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Uno scatto per cambiare il mondo

Dagli indigeni australiani che bruciano il sottobosco per difendere la loro foresta dagli incendi, all'Amazzonia devastata dallo sfruttamento irresponsabile delle risorse naturali, fino alla scomparsa delle diverse varietà di semi in Colombia, emblema della perdita di biodiversità. La crisi climatica è al centro del World Press Photo Contest 2022, in mostra alla GAM diTorino fino al 18 settembre.

  • Alessandro Paolini
  • Maggio 2022
  • Giovedì, 9 Giugno 2022
Matthew Abbott, Salvare le foreste con il fuoco, Australia, per National Geographic/Panos Pictures  Matthew Abbott, Salvare le foreste con il fuoco, Australia, per National Geographic/Panos Pictures

Il più importante concorso di fotogiornalismo al mondo

Tutto ebbe inizio nel 1955, quando un gruppo di fotografi olandesi organizzò il primo concorso internazionale "World Press Photo". Da allora l'iniziativa ne ha fatta di strada, fino a diventare il concorso fotografico più prestigioso al mondo e la mostra di fotogiornalismo più visitata: quest'anno sarà allestita in 70 sedi in 30 Paesi, con un pubblico stimato di oltre tre milioni di persone. I lavori premiati sono stati scelti tra 64mila immagini candidate, realizzate da più di 4mila fotografi, di cui molti lavorano per testate come National Geographic, BBC, CNN, Times, Le Monde, El Pais.

Lo scorso anno, nonostante la pandemia, l'esposizione di Palazzo Madama, a Torino, è stata la 17esima mostra più visitata in Italia.

Anche nel 2022, e per il sesto anno consecutivo, la World Press Photo Exhibition fa tappa nella nostra città, con 134 scatti esposti - fino al 18 settembre - alla GAM (Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea). Tra gli argomenti toccati, in primissimo piano,c'è la crisi climatica e le sue conseguenze. Sono tanti gli spunti che fotografi di tutto il mondo hanno deciso di raccontare attraverso le loro immagini: storie di catastrofi naturali ma anche soluzioni possibili per i sempre più pressanti problemi ambientali.

Salvare le foreste con il fuoco

E' questo il titolo dell'impressionante reportage firmato da Matthew Abbott, per il National Geographic e Panos Pictures, premio World Press Photo Story of the Year.

Al centro del racconto, il rito degli indigeni australiani che bruciano strategicamente la terra, in una pratica nota come «combustione a freddo»: i fuochi si muovono lentamente, bruciano solo il sottobosco e rimuovono l'accumulo di residui vegetali che possono alimentare incendi più grandi. Il popolo Nawarddeken di West Arnhem Land, in Australia, attua questa pratica da decine di migliaia di anni e vede il fuoco come uno strumento per gestire la propria terra. Oggi i rangers Warddeken combinano le conoscenze tradizionali con le tecnologie contemporanee per prevenire gli incendi, diminuendo così la CO2 che contribuisce al riscaldamento globale.

Quello degli incendi boschivi è un problema destinato a complicarsi ed aggravarsi nei prossimi anni, a causa del cambiamento climatico. In Europa, dal 2000 al 2017 sono andati persi 8,5 milioni di ettari (poco meno di mezzo milione di ettari ogni anno) e sono morte a causa del fuoco 611 persone, con costi economici stimati in più di 54 miliardi di euro. I cambiamenti climatici comportano un aumento costante delle temperature globali che, in combinazione con siccità e ondate di calore, rendono i nostri boschi sempre più vulnerabili. Negli ultimi anni sono aumentate le superfici boscate ma è stata gradualmente abbandonata la gestione delle aree montane e di quelle agricole: un fenomeno alla base della formazione di grandi e ininterrotte aree di vegetazione, che costituiscono il "combustibile" ideale per i grandi incendi.

Distopìa amazzonica

I boschi e gli alberi, d'altro canto, rivestono un ruolo determinante nella lotta al cambiamento climatico. Le immagini scattate da Lalo de Almeida ci mostrano come la foresta pluviale amazzonica, il più grande polmone verde del mondo, sia gravemente minacciata dalla deforestazione, dall'estrazione mineraria, dallo sviluppo infrastrutturale e dallo sfruttamento di risorse naturali. Tutte conseguenze – denuncia de Almeida - delle politiche attuate dal Presidente brasiliano Bolsonaro e causa della distopìa (cioè della previsione di un futuro infausto) che dà il nome al reportage. 

L' Europa, Italia compresa, non vivono fortunatamente una fase di "deforestazione". Nel nostro Paese, anzi, la superficie boscata ha superato gli undici milioni di ettari ed è in costante aumento. In Piemonte negli ultimi 60 anni è aumentata dell'80%, arrivando ad occupare il 37% del territorio regionale (Fonte: Regione Piemonte). I boschi, come componente essenziale dell'ambiente, svolgono una moltitudine di ruoli: produzione di legno, protezione del suolo e delle acque, conservazione della biodiversità, serbatoio di CO2, luogo di svago ed elemento essenziale del paesaggio. Un patrimonio che viene monitorato sempre più attentamente, anche grazie alle tecnologie moderne, rappresentando un elemento fondamentale per la pianificazione territoriale.

Semi da salvare

"Il sangue è un seme" - dell'ecuadoregna Isadora Romero - parla della progressiva scomparsa dei semi, della migrazione forzata, della colonizzazione e della conseguente perdita di conoscenze ancestrali. Il lavoro, che si è aggiudicato il primo premio nella sezione "World Press Photo open format award" è un video composto da fotografie digitali e in pellicola, alcune delle quali scattate su rullini 35mm scaduti su cui il padre di Isadora ha disegnato le tappe di un viaggio nel loro villaggio ancestrale di Une, nel Cundinamarca, in Colombia. La Romero esplora ricordi dimenticati della terra e dei raccolti, raccontando come suo nonno e la sua bisnonna fossero "custodi dei semi" e coltivassero diverse varietà di patate, di cui al giorno d'oggi sono sopravvissute soltanto due tipi.

Secondo la FAO negli ultimi 100 anni è scomparso il 75% delle specie vegetali impiegate in agricoltura. Tra le principali cause della perdita di biodiversità troviamo l'uso di poche varietà vegetali che vengono coltivate su terreni sempre più estesi, un problema di cui anche Piemonte Parchi si è occupato. L'UE con la strategia From farm to fork prevede che entro il 2030 i campi biologici arrivino al 25% del totale della superficie agricola, un obiettivo che impone di ripartire dall'utilizzo di semi adatti.

Ma anche nelle aree montane sta diminuendo la biodiversità: per conservare e riprodurre i semi delle specie più a rischio è nata la Rete italiana delle banche del germoplasma – R.I.B.E.S (Pagina Facebook: @ReteRibes), che raggruppa una ventina di istituzioni impegnate nella conservazione delle piante spontanee, tra cui il Centro Regionale per la Biodiversità Vegetale "Emile Burnat" e la sua Banca del Germoplasma, nel parco del Marguareis, una delle Aree protette delle Alpi marittime. Presso il centro si conservano in celle climatizzate i semi della flora spontanea, soprattutto quelli delle specie rare o minacciate.
Ma lo scambio di semi sta diventando – fortunatamente – una pratica sempre più popolare: sono nate pagine facebook e siti internet per tecnici, esperti o semplici appassionati e sempre più frequentemente è possibile portare i propri semi e scambiarli "alla pari" con altri, in occasione di eventi florovivaistici.

Per approfondimenti:

La mostra World Press Photo Exhibition è esposta alla GAM – Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino, in Via Magenta 31, dal 29 aprile al 18 settembre 2022

Orari

martedì - domenica: 10.00 - 18.00 (La biglietteria chiude un'ora prima)

Siti internet 

www.gamtorino.it

www.worldpressphototorino.it

https://www.worldpressphoto.org/

Social

Facebook: @WorldPressPhotoTorino - @torinogam

Instagram: worldpressphototorino - gamtorino

 

NB: Tutte le foto di questo articolo sono state gentilmente concesse dalla World Press Photo Exhibition

 

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