Stampa questa pagina

Restiamo umani, please

  • dicembre 2011
  • Lunedì, 5 Dicembre 2011


Stare attenti anche alle cose minime, come faceva il Marcovaldo di Calvino, cui è dedicata questa rubrica: si stupiva anche di un fungo alla fermata del tram, di una pianta o di un viale che soffrono, perché spesso dietro alle minuzie si nasconde l'essenziale. Dio sta nei dettagli, dicono, come il diavolo: tutti lì dietro... Come la spia dell'olio sul cruscotto: luce minuscola, ma simboleggia un grosso guaio; se non ci badi fondi il motore. Cristina Movalli, brava biologa che lavora nel bellissimo parco della Valgrande (area di wilderness unica, con un bravo direttore e un "angelo custode" colonnello della forestale che e adora la natura e i libri) mi ha raccontato una cosa toccante. Con una famiglia, un giorno, hanno acceso un fuoco e un ragazzino ha detto che non l'aveva mai visto: 14 anni e non aveva mai visto le fiamme, simbolo di civiltà. Il gas in cucina o l'accendino non sono la stessa cosa. Ebbene, dicono di bambini che invitati a disegnare un pesce riproducono i rettangoli dei bastoncini di merluzzo, di altri per i quali i polli "sono quegli animali che in campagna girano vestiti" (e non nudi al supermarket)... Qualcosa non funziona. La vita vera scorre "schermata" da cellulari, computer, televisori; sotto cumuli di oggetti e cose vacue. Gli amici veri, di cui ci fidiamo - dice un antropologo di Oxford – al netto di quelli di Facebook sono sempre meno: solo un paio. Un bravissimo psicoterapeuta, Luigi Zoja (è appena uscito il suo "Paranoia", Bollati Boringhieri) segnala che sempre più persone soffrono di "deprivazione sensoriale", di "carestia di umano". Restiamo umani, dunque. Pratichiamo l'ecologia mentale, diamo retta ai sensi e all'essenziale, non solo alle chiacchiere. Fra le nuove generazioni c'è un movimento cultural-letterario detto TQ (Trenta-Quarantenni) che rivendica più peso nel mondo del lavoro e della cultura. Giusto. Dicono: "I nostri padri o fratelli maggiori hanno più potere, ma valgono molto meno di noi". Sicuri? Chiedono un dibattito culturale "non snobistico, non autoreferenziale, non elitario o velleitario", per superare la "linea d'ombra". Bene. Vogliono riparlare di "impegno", per non restare afasici, chiusi nel privato. D'accordo. Io, al contrario di Goering e Goebbels, quando sento parlare di armi metto mano alla cultura. Ma le barricate generazionali - vorrei scrivere loro - non hanno senso: "Cari TQ, qui è un CS che vi parla (lo so, sembra un dialogo fra astronavi in galassie diverse e forse lo è), sono un Cinquanta-Sessantenne che ha fatto "downshifting", ha lasciato metà del lavoro (e dello stipendio) a favore dei più giovani. Mi sono auto-rottamato ma non mi sento affatto un rottame". La spaccatura generazionale è perniciosa, come lo spirito gruppettaro. E' questione di teste, non solo di età. Nel troppo che ci circonda c'è anche l'eccesso di parole, la superficialità, il "surfare" e lo "storytelling" che dominano politica e pubblicità, il narcisismo. La cultura italiota è spesso supponente, schiava del "bello scrivere". La vera forza, diceva Simone Weil, non ha bisogno di essere esibita. Come canta Ivano Fossati nel nuovo disco: "Tutta la gente sogna/di cavalcare il temporale/ quello che basta alla vita/ è acqua e sale". Cioè: la parola, insieme agli elementi naturali - fuoco, acqua, aria, terra - è vitale. E' solo vento, ma può spingere la barca dell'esistenza. Purché sia pulita e non "bastarda", senza padre né madre, senza responsabilità e gesti concreti che la sostengono.

Potrebbe interessarti anche...

Un mese molto rosso e con molto cuore: ci fa pensare a Fenoglio, al vino, alla vendemmia. Ma nei ...
A metà fra l'estate e l'autunno, si rientra. In queste settimane anche i salmoni ad affascinanti ...
Prima di arrivare in spiaggia tocca fare chilometri nel solleone. Sembra l'esodo degli gnu e di m ...
E' arrivato il caldo che porta con sé gli animali dell'estate. Raccontati da musica e letteratur ...