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L'autunno che ci aspetta

L'estate appena conclusa è stata fra le più calde e secche di sempre. Le poche e brevi precipitazioni non hanno mutato un quadro generale drammatico, con il Fiume Po e gli altri grandi corsi d'acqua piemontesi che hanno assunto l'aspetto di fiumare, ma allo stesso tempo non sono mancati eventi climatici estremi, come quello che ha investito il Parco La Mandria lo scorso 1 luglio. 
Abbiamo chiesto al meteorologo Daniele Cat Berro di approfondire le implicazioni del cambiamento climatico in atto.

  • Laura Succi
  • Settembre 2022
  • Mercoledì, 2 Novembre 2022
Siccità in un campo di mais - Foto Pixabay Siccità in un campo di mais - Foto Pixabay

Il 2022 è un anno che sta mostrando caratteri inediti di caldo e di siccità in Italia e in particolare nel Settentrione, con gravi ripercussioni sugli ecosistemi naturali, sull'economia e sul benessere umano. Il Nord-Ovest e soprattutto l'area intorno a Torino sono tra le zone italiane più penalizzate sia dalla siccità che dal caldo anomalo in relazione ai valori medi. In 220 anni di misurazioni parallele di temperatura e precipitazioni, infatti, non si era mai registrata la combinazione di caldo e siccità degli ultimi nove mesi, da dicembre 2021 ad agosto 2022.

La crisi climatica in cifre

Daniele Cat Berro, meteorologo di Nimbus, portale sul clima della Società Meteorologica Italiana, ha pieno titolo per inquadrare la situazione: "In questo momento in Piemonte, secondo le rilevazioni dell'Arpa, manca all'appello il 46% della pioggia che normalmente cade da gennaio a metà settembre. Siamo praticamente alla metà, una mancanza importante e sconvolgente. Ora alcune piogge sono arrivate ma non pensiamo con leggerezza che le prospettive siano buone. Torino è una città tra le più colpite dall'anomalia negativa di precipitazioni, una zona dove è piovuto veramente poco, esclusa dai temporali estivi che altrove, per quanto sparsi e irregolari e talora rovinosi, hanno dato un maggiore contributo: dal 1° dicembre 2021 al 31 agosto 2022 il pluviometro ARPA Piemonte di via della Consolata, riferimento per la serie storica del centro-città, ha raccolto appena 182 mm di acqua, tra pioggia e neve fusa, che costituisce il 28% della media 1991-2020 e il minimo, per il periodo dicembre-agosto, mai registrato dal 1802".

"La rilevazione di Torino è emblematica della realtà particolarissima che ha riguardato tutta la fascia del Po di pianura che per coincidenza collima con le Aree protette del Po piemontese, quindi ha interessato il tratto di fiume che va dal confine con il cuneese, le colline del Po, e poi la piana più a valle che si estende fino alla Lombardia" prosegue Cat Berro. "Già da sola la mancanza di pioggia in quelle proporzioni è un evento di portata plurisecolare ma a questo fattore si è anche sommata l'aggravante del caldo, perché a parità di pioggia caduta, o per meglio dire non caduta, ha inciso in negativo l'evaporazione. Il fatto è eccezionale già solo prendendo separatamente i dati di temperature e precipitazioni, figuriamoci quelli dei due fattori combinati insieme".

Sempre più fenomeni estremi, sempre meno riserve d'acqua

Gli episodi meteorologici anomali che si inseriscono nella stessa cornice sono sempre più frequenti. "A Moncalieri il 30 agosto c'è stato un nubifragio tra i più intensi, se non il più intenso, di oltre un secolo, seppure concentrato in un'ora, con 70 mm di precipitazione. Nei prossimi mesi altra pioggia è attesa, ma in modo irregolare. Il fatto è che ci vuole tempo affinché le riserve idriche si ripristinino: una stagione così secca non si risolve in pochi giorni e, se accade, è un guaio perché è possibile che si verifichino alluvioni. Gli scenari climatici futuri, elaborati dai modelli di simulazione del clima al calcolatore, indicano che situazioni di questo tipo diventeranno sempre più frequenti. Per fare un esempio legato alle temperature, quest'estate ha sostanzialmente eguagliato quella del 2003, che finora era considerata completamente fuori dall'ordinario, spiegabile solo considerando un'atmosfera alterata dall'aumento dei gas serra di origine umana, visto che non si sarebbe assolutamente verificata in un'atmosfera normale. Quindi attenzione: se non si ridurranno efficacemente le emissioni serra, eventi che avevano una ricorrenza plurimillenaria saranno sempre più ravvicinati. Il fatto che si sia ripetuto quest'anno, dopo soli 19 anni, l'episodio del 2003, è qualche cosa di sbalorditivo; magari la prossima volta capiterà tra 10 anni, poi tra tre, due, e nella seconda metà di questo secolo diventerà normale. In questo momento storico piogge e siccità hanno un andamento irregolare. La quantità totale di pioggia che cade in un anno sul nostro territorio non sembra sia sostanzialmente variata, sembra però cambiato il modo in cui piove: diminuisce il numero di giorni di pioggia e la stessa quantità d'acqua si concentra in periodi più brevi e scende con un'intensità maggiore. C'è quindi un doppio aspetto: il primo è che la pioggia quando cade tutta insieme è meno efficace da un punto di vista degli ecosistemi, corre via senza penetrare nel terreno e nelle falde acquifere e tra l'altro ci espone a rischi alluvionali; il secondo aspetto è che l'allungamento della durata media dei periodi secchi ha un grande impatto sulla vita, sugli ecosistemi e sull'ambiente, a maggior ragione se fa più caldo" coclude Cat Berro.

E che dire della correlazione dei fatti esposti con le falde acquifere? Si sente dire che basta scavare pozzi più profondi per trovare, comunque, l'acqua. L'illusione che la tecnologia risolva sempre tutto rischia di diventare un alibi per rimandare la vera risoluzione dei problemi. Inoltre occorre tener conto di un altro fattore che incide in maniera decisiva al di là della siccità in sé: le riserve di acqua profonda beneficiano soprattutto della fusione lenta della neve, ma il manto nevoso sulle Alpi è sempre meno abbondante e - soprattutto quest'anno - il contributo della fusione è stato marginale, data l'eccezionale esiguità dell'innevamento.

Detto questo, in Piemonte, tra gli affluenti del Po che hanno sofferto di meno c'è la Dora Baltea. Ma è tutto meno che una buona notizia, spiega ancora Cat Berro: "La Valle d'Aosta è la regione con più ghiacciai in Italia per cui la Dora Baltea è il corso d'acqua che ha la maggior porzione di bacino glaciale, motivo per cui le sue acque sono rimaste abbondanti. Ma proprio qui sta il baco: perché è un patrimonio che si sta depauperando. In una sola estate calda come questa abbiamo perso a occhio e croce il 10% dell'intero volume di ghiaccio delle Alpi, che si era formato durante millenni. La grande fusione è un beneficio immediato per i fiumi che hanno origine glaciale, ma è anche un monito per il futuro. In un domani fin troppo prossimo, se la neve fonderà molto presto in primavera, come è avvenuto quest'anno, verrà via via a mancare il contributo estivo di fusione da parte della copertura glaciale sempre più ridotta. A tutto questo aggiungiamo poi che gli scenari climatici ci dicono che nel Mediterraneo, soprattutto, ma anche qui da noi nella Pianura Padana, l'estate sarà in media sempre meno piovosa in futuro. Meno pioggia e la fusione anticipata, causeranno una sorta di 'appenninizzazione' delle Alpi. Col tempo, in assenza di adeguate politiche climatiche, le nostre montagne somiglieranno sempre di più alla catena nordafricana dell'Atlante. Il nostro territorio potrebbe diventare, nella seconda metà di questo secolo, una sorta di Medio Oriente o Nord Africa. Oggi può sembrare una cosa assurda ma stiamo parlando, in assenza di riduzione di gas serra, di un aumento medio di 5°C e questo porta a queste conclusioni. Sarà come trasferirsi ad abitare più a sud di 1.500 chilometri!".

Riscaldamento, gli effetti sui corsi d'acqua

I corsi d'acqua e gli ecosistemi acquatici in generale sono particolarmente sensibili al fenomeno del riscaldamento globale. In un articolo recentemente pubblicato su Nature Italy, Stefano Fenoglio, professore di zoologia e idrobiologia all'Università di Torino e fondatore di Alpstream, un centro di ricerca per lo studio dei fiumi alpini, spiega che il regime fluviale del Nord Italia sta subendo un processo di "mediterraneizzazione" a causa delle temperature più elevate. I fiumi sono sempre più intermittenti, ovvero l'acqua può scomparire dall'alveo per molti mesi. Tra le conseguenze vi è l'impoverimento della biodiversità fluviale che, a sua volta, porta a un crollo della funzionalità del fiume. "L'acqua si scalda tantissimo, scompare l'ossigeno e quindi è uno stress ambientale enorme", spiega Fenoglio. "I primi a scomparire sono gli animali con un ciclo di vita molto lungo. Se ogni sei mesi c'è una secca e l'acqua scompare, questi animali non sopravvivono perché hanno bisogno di più tempo per svilupparsi. Al loro posto arrivano animali opportunisti, che sviluppano velocemente la colonia. Acque più calde, meno veloci e anche meno abbondanti favoriscono organismi come alghe filamentose e batteri comuni che di solito troviamo in specchi d'acqua stagnanti o inquinati. Queste specie non sono più in grado di metabolizzare la materia organica, la quale si sposta a valle e crea problemi. Dagli studi effettuati è emerso che nelle fasi più critiche del periodo estivo sono state registrate concentrazioni preoccupanti di agenti pericolosi come salmonella e coliformi fecali, per cui la siccità porta anche a un aumento di patogeni. Le acque di scarico dei depuratori sono convogliate nei corsi d'acqua, dove vengono diluite dalla portata del corso d'acqua stesso. Se manca troppa acqua dai fiumi, i depuratori non vengono più aiutati in questo processo" conclude Fenoglio.

Gli effetti del caldo sulle specie viventi

Le alte temperature e la carenza idrica hanno generato parecchie criticità, e le Aree protette del Po piemontese, al centro degli eventi , hanno avuto considerevoli problemi associati alla sofferenza di specie autoctone e habitat e hanno anche portato - tra le molteplici conseguenze negative della riduzione dei deflussi e del conseguente rallentamento della corrente in diverse zone dell'alveo - alla rapida diffusione nelle acque del Po dell'Elodea nuttallii, una pianta acquatica alloctona di tipo invasivo.

L'estate appena conclusa ha dato parecchio filo da torcere a tecnici e guardiaparco delle Aree protette del Po piemontese, impegnati come non mai nel salvataggio di animali e piante stremati. La salvaguardia della biodiversità, d'altronde, non è un lusso ma una necessità di vita per tutti gli esseri, compreso l'uomo.

Il Rio Angiale, che prende origine da una risorgiva nei pressi di Pancalieri, è andato parzialmente in secca, ovvero è rimasto attivo un solo ramo. Qui, racconta Sandra Buzio, tecnico dell'Ente di Gestione delle Aree Protette del Po Piemontese e referente del Centro Iitiofauna Piemonte (CRIP) "è stata scoperta una popolazione di cobite mascherato (Sabanejewia larvata), un pesce endemico nella Pianura Padana. L'anno scorso il rio è stato messo in secca, ma per quante precauzioni siano state prese ne sono morti tanti, troppi., c Continuando in questo modo si rischia seriamente di perdere la popolazione".

Anche il mondo vegetale è in crisi. Luca Cristaldi, tecnico forestale che da trent'anni si occupa di rimboschimenti, racconta come "le terre di fiume sono per natura sabbiose e lungo il Po non stupisce che la falda sia quasi scomparsa. Tutte le piante non possono quindi che essere in stress idrico serio, alcune muoiono, altre si riprendono, ma è molto difficile prevedere quello che succederà nel lungo periodo e purtroppo non possiamo pensare che con due piogge si risolva tutto. I rimboschimenti hanno patito tantissimo, c'è stata una morìa diffusa tra gli alberi e gli arbusti messi a dimora da poco tempo. Ciononostante si vede qualche piccolo segnale di ripresa: alcune piante seccate stanno rigermogliando. Anche gli alberi grandi con le foglie secche non è detto che siano morti, normalmente una pianta adulta entra in riposo vegetativo per proteggersi, le foglie ingialliscono e cadono. Ma c'è un problema: in settembre la stagione è ancora calda e le piante tendono a rimettere nuove foglie che probabilmente non cadranno in autunno ma geleranno, causando loro uno stress termico, cosa che in genere accade quando si verifica la seconda foliazione".

Dai massimi sistemi al microcosmo della piccola lindernia. Come detto il numero di giorni di pioggia diminuisce e la stessa quantità di pioggia si concentra in periodi più brevi. Vediamo le immense ripercussioni che questi fatti hanno sul microhabitat della lindernia, un minuscolo esempio dal quale è facile immaginare una concatenazione di situazioni estremamente complessa. "Quest'estate parecchi habitat di acque correnti e ferme hanno rischiato di sparire" racconta Paola Palazzolo, guardiaparco dell'Ente di Gestione delle Aree Protette del Po Piemontese e esperta di botanica."Alcune piante ne hanno risentito più di altre, tra queste la Lindernia palustris (= L. procumbens), una pianta particolarmente rilevante dal punto di vista conservazionistico , rarissima e in pericolo di estinzione. Questa pianta, annuale e legata ai fanghi umidi presenti sui bordi di stagni, lanche e risaie, ha un un ciclo di vita cortissimo: nei mesi di agosto e settembre, nasce, cresce, fa il frutto, i semi cadono a terra e poi muore. Quindi ha bisogno di pioggia in un periodo preciso diell'anno, diversamente scompare in un tempo molto breve. Se anche nei prossimi anni non ci saranno le condizioni idonee allo svolgimento del suo ciclo vitale, la specie è a rischio concreto di estinzione".

"Negli ultimi 11 km di torrente Orba (Provincia di Alessandria)" racconta Andrea Mandarino, ricercatore del Dipartimento di Scienze della Terra, dell'Ambiente e della Vita dell'Università di Genova e consigliere dell'Ente di Gestione delle Aree Protette del Po Piemontese, "tra l'inizio di luglio e l'inizio di agosto si è assistito ad un progressivo prosciugamento dell'alveo fino alla totale scomparsa di acqua, ad eccezione di alcune sporadiche pozze". Il tratto asciutto, in parte incluso nella Zona Speciale di Conservazione e Zona di Protezione Speciale Torrente Orba e nella Riserva Naturale omonima è caratterizzato dalla presenza di specie ittiche di rilevanza comunitaria e dall'elevato valore conservazionistico. Prima che alcune grandi pozze si asciugassero completamente le Guardie Ecologiche della Provincia di Alessandria, con le Guardie Ittiche della FIPSAS e i Guardiaparco dell'Ente di Gestione delle Aree Protette del Po Piemontese, sono intervenuti per recuperare i pesci presenti e trasferirli a monte in tratti caratterizzati dalla presenza di acqua. Sono stati salvati complessivamente alcuni quintali di pesce tra cavedani, carpe, alborelle, triotti, lasche, cobiti, ma purtroppo non sempre si è arrivati in tempo. L'ecosistema fluviale è andato perso: evidentemente questi interventi sono come gocce nel mare ma si è tentato comunque di salvare più pesci possibile. "Questa situazione non è però nuova lungo l'Orba" racconta ancora Mandarino. "Il prosciugamento del tratto posto più a valle si era già verificato nel periodo estivo tra gli anni 1990 e 1993, nel 1999, tra il 2005 e il 2008, nel 2016 e nel 2017. Ancora oggi si è in attesa di una più oculata e sostenibile gestione della risorsa acqua".

Le cause? Vi è spesso troppa confusione in merito e la complessità dell'argomento richiede spazi che vanno ben oltre quelli di un breve articolo. Certo è che attribuire la responsabilità della situazione attuale esclusivamente alla siccità ed al cambiamento climatico è tanto semplice e diffuso quanto illusorio ed errato.

Le attività antropiche hanno profondamente ridefinito il ciclo dell'acqua, impoverendo le acque superficiali e le falde; le condizioni atmosferiche che hanno caratterizzato questa torrida estate e che con ogni probabilità si ripresenteranno con sempre maggiore frequenza hanno marcatamente aggravato la situazione, evidenziandone la drammaticità.
La grave crisi idrica in corso va approcciata in modo strutturale, affrontando le cause e non correndo dietro ai sintomi con semplicistiche risposte emergenziali. Sembra impossibile ma, come evidenziato dal mondo accademico e tecnico, ancora oggi non si va oltre a grossolane stime in riferimento alla disponibilità della risorsa idrica ed al suo utilizzo. Occorre in prima istanza conoscere il sistema delle disponibilità, dei consumi reali e della domanda potenziale, per poi implementare nuove e sostenibili politiche di gestione. Questo è essenziale al fine di incrementare la resilienza e la resistenza degli ecosistemi, di cui non dimentichiamo che anche l'uomo è parte.

 

Per approfondimenti:

Dal sito delle Aree protette del Po piemontese

"Salvataggio di pesci nel Torrente Orba"

Progetto Life Minnow

Crisi idrica: operazione di salvataggio di una rara pianta carnivora acquatica

Intervento di rimozione della vegetazione acquatica infestante

 

 

 

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