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Noi nel Grande Freddo, sognando le balene

Mentre qui è inverno centinaia di esemplari di Balena Franca Australe lasciano la Patagonia per l'Antartide

  • di Carlo Grande
  • gennaio 2014
  • Giovedì, 20 Marzo 2014

Ecco il grande freddo, ecco i giorni della merla - gli ultimi tre di gennaio - tanto gelidi, dice la tradizione, che per ripararsi una merla si rifugiò con la prole in un camino, tingendo di nero le sue piume, allora bianche. Gli animali che non dormono nelle tane tirano avanti in cerca di riparo e di cibo, sono "gli affamati nella neve" che evocano immagini alla Rigoni Stern: descrive una coppia di caprioli, il maschio "Scintelar Seipunte" e la femmina Gretel, che "Quando vengono la neve e il silenzio dell'inverno cercano i germogli del salicone, i frutti della rosa canina e i rami teneri dell'abete". Gli stambecchi, specialmente quelli oltre i nove anni, sono sfiniti e stanchi, non grattano più neanche la neve per mangiare sotto. Vanno solo in cerca di quel che trovano scoperto.

Alle nostre latitudini il mondo è semiassiderato, ma possiamo sognare (ogni tanto non guasta) l'estate della primavera australe, un altrove che intiepidisca i nostri sogni: in queste settimane centinaia di esemplari di Balena Franca Australe lasciano la Penisola di Valdez, in Patagonia e si dirigono con i piccoli verso gli immensi spazi dell'Antartide, dove troveranno abbondanza di nutrimento, il famoso krill. Ora è piena estate, laggiù, la natura esibisce una magnificenza che scalda il cuore: la Penisola di Valdez è uno strabiliante santuario naturale, una meravigliosa "nursery" nella quale è molto facile vedere i cetacei nuotare, sbuffare, saltare a pelo d'acqua. Ho visto con i miei occhi una balena madre battere la pinna sull'acqua per richiamare il piccolo. Anche il signore vicino a me, un tipo compassato e fino ad allora un po' annoiato, ha alzato il sopracciglio.

Le balene giungono a Valdez d'inverno, ogni anno, per partorire nelle correnti temperate che toccano il Brasile; in primavera nascono i balenotteri e dopo altri tre mesi (ora, appunto) migrano a Sud. Avvistarle è commovente, ripensare alle balene della Patagonia ridona speranza nella forza della vita, che è come l'energia che anima uno scrittore: muore e rinasce incessantemente, come disse la Yourcenar. La balena ci ricorda la libertà, la tenacia e il viaggio, cose che noi poveri Achab o Brandano (il santo navigatore che scambiò il dorso di un cetaceo per un'isola, ci accese un fuoco e i frati finirono in acqua, quando l'animale si immerse) continuiamo a perseguire. La balena madre è un buon viatico, per l'anno appena arrivato.

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