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Mascherine, non abbandoniamole in giro

L'inquinamento ambientale da plastica rischia di aggravarsi con il Covid-19, a causa della gran quantità di mascherine e guanti protettivi che usiamo o abbiamo usato. Quali prospettive e quali soluzioni abbiamo? E quanti di noi sanno come si smaltiscono correttamente una volta che li abbiamo utilizzati?

  • Alessandro Paolini
  • Luglio 2020
  • Mercoledì, 1 Luglio 2020
Foto Pixabay Foto Pixabay

La guerra alla plastica è ormai dichiarata da tempo: ne produciamo troppa, la utilizziamo anche quando non serve, la smaltiamo male. Il mondo annega nella plastica, è non è soltanto un'immagine retorica: fiumi, laghi e mari ne sono pieni ed è ormai emblematica e celeberrima l' "isola di plastica", formatasi nell'Oceano Pacifico e grande tre volte la superficie della Francia. Gran parte dell'opinione pubblica si è convinta da tempo della necessità di un cambio di passo e le principali istituzioni mondiali si sono adeguate: l'Unione Europea, con la Direttiva 2019/904 sulle materie plastiche monouso (detta anche Direttiva SUP, che sta per Single Use Plastics) ha messo al bando a partire dal 2021 tutti gli oggetti di plastica monouso per i quali esistano delle alternative in commercio. In Italia sono già stati sostituiti i sacchetti di plastica nei reparti ortofrutta dei supermercati con quelli biodegradabili, mentre nella legge di Bilancio 2020 è stata inserita la plastic tax, che grava su produttori, fornitori e consumatori finali. Al bando anche cannucce, posate e piatti di plastica e via libera ai materiali biodegradabili e alle bioplastiche.

Ma con l'arrivo del Covid-19 l'aumento esponenziale dell'uso di mascherine e guanti protettitivi rischia di diventare un grande problema: ad essi, infatti, la Direttiva non si applica in quanto sono dispositivi di protezione personale. 

Mascherine e guanti, però, non sono soli: ci sono anche sacchetti, mantelle e grembiuli, contenitori e camici plastici monouso adottati da parrucchieri, bar e ristoranti per il take- away, da centri per disabili e case di riposo. Un mondo di plastica e altri materiali monouso tutti da smaltire, senza contare i detergenti e i disinfettanti che vanno ad aumentare l'inquinamento di fiumi, laghi, e mari.

Dall'emergenza sanitaria a quella ecologica

Con lo scoppio della pandemia abbiamo adottato tutti le mascherine e i guanti che, in attesa del vaccino e insieme al distanziamento sociale, sono gli unici strumenti a nostra disposizione per proteggerci. Il conto da pagare, però, rischia di essere molto salato: l'aumento esponenziale dell'inquinamento ambientale.

Le mascherine chirurgiche monouso, largamente utilizzate nell'emergenza, sono composte principalmente di polipropilene, poliestere e nylon. Questi materiali, abbastanza sicuri per la salute e comunemente utilizzati nel settore biomedicale, non sono altro che delle plastiche. Per quanto riguarda i guanti, in commercio se ne trovano tre tipologie: in lattice, una sostanza biodegradabile solo in apparenza simile alla plastica che proviene dagli alberi della gomma; in nitrile, una gomma sintetica molto elastica; in vinile, considerati i più professionali e resistenti, a base di polivinilcloruro (Pvc). A rigore, solo l'ultimo tipo è classificabile come plastica.

Ma qual è la reale proporzione del problema? Il Politecnico di Torino stima che nella "fase due" occorrerà circa un miliardo di mascherine e mezzo miliardo di guanti al mese. L'ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) ha calcolato che se in Italia tutti utilizzassimo le mascherine chirurgiche monouso, ci troveremmo a doverne smaltire 40 milioni al giorno. Oltretutto, essendo composte da più materiali, come il ferretto sul naso e gli elastici sulle orecchie, sarebbe complicato differenziarne le singole parti. L'ISPRA (Istituto Superiore per Protezione e la Ricerca Ambientale) ha calcolato che la produzione complessiva di rifiuti derivanti dall'utilizzo di mascherine e guanti, fino alla fine del 2020, sarebbe approssimativamente ricompresa tra le 160.000 e le 440.000 tonnellate, con un valore medio di 300.000 tonnellate.

Sempre secondo l'ISPRA la buona notizia – per ora – è che questa massa crescente di rifiuti non causerà problemi perché è compensata dalla riduzione del 10% dei rifiuti urbani, avvenuta nel bimestre marzo-aprile 2020, quantificabile in 500mila tonnellate in meno. Soltanto a Torino nel mese di aprile i rifiuti urbani si sono ridotti dell'11,5% . Gli impianti al momento bastano: l'Italia ha una capacità di trattamento per circa 340mila tonnellate di rifiuti sanitari a fronte di circa 145mila tonnellate di quantità effettivamente trattate.

Ma ci sono anche i rifiuti che non vengono smaltiti: diverse inchieste giornalistiche ci mostrano quotidianamente immagini di mascherine e guanti abbandonati sia in mare che nell'ambiente, in tutto il mondo. Le organizzazioni ambientaliste hanno lanciato l'allarme: questi materiali vanno a danneggiare l'intero ecosistema, innescando una catena di effetti negativi che a lungo termine ricadranno anche sull'uomo.

Le proposte in campo

La prima, la più ovvia, è quella di riciclare il più possibile i dispositivi di protezione personale. La UE e il Ministero dell'Ambiente hanno tracciato la rotta, affermando in più di una occasione che occorre ridurre l'usa e getta e puntare sul riciclo, secondo i principi dell'economia circolare

Tra i motivi che rendono ciò che è riutilizzabile preferibile all'usa e getta c'è anche l'aspetto igienico-sanitario. Uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine a firma dei National Institutes of Health e dei CDC americani, insieme alle Università di Princeton e della California (UCLA, Los Angeles), dimostra come il coronavirus-2 sopravviva sulle superfici plastiche anche per 72 ore (contro le 24 ore di carta, metallo, legno e tessuti). Altri studi hanno mostrato la persistenza di coronavirus umani su guanti chirurgici in lattice sterili da una a tre ore, e sul tessuto esterno delle mascherine chirurgiche fino a sette giorni. Per questo il monouso comporta il problema dello smaltimento corretto e sicuro di rifiuti potenzialmente infetti.

Ma è possibile riciclare le mascherine e i guanti? E come? Le mascherine lavabili possono ovviamente essere usate più volte, ma anche molte di quelle monouso potrebbero essere recuperate e usate dall'industria come materiale di partenza per produrne di nuove.

Un progetto centrato sulla sostenibilità di mascherine e guanti è stato recentemente lanciato dall'INSTM (Consorzio Interuniversitario Scienza e Tecnologia dei Materiali). Il progetto, i cui responsabili sono il professor Teodoro Valente, Presidente di INSTM, ed il professor Francesco Paolo La Mantia dell'Università di Palermo, si basa su tre punti fondamentali: l'uso di polimeri riciclati (in particolare polipropilene e PET) per la produzione di guanti e del tessuto-non-tessuto (TNT) per le mascherine; il riciclo delle mascherine e dei guanti per produrre nuove mascherine, guanti o altri oggetti, e l'uso di polimeri biodegradabili per la produzione di guanti e mascherine non inquinanti. Al progetto hanno aderito oltre dieci Università, centri del CNR e aziende attive nel campo del riciclo e della produzione di dispositivi di protezione individuali.

"Per riutilizzare le mascherine occorre che esse siano costruite in materiali riciclabili quali polipropilene o poliestere: il riciclo di questi polimeri è attività consolidata nel nostro Paese" spiega Francesco Paolo La Mantia, già Professore Ordinario di Tecnologia dei Polimeri presso l'Università degli Studi di Palermo. "Se le mascherine usate fossero raccolte in modo differenziato dal resto dei rifiuti, esse potrebbero essere recuperate e lavorate per produrne facilmente di nuove. La raccolta differenziata delle mascherine al momento non è obbligatoria ma potrebbe essere affidata ad uno dei consorzi per la raccolta di materie plastiche e riguardare principalmente aziende, centri commerciali, uffici pubblici, scuole e collettività in genere". Questo però non è ancora stato fatto... "Si tratta di una decisione esclusivamente politica, perché il nostro Paese è già dotato delle tecnologie e capacità produttive necessarie. Pensi che nella mia regione una ditta è stata capace di convertirsi addirittura dalla produzione di abiti da sposa a quella di mascherine certificate!", risponde il docente. 

Secondo alcuni esperti, però, non si possono riciclare i dispositivi usati. Mario Grosso, professore associato in gestione e trattamento dei rifiuti solidi al Politecnico di Milano ha recentemente dichiarato che "al di là delle difficoltà tecniche a cui andremmo incontro, dobbiamo considerare il rischio legato alla movimentazione e alla manipolazione di dispositivi potenzialmente infetti".

Secondo La Mantia: "La pericolosità in linea di principio esiste ma le operazioni di riciclo sono effettuate ad alta temperatura e anche per quanto riguarda la gestione manuale dei dispositivi va ricordato che i pretrattamenti sono tutti automatici". La soluzione? "Realizzare mascherine con materiali biodegradabili" conclude La Mantia.

Come vanno smaltiti i dispositivi di sicurezza che usiamo?

L'abbandono dei dispositivi di protezione nell'ambiente, sempre più diffuso purtroppo, è causato dall'incuria ma spesso anche dall'ignoranza delle corrette regole di smaltimento. Per questo motivo l'Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato lo scorso 18 maggio un utile opuscoletto dal titolo "Indicazioni ad interim su gestione e smaltimento di mascherine e guanti monouso provenienti da utilizzo domestico e non domestico " e anche l'ISPRA ha pubblicato un suo rapporto dai contenuti analoghi. Entrambi i documenti sono pubblicati sul sito istituzionale della Regione Piemonte.

La regola generale da adottare è quella che mascherine e guanti vanno gettati nella raccolta indifferenziata, una regola che, per ora, non ne consente il recupero e riutilizzo.

Le regole per uno smaltimento corretto non variano però solo in base al tipo di rifiuto ma anche a seconda dello stato di salute di chi differenzia.

Se non siamo risultati positivi al tampone e non siamo in quarantena possiamo continuare a fare la raccolta differenziata come sempre, separando i rifiuti (organico, carta, plastica, vetro, lattine) secondo le normali regole. In particolare - però - getteremo fazzoletti, mascherine e guanti nella raccolta indifferenziata, utilizzando preferibilmente due sacchetti, l'uno dentro l'altro.

Se siamo invece risultati positivi al tampone, siamo in isolamento o in quarantena obbligatoria, l'indicazione è quella di interrompere la raccolta differenziata e conferire tutti i rifiuti nell'indifferenziato, ponendoli in almeno due sacchetti, uno dentro l'altro, non toccando i rifiuti e il sacco con le mani nude, ed evitando il contatto con i nostri animali domestici.

Per le attività lavorative per le quali esiste già una raccolta di rifiuti urbani indifferenziati si raccomanda il conferimento di mascherine e guanti monouso con tali rifiuti. Ai lavoratori si consiglia di non gettare i guanti e le mascherine in contenitori non dedicati a questo scopo, quali - per esempio - i cestini degli uffici, dei servizi igienici o di altri ambienti comuni, ma di utilizzare contenitori appositamente dedicati che devono essere predisposti dal datore di lavoro, chiaramente identificati e posti in prossimità delle uscite.

 

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