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I Dinosauri della Gardetta

Nello stupendo anfiteatro naturale degli altipiani tra Stura e Maira, un misterioso rettile estinto milioni di anni fa ha lasciato le tracce del suo passaggio

  • Aldo Molino
  • novembre 2015
  • Giovedì, 12 Novembre 2015
le orme del dinosauro foto A.Molino le orme del dinosauro foto A.Molino

L'altopiano della Gardetta è un'area alpina di alta quota compresa tra la Val Maira e la Valle Stura di Demonte di grande interesse ambientale e naturalistico. Terrazzi pascolivi si alternano con la verticalità delle montagne circostanti: su tutte Rocca La Meja situata quasi al centro del grande anfiteatro. A discapito del suo aspetto di inaccessibile, presenta una via normale di salita che seppure non banale non presenta difficoltà insormontabili. Tra i tesori botanici di quest'area va sicuramente ricordata la Berardia subacaulis, raro endemismo delle Alpi meridionali, una composita che colonizza macereti e ghiaioni calcarei, relitto floristico risalente all'epoca terziaria che è riuscita a superare in poche isole rifugio le ere glaciali. Il migliore punto di appoggio per approfondire la conoscenza di tutta la zona è rappresentato dal Rifugio della Gardetta situato poco a valle dell'omonimo colle e raggiungibile mediante due strade ex militari (la viabilità è regolamentata ) che vi salgono rispettivamente da Canosio per il Vallone del Preit, e da Acceglio per Chialvetta e Pratorotondo. Nelle tiepide notte estive senza luna il luogo, lontano dai bagliori delle luci cittadine, è luogo ideale per ammirare le stelle e compiere osservazioni astronomiche. Dal punto di vista geologico, la Gardetta è un autentico palinsesto un rompicapo che ha impegnato duramente gli studiosi. Nel 2001, in seguito alla tesi di laurea del geologo Enrico Collo e grazie all'interessamento del prof. Piazza dell'Università di Genova l'Altopiano della Gardetta è stato inserito per l'eccezionalità dei suoi affioramenti, nella lista dei Patrimoni geologici Italiani. Difficile comunque immaginare che quassù 300 milioni di anni fa ci fosse un mare caldo e basso con coste desertiche e uadi che si attivavano periodicamente nel corso delle rare ma abbondanti precipitazioni. Un paesaggio molto simile probabilmente a quello attuale delle coste del mar Rosso. Come ci vuole fantasia a immaginare grandi rettili correre sulla battigia alla caccia di frutti di mare e di echinodermi. Eppure tutto questo è accaduto realmente come ha dimostrato il ritrovamento avvenuto all'inizio dell'anno 2008 su una serie di strati rocciosi inclinati e in via di rapida erosione, rappresentanti un'antica piana di marea, ambiente di transizione fra il mare e la terra emersa, di strane impronte fossili. A fare la scoperta furono proprio Michele Piazza ed Enrico Collo. I ritrovamenti furono confermati e classificati nel 2009 dal dottor Heinz Furrer del Museo Paleontologico di Zurigo) come impronte di ticinosuco (Ticinosuchus ferox) un rettile antesignano dei dinosauri, che visse nel Triassico medio (circa 235 milioni di anni fa), e i cui resti fossili erano già stati rinvenuti in Svizzera nel famoso del giacimento di Besano / Monte San Giorgio località quest'ultima da annoverare tra i più importanti giacimenti del Triassico Medio, (un'epoca geologica compresa tra 247 e 237 milioni di anni fa.). I fossili di questa montagna, noti per la loro varietà e per l'eccezionale stato di conservazione hanno determinato il riconoscimento internazionale di questo giacimento che è stato inserito nella Lista del Patrimonio mondiale dell'UNESCO, nel 2003 per il versante svizzero e nel 2010 per quello italiano.
Il Ticinosuchus era un rettile di dimensioni medie lungo circa due metri e mezzo simile a un coccodrillo ma alto sulle zampe e con una testa squadrata lunghezza totale era di circa 2,5 metri. Il dorso era corazzato grazie a una doppia fila di placche ossee (osteodermi) dalla forma pentagonale poste direttamente sopra la colonna vertebrale.
Orme di dinosauro sono state scoperte un po'dovunque, in Italia molto note sono quelle di Arco (Trentino) o di Altamura (Puglia) ma piuttosto rare nelle Alpi occidentali.

L'affioramento, la cui ubicazione volutamente non è pubblicizzata più del dovuto, viene monitorato e fotografato costantemente per documentarne l'evoluzione legata agli strati in frana e alle condizioni climatiche invernali. Infatti alcune delle prime impronte hanno risentito dell'azione del gelo-disgelo e sono scomparse, ma nel frattempo se ne sono scoperte di nuove.
Nella buona stagione vengono organizzate delle visite guidate che permettono di toccare con mano le tracce di quel mondo remoto e di visitare il museo allestito a Marmora. L'incontro con le impronte potrebbe anche deludere. Infatti come accade anche per le incisioni rupestri non sempre sono facilmente visibili e individuabili: dipende tutto dalla luce, la migliore è quella radente.

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