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Natura e cultura, meglio della "finscion"

  • Carlo Grande
  • dicembre 2012
  • Domenica, 30 Dicembre 2012

Nel mare dei clic e della virtualità, arrivano una ragazzina di 15 anni che con il "fidanzatino" (ah, questi diminutivi!) assolda un killer per far ammazzare l'amichetta di 14 che ha sparlato di lei su Facebook; e un adolescente che si uccide perché hanno deriso il suo "profilo" (non quello reale, quello di Facebook) effemminato. La realtà irrompe, vince sempre lei, alla fine. Prima o poi ce ne accorgiamo tutti, anche noi scrittori: l'altro giorno ho invitato 138.886 amici di Facebook a una mia presentazione e non è venuto nessuno. Ben mi sta. Spero almeno fossero tutti a casa a leggere i miei libri. La realtà (non i reality, non la "finscion" come diceva mia nonna) va difesa. Contro l'imperio del "commerciale", delle merci, dello storytelling, della chiacchiera vuota: la realtà virtuale è solo virtuale, mentre un libro, ad esempio - lo dicevo proprio all'inizio di questa rubrica parlando di carta e di librerie Billy in via di estinzione - è molto di più che un semplice oggetto: è un modo di vivere. Significa mettersi calmi e comodi, in silenzio e da soli, lasciare che fantasia e onde cerebrali fluiscano tranquillamente. Il libro, dicevo, non ha bisogno di corrente, di cavi per connettersi, di batterie, è un "dispositivo di conoscenza bio-ottico" portatile, compatto, non si blocca mai, ogni pagina scansita dall'occhio è trasmessa direttamente al cervello... Nel libro puoi integrare milioni di notizie provenienti direttamente dal tuo cervello, con un semplice strumento, detto matita. Insomma, è un invito alla quiete, ad approfondire, a non "surfare", a non essere superficiali. Le parole sono pietre, diceva Nanni Moretti e dava uno schiaffo alla giornalista che non parlava come mangiava. Il solito snob. Ma aveva ragione: il potere è fatto così: "Non mente mai tanto - diceva Ceronetti - come quando cerca di rassicurarci. Per questo quando sento "Non c'è problema" o "Tranquillo" comincio ad agitarmi. Oggi ci sottraggono i diritti fondamentali, come quello alla cultura e alla natura, che vanno difese. Entrambe. Bisogna rispettare la natura, spesso ha leggi migliori delle nostre. Spesso va di moda scimmiottarla, fare i fenomeni. Come tanti pseudo artisti "ecologici", strapieni di sé che ruotano sulla giostra dell'arte contemporanea. Eventi, installazioni, drink, colpi di genio> e poi? Se le cantano e se le suonano da soli. "Autoreferenziali". E' vero, ogni generazione pensa di scoprire il mondo e di reinventarlo, di cambiarlo. E' giusto. Ma sarebbe ora, adesso che c'è la crisi e che circolano meno soldi, di dire finalmente che il re è nudo. E di affrontare il mondo con umiltà, con passione, con amore per il dettaglio e per la profondità. Siamo come quell'orso bruno a Montrose, in California, che se ne andava a spasso con la prole lungo la freeway 210. La gente gli gettava il bacon e lui poveretto lo mangiava come tanti altri animali selvatici ai piedi dei monti San Gabriel, a nordest di Los Angeles, in cerca di acqua e di cibo nella spazzatura lasciata dai residenti. Di ben altro avremmo bisogno, non accontentiamoci. La nostra natura non è vivere come bruti, da eterni "consumatori". La nostra natura è vivere con dignità, come chiedono tanti giovani oggi. E la natura – come tantissimi giovani - sa quasi sempre, se glielo consentono, cos'è meglio fare.

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