbione. Ripetiamo le salite nei valloni vicini: Moncolombo, Isterpis, Valle della Rovina. Il giorno dopo saliamo con lui a Desertetto, portiamolo a Sant'Anna e nella Meris, accompagnamolo fino a Terme e oltre, e poi ancora al Pian del Valasco.
Adesso guardiamolo dritto negli occhi e chiediamogli dove immagina di installare la sua nuova azienda agricola. Risultato: fuga a gambe levate e cancellazione immediata di ogni possibilità di rimettersi in contatto con lui. Potevamo immaginare una fine diversa per il nostro tour?
Ricordiamoci di quello che gli abbiamo messo sotto gli occhi: un fondovalle stretto, che solo qua e là concede un po' di respiro, terreni sottili e pietrosi, versanti scoscesi appena sfiorati da quei ghiacciai che altrove, nel lontanissimo passato, hanno lavorato come un bulldozer, modellando ampi pianori anche alle quote più elevate.
Gli abbiamo fatto calpestare la neve a metà giugno e non gli abbiamo nascosto che a fine settembre avrebbe potuto riprovare l'esperienza. Conclusione: questa non è terra per imprenditori "ordinari". Ci vuole gente speciale, da queste parti.
Non particolarmente dotata, ma abile o combattiva.
Semplicemente speciale.
È il caso, già noto a molti, dei due allevatori di Palanfrè, Alberto e Michelino Giordano (stesso cognome per due famiglie ben distinte, retaggio di epoche in cui i matrimoni venivano celebrati di preferenza tra persone dello stesso vallone...). Smessa la pratica del trasferimento stagionale delle loro mandrie dalla pianura alla montagna per stabilirsi definitivamente in quota, a un passo dall'alpe che frequentano in estate, gli uni allevano bovini da carne crescendoli a erba e fieno, gli altri fabbricano il nostrale, da sempre, affiancandolo a prodotti "nuovi" come la mozzarella e lo yogurt.
È il caso del mastro birraio del Troll, che, allo sbocco del Vallon Grande, oltre a produrre una decina di birre diverse, le ha sapute coniugare con i formaggi fatti alla testata della valle, stabilendo così un vero e proprio primato: aver messo insieme sul posto, quando ancora non era così di moda parlare di filiere corte e locali, due produttori e un ristoratore che valorizzasse un connubio molto particolare.
È ancora il caso dei pastori della Vagliotta, della Meris o di Pontebernardo, che, spesso custodi di razze in via di estinzione come la roaschina e la sambucana, trasformano il latte di pecora e di capra in tome molto richieste. In questo ambito particolare è stato un vero peccato perdere la produzione di pecorino e ricotta del pastore sardo del Lago della Rovina, ritiratosi dall'attività per un meritato riposo alla fine di una carriera lunga e dura.
Ma parliamo anche di apicoltori. I loro alveari, ben distribuiti in tutte e tre le valli del Parco (ad esempio quelli di Gemma in Valle Stura, quelli di Fabio, Simone, Franco e Frank in Valle Gesso, quelli di Giuseppe in Valle Vermenagna), sono i più efficienti nel mettere a frutto la biodiversità vegetale del territorio protetto. Le api spaziano dai prati del fondovalle ai castagneti, dai tigli alle abetine, fino a raggiungere le praterie alpine e le macchie di rododendro, con il quale fabbricano quel "burro" opalino e delicato, capace di attrarre a sé anche i pochi che proprio non riescono ad appassionarsi al miele.
E che dire dei produttori di patate, ortaggi e piccoli frutti? Nel fondovalle campi estesi si alternano a piccoli appezzamenti, poco più di un orto familiare, talvolta in lizza con il bosco per un po' di spazio aperto. Nel rigoroso rispetto della stagionalità il Gruppo Produttori Patata d'Entracque e molti altri che li affiancano portano nelle case tuberi consistenti, saporiti e serbevoli, verdure freschissime, mirtilli e lamponi gustosi e colorati.
In questo scenario, indubbiamente ristretto ma ricco di diversità, il Parco e l'Associazione Ecoturismo in Marittime hanno dato il via a un progetto di filiera corta che si propone di consolidare i rapporti già esistenti, ma talvolta precari o problematici, tra produttori e ristoratori, per creare quella rete di relazioni che può far la differenza tra un territorio ordinario e un territorio speciale perché vitale, coeso e capace di trasmettere un'idea unitaria di sé.
I diversi soggetti chiamati a collaborare al progetto provano a lavorare l'uno con l'altro, in assenza di soglie di prestazione troppo selettive, nella convinzione che ciò che conta è la qualità complessiva del posto in cui si vive. È un percorso in cui ci si conosce e ci s'incontra su qualità dei prodotti, prezzi, tempi e modalità di scambio, lungo il quale, nel tempo, ogni anello di questa particolare "catena alimentare" potrebbe trovare la giusta valorizzazione.
"Made in Marittime", opuscolo pensato per illustrare questa forma di collaborazione, raggruppa gli agricoltori e i ristoratori che fin dall'inizio hanno voluto "metterci la faccia". Un primo tentativo di farsi avanti non come singole unità, ma come filiera coordinata e integrata, il primo segno di un ideale, astratto quanto si vuole, ma che sta facendo da guida a tante piccole iniziative molto concrete.
A questo progetto, imperniato più sugli imprenditori che non sui prodotti, si affianca un'azione di valorizzazione di due produzioni tradizionali, la lavanda e la segale. Da un po' di tempo il Parco promuove la coltivazione della lavanda; da un paio di anni a questa parte garantisce il suo sostegno alla distillazione dell'olio essenziale, attività un tempo ben radicata in Valdieri, e si fa carico della vendita presso le sue strutture dell'essenza e di oggettistica confezionata a partire dal fiore essiccato. La coltura della segale è stata indirizzata, proprio come in passato, sia verso la produzione di paglia per la ricostruzione dei manti di copertura delle abitazioni, sia verso la granella; fino a oggi questa è stata impiegata solo nella fabbricazione della versione rossa della birra Blangìer; ma con un altro piccolo sforzo imprenditoriale potrebbe diventare la materia prima d'elezione per la produzione del "nostro" pane di segale.
Scoperte, riscoperte, successi e fallimenti ci stanno indicando, poco per volta, le potenzialità innovative di soggetti così tradizionali.

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