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Avremo un futuro se rispetteremo le api

Un'apicoltura più naturale, rispettosa dei ritmi dell'alveare, evita stress alle api negli spostamenti e permette di raccogliere miele, in giusta quantità e per ogni fioritura, sul territorio di origine

  • Serena Fornò
  • Novembre 2016
  • Giovedì, 10 Novembre 2016
Avremo un futuro se rispetteremo le api

Parlare di api significa parlare di biodiversità. La biodiversità, infatti, in ecologia è definita come la varietà di organismi viventi, nelle loro diverse forme, e dei rispettivi ecosistemi e comprende l'intera variabilità biologica: geni, specie, nicchie ecologiche ed ecosistemi. E l'intero mondo dell'alveare è di per se stesso definito come un superorganismo, una società organizzata, densamente popolata, con varietà genetiche e altamente cooperativa.

Ciascuna singola ape è dipendente dalla colonia per la sua sopravvivenza e svolge ruoli differenti nel corso della sua vita contribuendo alla costruzione, pulizia e difesa del nido, al nutrimento delle larve, all'approvvigionamento delle scorte, al nutrimento della regina. L'accoppiamento multiplo della regina crea una complicata struttura sociale dentro la colonia e arreca beneficio alla salute della colonia grazie alla variabilità genetica, determinando anche il potenziale ereditato e l'espressione delle influenze ambientali. L'impressionante molteplicità di caratteristiche e la flessibilità nel comportamento, presenti nelle le api, dovuto alla loro variabilità genetica, rende le colonie capaci di sopravvivere a un'ampia gamma di condizioni ecologiche, sopportare condizioni climatiche estreme e resistere a pestilenze e malattie.

Innegabile è il ruolo ambientale delle api utilizzate anche come indicatori biologici. Preziose e indispensabili nell'impollinazione delle piante da frutto e non solo e nella catena alimentare. Tuttavia la flessibilità e l'adattabilità delle api, che da sempre hanno funzionato in maniera ottimale garantendo loro la sopravvivenza, a oggi non sembrano costituire adeguate contromisure a eventi che, non essendo naturali né nella forma né nelle tempistiche, non lasciano spazio all'adattamento graduale.
I cambiamenti climatici e ambientali stanno determinando l'aumento di periodi di siccità riducendo, di conseguenza, la capacità di sopravvivenza delle api causata dalla riduzione di elementi nutritivi nei pascoli bottinati.

La sottrazione dei territori naturali a favore delle coltivazioni, l'utilizzo massivo di fitofarmaci in agricoltura, l'introduzione volontaria o accidentale di specie alloctone rappresentano fonti di "stress" che rendono le api meno resistenti e più soggette a malattie.
In questo contesto l'apicoltura potrebbe costituire un tassello fondamentale per sostenere le api nella battaglia per la sopravvivenza contrastando le cause di moria e non costituendo invece una causa aggiuntiva di problematiche.

L'apicoltura intensiva infatti, ricorrendo a spostamenti di un gran numero di alveari sulla lunga distanza e concentrandoli in zone ristrette, crea condizioni che debilitano le api e favoriscono il possibile scambio di agenti patogeni. Ecco perché sarebbe auspicabile favorire un'apicoltura più naturale, che preveda l'utilizzo di tecniche che rispettino i ritmi dell'alveare, evitando di stressare inutilmente le api negli spostamenti e raccogliendo il miele, nella giusta quantità, per ogni fioritura sul territorio di origine. Ogni miele rappresenta una fotografia del luogo e del periodo in cui è stato raccolto e come tale è unico e andrebbe valorizzato per le sue peculiarità. Il prelievo di miele dall'alveare dovrebbe essere tale da lasciare le scorte utili al fabbisogno dell'alveare per il periodo invernale.

Un aspetto da non trascurare inoltre è quello della gestione sanitaria degli alveari e la conseguente diffusione di parassiti e nuove patologie. Qui entrano in gioco gli effetti determinati dalle modalità con cui l'apicoltore interviene per farvi fronte. Valutare le corrette tecniche apistiche, così come le modalità di scelta dei farmaci da usare per i controlli delle patologie. Occorre infatti sottolineare che l'impiego del farmaco in apicoltura comporta oltre il rischio di residui, anche un collaterale effetto di indebolimento delle api. Anche la diffusione costante, specie presso gli agricoltori, di informazioni sull'importanza del valore delle api e sulla necessità di preservarne l'opera, rappresenta un preciso impegno a carico degli apicoltori. Tra le cause agro-ambientali che influenzano lo spopolamento degli alveari, vanno evidenziate l'insufficienza di raccolti, lo scarso valore proteico della dieta delle api, l'impatto di coltivazioni geneticamente modificate e l'impiego non corretto di fitofarmaci. In merito alla scarsità di raccolto è da tener presente che in questi ultimi anni la biologia delle api è limitata, in ambiente agricolo, dalla diffusione delle monocolture.

Per fortuna il noto messaggio di Einstein sull'importanza delle api per il genere umano sembra in qualche modo sortire qualche effetto positivo e numerose sono le iniziative per cercare di contrastare il fenomeno della moria delle api. Cresce l'interesse per corsi di apicoltura biodinamica, per la gestione di un nuovo tipo di alveare costituito da arnie Top bar (che consentono la costruzione di favi naturali e spazi più gestibili per le api), e anche le amministrazioni pubbliche iniziano a mettere a disposizione bandi per favorire anche i piccoli apicoltori orientati verso metodi biologici e innovativi.

Un'adeguata formazione degli apicoltori, valide modalità di conduzione e corretta gestione sanitaria degli alveari, collaborazione con gli agricoltori, l'informazione da parte dei mezzi di comunicazione, un'adeguata tutela ambientale (è di pochi giorni fa la notizia dell'inserimento delle api da parte degli Stati Uniti tra le specie minacciate e quindi degne di protezione) e non ultimo il nostro desiderio di sopravvivenza potrebbero costituire la soluzione per garantire che nel nostro futuro ci sia anche il battito d'ali di un'ape.

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