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Aree protette, missione biodiversità

La Direttiva Biodiversità 2021 impone alle Aree protette nazionali di incrementare le azioni di conservazione, anche per contribuire alla ripresa economica, trasformando le problematiche climatiche e le sfide ambientali in opportunità, come previsto dal Green Deal europeo. Tra gli obiettivi sono prioritari la tutela degli insetti impollinatori e il monitoraggio dei coralli.

  • Nadia Faure
  • Aprile 2021
  • Giovedì, 29 Aprile 2021
Foto Pixabay Foto Pixabay

Il Ministro della Transizione Ecologica ha firmato la Direttiva Biodiversità 2021  che indirizza le attività dirette alla conservazione della biodiversità dei Parchi nazionali, indicando tra le priorità l'arresto e inversione del declino degli insetti impollinatori.

Si tratta di un problema globale, che ha colpito molti Paesi dell'Unione Europea - compresa l'Italia - e che è anche uno degli obiettivi della nuova Strategia per la biodiversità dell'Unione Europea per il 2030  e uno degli impegni prioritari del Piano UE per il ripristino della natura.

Nel testo di introduzione, il Ministro ribadisce la fondamentale importanza della conservazione e protezione della biodiversità ormai acclarata e enfatizzata dalla pandemia da SARS-CoV-2, ancora in corso: "la pandemia in atto ci ha fatto prendere coscienza dello stretto legame che esiste tra la nostra salute e la salute degli ecosistemi" osserva infatti la Direttiva.

Le Aree protette nella difesa della biodiversità

Assicurare e ripristinare il fragile equilibrio degli ecosistemi è urgente ed è condizione essenziale per la nostra resilienza di fronte al rischio di insorgenza e diffusione di nuove e future malattie infettive. La perdita di Biodiversità dovuta al consumo di suolo, allo sfruttamento eccessivo delle risorse del mare, ai cambiamenti climatici, all'inquinamento e all'arrivo di specie esotiche invasive ci fa capire quanto sia in pericolo il nostro ambiente di vita. 

L'impoverimento delle risorse naturali nonché il costante aumento di specie a rischio estinzione (la fauna selvatica del pianeta negli ultimi 40 anni è diminuita del 60% a causa delle attività umane e quasi i tre quarti della superficie terrestre hanno subìto alterazioni per siccità, inondazioni e incendi) rafforza il ruolo delle Aree protette nazionali che dal 2012 (a 19 anni dalla legge quadro dei Parchi 395/1991 e a 2 anni dall'approvazione della strategia nazionale della biodiversità) hanno incrementato le proprie azioni di conservazione attraverso specifiche direttive ministeriali annuali.

Il Ministero della Transizione Ecologica, con la "Direttiva annuale agli enti parco nazionali e alle aree marine protette" individua gli obiettivi comuni a tutte le Aree protette di miglioramento della performance, mettendo a sistema le conoscenze maturate. Tutte le azioni sviluppate fino ad oggi hanno raggiunto risultati conoscitivi importanti ma richiedono un consolidamento attraverso nuove attività di monitoraggio con obiettivi che rispondano al metodo S.M.A.R.T. (ossia obiettivi espliciti, misurabili, raggiungibili, rilevanti e circoscritti nel tempo) e che siano in linea con le norme nazionali e comunitarie. Tra queste ultime vi sono - a livello italiano - la Strategia nazionale per la Biodiversità 2011-2020, la Strategia Nazionale 2030 (in corso di redazione), mentre - a livello europeo - le Direttive "Habitat" e "Uccelli", la Strategia "Farm to Fork" (dal produttore al consumatore) e la già citata Strategia UE per la Biodiversità 2030.

 

 

Conoscere per agire: l'importanza del monitoraggio 

Gli studi effettuati dal 2012 hanno evidenziato che è fondamentale continuare a promuovere innovative attività di monitoraggio sulla biodiversità con metodo scientifico rigoroso, associato a un buon disegno campionario e con metodologie comuni fra le stesse tipologie di aree protette.

Le Direttive 2019 e 2020 (quest'ultima limitata nella sua attuazione dalla pandemia) hanno imposto di affrontare il problema del declino degli insetti impollinatori e di attuare le misure previste per ridurre l'uso di prodotti fitosanitari e i relativi rischi nelle aree protette (DM 22.01.2014 e DM 10.03.2015). Da ottobre 2020 è disponibile la proposta di schema europeo di monitoraggio degli impollinatori, recepita negli indirizzi tecnico-scientifici messi a disposizione degli Enti Parco da ISPRA e dall'Università di Torino, che hanno un ruolo di coordinatori.

Secondo tale schema europeo, nel 2021 i Parchi nazionali dovranno proseguire il monitoraggio degli apodei selvatici (le api), dei lepidotteri diurni e notturni (farfalle e falene) e dei sirfidi (vespe o bombi) approfondendo la conoscenza delle cause del loro declino, a partire dalla diminuzione degli habitat e dagli impatti dei prodotti di sintesi utilizzati in agricoltura, con mappatura delle minacce e definizione di strategie di difesa. Dovranno inoltre individuare e proporre un'azione di sistema tra Parchi della stessa eco-regione o un'azione di sistema trasversale tra parchi di eco-regioni differenti. La scadenza di presentazione della relazione finale e della documentazione di rendiconto della Direttiva 2021 è fissata al 31 dicembre 2022.

Anche per le Aree marine protette la Direttiva 2021 prevede la prosecuzione delle attività di raccolta dati già programmate dalle precedenti direttive al fine di aumentare la conoscenza e avviare l'attività di monitoraggio dell'Habitat coralligeno stimandone il il disvalore economico generato dall'impatto delle attività di pesca, con relazione finale e rendiconto entro il 31 ottobre 2022.

In Italia esistono 871 Aree protette, di cui 24 Parchi nazionali, 32 Aree Marine Protette, due parchi sommersi ed il Santuario internazionale dei mammiferi marini, per un totale di oltre 3 milioni di ettari tutelati a terra, circa 2 milioni e 850 mila ettari a mare e 658 chilometri di coste.

 

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