Stampa questa pagina

Quanto ci costa il cambiamento climatico?

Se avete in mente una cifra, aumentatelo almeno di due volte e mezza. Questa è soltanto una delle considerazioni – forse tra quelle di maggior impatto - condivisa e contestualizzata in occasione del corso di formazione sul cambiamento climatico, organizzato dalla direzione Ambiente della Regione Piemonte

Quanto ci costa il cambiamento climatico?

Cinque incontri formativi, terminati lo scorso 28 marzo, che in cinque tappe hanno sviscerato i numerosi aspetti legati al cambiamento climatico: dagli impegni internazionali, alle esperienze messe in campo per adattarsi, ai problemi legati alla comunicazione e percezione del clima, alla situazione climatica piemontese, fino ad arrivare agli impatti economici che questi comportano per la nostra società.

Impatti che sono tutt'altro che trascurabili se immaginiamo che i costi diretti dei mutamenti del clima vanno maggiorati, appunto, di almeno 2,5 volte per i costi indiretti. E la deduzione è logica se pensiamo, esempio, che le nostre città per l'88% dei casi sono collocate in zone ad alto rischio idrogeologico (dati Legambiente – Le città alla sfida del clima) con 7 milioni di abitazioni e aree industriali collocate in zone a rischio, a conferma del fatto che i 2/3 delle frane, in Europa, si verificano su territorio italiano.

Ma veniamo ai costi economici. Negli ultimi cinque anni, 22mila imprese sono state danneggiate in seguito a cambiamenti climatici ed eventi meteorologici estremi e 12mila hanno dovuto dichiararsi in dissesto economico. Settecento milioni di euro sono i danni cui le imprese hanno dovuto far fronte - danni diretti, si badi bene – con un aiuto statale che non è andato oltre a 3,5 miliardi l'anno in totale.

Eppure, nonostante questi dati, nel mondo delle piccole e medie imprese sono il 63% è consapevole degli impatti del clima, mentre il 37% non considera le conseguenze importanti, nonostante l'evidenza.
Per questo motivo, e perché il mondo imprenditoriale italiano per tradizione mostra una sostanziale sfiducia nelle politiche assicurative, sono poche le aziende che si assicurano per i danni indiretti causati dal clima e ciò fa si che i costi vengano distribuiti su tutta la popolazione italiana, tramite i più svariati strumenti, a partire dalle tasse che aumentano. 

Clima, povertà, migrazioni

A proposito di danni e capacità di farvi fronte, il percorso formativo organizzato dalla Regione Piemonte ha fornito un 'quadro' in cui i fenomeni estremi causati dal cambiamento del clima hanno indiscutibilmente un maggior impatto sulle popolazioni che dipendono di più dalle risorse naturali. La compromissione di queste risorse, infatti, rende tali comunità vittime di una situazione che li costringe a spostarsi per incontrare condizioni ambientali più favorevoli.
La migrazione forzata, in questi casi, lascia ancora aperta la discussione sul riconoscimento giuridico del 'profugo del clima', poiché la convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati non riconosce tale categoria. A questo proposito, l'Italia potrebbe fare scuola grazie a una recente sentenza del Tribunale dell'Aquila che ha riconosciuto a un cittadino del Bangladesh il diritto d'asilo adducendo motivazioni legate a eventi climatici disastrosi, citando tra le cause il land grabbing e la deforestazione.

Chi sono i migranti del clima?

Secondo IDMC – Internal Displacement Monitorin Center , solo nel 2016 ci sono stati 31,1 milioni di nuovi spostamenti interni nel Mondo dovuti a disastri ambientali e conflitti.
'Si tratta di persone o gruppi di persone che, a causa di improvvisi o graduali cambiamenti nell'ambiente che influenzano negativamente le loro condizioni di vita, sono obbligati a lasciare le proprie case, o scelgono di farlo, temporaneamente o in modo permanente, e che si muovono all'interno del proprio Paese o oltrepassando i confini nazionali' (Fonte: Organizzazione Internazionale per le Migrazioni IOM). E tra queste, si distinguono: gli Environmental Emergency Migrants, ovvero persone che si sono spostate a causa di un evento climatico improvviso per salvare la propria vita (si pensi a uragani, tsunami, terremoti); gli Environmentally Forced Migrants, cioè persone che devono lasciare i propri luoghi a causa di mutamenti ambientali che ne hanno pregiudicato la qualità della vita; infine gli Environmentally Motivaded Migrants, ovvero persone che migrano perché vivono in un costante deterioramento e per questo decidono di prevenire gli effetti disastrosi che potrebbero avverarsi.
Ed è per scongiurare possibili scenari futuri che una politica responsabile negli indirizzi e nelle azioni per contrastare i cambiamenti climatici è una necessità sempre più impellente.

Anche la biodiversità del pianeta è a rischio

Se non faremo niente, entro fine secolo, raggiungeremo un surriscaldamento globale del Pianeta di almeno + 3,5°C, con picchi nell'area Mediterranea che potranno anche sfiorare anche i + 6 °C. Questi picchi di calore avranno conseguenze disastrose sulle specie che potrebbero essere dimezzate entro la fine del secolo. Paradisi di biodiversità come l'Amazzonia e le Isole Galapagos potrebbero subire estinzioni di specie autoctone e anche rimanendo entro il limite dei + 2°C imposto dall'Accordo sul clima di Parigi, il 25% delle specie animali e vegetali che popolano la terra sono a rischio entro il 2050 (fonte Climate Change).
Il cambiamento climatico, del resto, ha creato un nuovo paradigma ecologico e si colloca al secondo posto – su scala mondiale – tra le cause dei processi di estinzione delle specie, secondo solo alla frammentazione di habitat.

Cosa osserviamo in Piemonte?

Le conseguenze dei cambiamenti climatici in atto sono osservabili anche sul nostro territorio. Sulle Alpi sono sempre più numerose le specie che si adattano a fattori estremi mentre, in pianura, preoccupanti segni di deterioramento sono osservabili tra alcune specie: una su tutte, il quercus carpineto del Parco della Mandria dove è evidente l'importante processo di defogliazione.
E che dire dell'istrice che, arrivato dal sud Italia per l'innalzamento della temperatura, ha raggiunto oggi Valenza, fino a morire in quella pianura risicola dove sono stati rinvenuti alcuni esemplari? Oppure della zanzara tigre che, dati gli inverni meno rigidi, sopravvive in autunno? O ancora delle zecche che vengono rintracciate, anche d'inverno, sugli ungulati che un tempo ne erano privi?
Gli esempi citati dipingono un Piemonte che registra da un lato, un'invasione di specie che si sono adattate al cambiamento del clima, dall'altro uno spostamento in quota di altre – pensiamo, ad esempio, ad alcune libellule africane (come la Crocothemis erythraea) che sono arrivate sulle nostre montagne - e una sparizione totale di alcuni habitat, come le torbiere delle Alpi occidentali.

Cambiamenti climatici, che fare?

Istrici, libellule e habitat a parte, tutti noi percepiamo un clima che non è più lo stesso, anche nella nostra regione. Negli ultimi 60 anni, in pianura, la temperatura media si è alzata di 1,5 °C nei valori minimi e di 2 °C in quelli massimi. Se si considerano quote altimetriche più alte, non solo lo scenario peggiora ma il trend è in crescita. Nelle nostre città, invece, abbiamo il 16% di probabilità in più che si verifichino episodi di caldo estremo, rispetto a quanto era prevedibile soltanto alcuni anni fa.

Per questo tocca correre ai ripari. E per questo lo scorso luglio 2017, la Regione Piemonte ha approvato le basi per una 'Strategia Regionale sui Cambiamenti Climatici' che indirizzerà Piani e Programmi al fine di incidere sulle cause e sugli effetti del clima e di cui il corso di formazione regionale – destinato a tecnici e addetti ai lavoratori – è stato un primo passo percreare una conoscenza comune, necessaria per costruire quei vettori di sostenibilità richiesti dalla Strategia nazionale sullo Sviluppo sostenibile.
Le parole che più ricorrono nel provvedimento regionale sono mitigazione e adattamento. Mitigazione, perché è importante rendere più miti gli effetti dei cambiamenti climatici; adattamento, perché occorre trovare strategie che aumentino la resilienza degli effetti del clima.
E, infine, resilienza: ovvero la nostra capacità di affrontare e superare quegli eventi traumatici – purtroppo già in atto e legati al clima – che la Regione Piemonte ha deciso di affrontare.


In un video prodotto dall'Agenzia Europea per l'Ambiente (EEA), l'effetto dei cambiamenti climatici che già si sta avvertendo anche nel nostro Continente

 

 

Potrebbe interessarti anche...

Il 2023 in Piemonte è stato un anno caratterizzato dall'alternanza di siccità e alluvioni, temp ...
Gli effetti del cambiamento climatico non risparmiano gli ecosistemi di alta quota e le specie di ...
In Piemonte la stagione invernale 2022/2023 ha fatto registrare una carenza di neve significativa ...
Di cambiamento climatico sentiamo parlare in continuazione, spesso e volentieri in maniera appros ...