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Il declino dei ghiacciai nelle Alpi Occidentali

Continuano gli approfondimenti che Piemonte Parchi dedica alle conseguenze dei cambiamenti climatici. Questa volta sono Marta Chiarle e Guido Nigrelli, ricercatori CNR della sede di Torino dell'IRPI, a illustrarci le problematiche connesse al declino dei ghiacciai delle Alpi e all'impatto che questo può avere sull'ambiente montano.

Foto Pixabay Foto Pixabay

Dott. Nigrelli, perché ci troviamo qui, nell'alto bacino della Valgrisenche in Val d'Aosta?

Ci troviamo nell'alto bacino della Valgrisenche, a una quota di circa 2700 mentri, perchè qui svolgiamo le nostre attività di monitoraggio e di rilievi degli ambienti glaciali a periglaciali.

 

È un ambiente in continua modificazione. Basti pensare al crollo avvenuto nel novembre del 2014 alla testata di questo bacino, così come è successo alla testata del ghiacciaio dell'Invergnan che stiamo osservando in questo momento.

 

Dott.ssa Chiarle, cos'è il Comitato Glaciologico Italiano?

È un organismo nato in seno al CAI a fine ottocento per monitorare il comportamento dei ghiacciai nel tempo. Si è poi evoluto come organismo autonomo. Da oltre 100 anni organizza, ogni anno, una campagna glaciologica finalizzata a misurare la posizione delle fronti glaciali. È qualcosa di unico nello scenario internazionale sia per la lunghezza storica dei suoi rilievi, sia per la sua continuità. Nessun'altra nazione al mondo infatti possiede qualche cosa di simile che consenta oggi di tracciare con precisione l'evoluzione di un così gran numero di ghiacciai delle Alpi.

Come avvengono di fatto questi rilevamenti?

I rilevamenti si compongono di due parti ugualmente importanti. La prima parte corrisponde a una ripresa fotografica panoramica del ghiacciaio osservato e questo è il motivo per cui ci troviamo di fronte ad alcuni dei corpi glaciali presenti nell'alta Valgrisenche. La seconda parte riguarda invece la misura e la posizione della fronte, effettuata a partire da dei punti di riferimento. In questo caso siamo in una posizione panoramica per riprendere il ghiacciaio dell'Invergnan, di Montforciaz e del Giasson.

 

A cosa servono e come vengono analizzati questi rilevamenti?

Le riprese avvengono ciascun anno, verso fine estate, ovverosia nel momento in cui si ritiene che l'ablazione, cioè la perdita di ghiaccio soprattutto per fusione, abbia raggiunto il suo massimo.
In questo modo ricostruiamo l'evoluzione dei ghiacciai nel tempo e quindi associamo la loro evoluzione, in particolare le fasi di avanzamento e arretramento, collegandola con quelle che sono le fluttuazioni dei parametri climatici, principalmente la temperatura estiva e le precipitazioni invernali che sono i due fattori climatici che maggiormente condizionano l'evoluzione dei ghiacciai.

 

Dott. Nigrelli, cosa ci racconta questa parte del paesaggio?

Qui ci troviamo nel limite inferiore di quella che è la zona di accumulo del detrito della frana di crollo del novembre del 2014. È possibile notare la colorazione più chiara di detrito originata appunto da questa frana di crollo rispetto al detrito della proglaciale che ha una colorazione più scura.
Questi processi di instabilità naturale sono dovuti all'innalzamento della temperatura ambiente e con il prelevamento di campioni, il monitoraggio della temperatura della roccia e dei diversi tipi di roccia con sensori termici unitamente al progetto MeteoMET, riusciamo a definire con maggior dettaglio i processi di instabilità naturale che in alcune zone costituiscono dei pericoli e in altri addirittura dei rischi.

 

Dott.ssa Chiarle come avvengono le misurazioni quantitative e cosa ci indicano?

Il dato quantitativo sulla variazione delle fronti glaciali viene rilevato a partire da punti segnale. Si tratta di un metodo di misura estremamente semplice che tradizionalmente viene effettuato mediante cordella e attualmente, in alcuni casi, è sostituito da misure con GPS. In questo caso effettuiamo entrambe.
Il motivo per cui è importante stabilire come i ghiacciai variano nel tempo è legato a due motivi fondamentali. Il primo è che i ghiacciai ci dicono cosa sta succedendo a terra. Il secondo motivo è che questo studio ci consente di preparare degli scenari di cambiamento per il prossimo futuro. Questo sia per quello che riguarda i rischi, che possiamo attenderci e che provengono dalle modificazioni dei ghiacciai, sia di prevedere quanto a lungo perdureranno nel futuro e fino a quando potremo considerarli come fonte di risorsa idrica.

Come si sta riducendo la massa glaciale?

Oltre alle misure di variazione frontale, utilizziamo anche immagini aeree hanno evidenziato come la riduzione di area dei ghiacciai è in realtà meno importante di quanto sia invece la riduzione di volume, ovverosia i ghiacciai si stanno abbassando più ancora che non riducendo di area. Questo dato lo si può vedere tradotto in pratica nei ghiacciai che ho alle mie spalle che ormai sono ridotti a degli scivoli di ghiaccio, placche di ghiaccio addossate alle pareti. Per il momento sopravvivono in questa forma, ma sicuramente danno l'idea di quanto spessore i ghiacciai abbiano perso e quindi volume e quindi anche potenziale idrico collegato a queste masse.

Guido Nigrelli, naturalista, è ricercatore all'interno dell'Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del CNR sede di Torino, lavora nel gruppo di ricerca Geo Climalp.

Marta Chiarle, ricercatrice della sede di Torino dell'Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del CNR, è coordinatrice delle campagne glaciologiche per il settore Nord Occidentale del Comitato Glaciologico Italiano.


Per saperne di più

http://www.glaciologia.it/ 
http://geoclimalp.irpi.cnr.it 

 

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