Stampa questa pagina

L’uomo e il fuoco: un legame “inestinguibile”

Il fuoco accompagna e permette la vita dell'uomo fin da tempi immemorabili sulla Terra; la sua riscoperta nella pratica del "fuoco prescritto", permette di scongiurare incendi boschivi gravi e di tutelare habitat di interesse naturalistico.

  • Loredana Matonti
  • ottobre 2016
  • Giovedì, 20 Ottobre 2016
Fuoco prescritto per la riduzione dei combustibili di lettiera in un bosco a rischio incendio nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. L’immagine mostra la fase di chiusura del cantiere lungo una linea di sicurezza. Da notare l’assenza di utilizzo dell’acqua in quanto il fuoco viene spento con il fuoco stesso.  Foto di D. Ascoli Fuoco prescritto per la riduzione dei combustibili di lettiera in un bosco a rischio incendio nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. L’immagine mostra la fase di chiusura del cantiere lungo una linea di sicurezza. Da notare l’assenza di utilizzo dell’acqua in quanto il fuoco viene spento con il fuoco stesso. Foto di D. Ascoli

Fondamentale per la costituzione delle prime forme di vita, il fuoco ha plasmato la Terra per milioni di anni, contribuendo alla biodiversità dei suoi ecosistemi.

La scoperta e il possesso di questo Elemento da parte dell'Uomo, oltre a costituire il discrimine tra umanità e ferinità, tra cultura e natura, sono stati da sempre considerati fondamentali elementi propulsori del processo di civilizzazione e strumenti indispensabile che l'uomo ha usato per migliorare la propria vita, in tutti i continenti. Una comunità umana, senza fuoco, è impensabile.

Anzi, il suo uso esclusivo da parte nostra, come specie, ci distingue da tutti gli altri animali, anche da quelli più simili a noi come le scimmie. Solo gli uomini sanno come produrlo e gestirlo piegandolo alle proprie esigenze. Fonte di luce e calore, necessario per cuocere il cibo, mezzo potente per modificare il territorio, consentire gli spostamenti, creare spazi per le società agricole, proteggere gli insediamenti fino a costituire un mezzo esorcistico e di purificazione in riti religiosi.

Carl Jung poi, sosteneva che il linguaggio e la produzione del fuoco significarono il trionfo dell'uomo sull'incoscienza animale e, a partire da quel momento, costituirono i rimedi magici più potenti per domare le potenze "demoniche" dell'inconscio. Ma non è necessario neppure scomodare l'inconscio per comprendere che il possesso del fuoco è uno dei massimi criteri di "umanità".

La sua 'domesticazione' - come ha scritto Mircea Eliade - cioè la possibilità di produrlo, conservarlo e trasportarlo, segna, per così dire, la separazione definitiva tra i Paleantropi e i loro predecessori zoologici. Potremmo quasi dire quindi, che l'Uomo si differenzia realmente dall'animale solo a partire dal giorno in cui diviene padrone del fuoco.

Tuttavia, oggi l'uomo moderno ha paura di questo Elemento naturale che viene inteso spesso come negativo e simbolo del degrado ambientale. Ma è sempre vero che il fuoco degrada l'ambiente o può essere uno strumento utile per gestire in modo sostenibile il territorio? Qualcuno pensa sia possibile, e ha iniziato a studiare in modo "scientifico" il suo uso.

Perché l'uomo bandisce il fuoco? Lo chiediamo al professor Davide Ascoli, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell'Università di Torino, che studia l'aspetto ecologico del fuoco ed il suo uso nel mondo, in Europa e in Italia, per la gestione dell'ambiente - "La frammentazione del paesaggio in alcuni territori ha reso più difficile la propagazione di incendi su grandi superfici. L'aumento della popolazione e grandi città infiammabili hanno reso necessario il controllo del fuoco, fino a bandirne l'uso. Anche la crescita dell'industria del legno ha aumentato la necessità di escludere il fuoco dallo spazio forestale e rurale".

E' possibile controllarlo? – "Beh è un'utopia, il fuoco è un elemento naturale e come tale non può essere controllato. E' come pensare di controllare gli uragani, la pioggia, i fiumi, i mari, o la rotazione della Terra. Però il paradosso del fuoco è che proprio usandolo lo si previene!" Il ricercatore spiega che la lettiera di foglie secche in un bosco può essere paragonata alla carta messa in un camino. Se si toglie la "carta", ovvero la lettiera, ben difficilmente si potrà verificare un incendio perché gli alberi di un bosco non possono bruciare se non c'è la carta. Quasi un uso "omeopatico" del fuoco per scongiurare il fuoco.

"Fuoco prescritto" si chiama precisamente la tecnica di progettare e usare il fuoco in modo scientifico per consumare la lettiera di un bosco per renderlo meno infiammabile. Il risultato è che se viene ben fatto, eliminando la "carta" si eviteranno rischiosi incendi, di ben più vasta portata.

Ma non c'è pericolo che sfugga di mano? "No –risponde il prof Ascoli - il fuoco prescritto viene progettato e applicato da professionisti in ben determinate stagioni e condizioni precise di vento, temperatura e umidità del suolo, applicando procedure operative codificate; così facendo si estingue addirittura da solo, senza bisogno di ricorrere all'acqua".
Gli obiettivi di tale pratica sono la prevenzione degli incendi in popolamenti forestali attraverso la riduzione dei combustibili di lettiera e la creazione di viali tagliafuoco in aree strategiche, la conservazione di habitat di interesse comunitario e naturalistico HD/92/43/CEE, la gestione delle risorse pastorali e la formazione degli operatori antincendio."

E le specie esotiche ed invasive possono essere controllate attraverso questa pratica? "Dipende - risponde il prof Ascoli - dalla specie in questione; alcune possono essere addirittura favorite dal fuoco, altre invece contenute. la pratica ha dei limiti e fra questi troviamo la presenza di specie esotiche altamente adattate ai disturbi, come l'ailanto ad esempio. In questo caso useremo altre tecniche".

la situazione in Italia e in Piemonte
Perché In Italia il fuoco prescritto è poco usato? Fino al 1980 le poche conoscenze sugli effetti ecologici del fuoco e sulla tecnica del fuoco prescritto, l'assenza di personale qualificato, il timore di perderne il controllo e di doverne rispondere, sono stati i principali fattori responsabili della diffidenza del settore forestale italiano verso l'uso del fuoco nella gestione territoriale.
Recentemente invece, si è osservato un rinnovato interesse. Alcune Regioni hanno aggiornato la normativa, le prescrizioni di massima e i piani regionali di previsione, prevenzione e lotta agli incendi boschivi (Piani AIB) ai sensi della L. 353/2000, prevedendo la possibilità di autorizzare sperimentazioni o applicazioni di fuoco prescritto anche nei Parchi Nazionali, Riserve Statali e Regionali.

Diverse le esperienze a livello nazionale con tale tecnica, svoltesi in diverse aree geografiche, con diversi tipi di vegetazione e habitat di interesse comunitario, rappresentativi del territorio peninsulare e insulare. Il tutto è stato reso possibile grazie alla collaborazione fra Università, Corpo Forestale dello Stato (CFS), Corpo Forestale Regionale, Servizi Regionali (Protezione Civile, Servizio foreste etc.), Comunità Montane, Enti Parco e professionisti del settore forestale, sia italiani che stranieri.

In Piemonte tutti gli interventi sono stati autorizzati dalla Regione, previa presentazione di una relazione tecnica e sentito il parere del CFS (LR.21/2013), in collaborazione con quest'ultimo e il Corpo Volontari AIB del Piemonte. Precisamente le sperimentazioni sono state realizzate lungo la ferrovia nella bassa Val di Susa e in castagneti in provincia di Cuneo per ridurre la lettiera infiammabile, in boschi di larice sopra Oulx per favorirne la rinnovazione, mentre il programma di fuoco prescritto più importante è stato realizzato all'interno della Riserva Naturale Orientata (RNO) della Vauda.
Quest'ultima, che fa parte dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC) di Rete Natura 2000 del Piemonte, è caratterizzata da diversi habitat di interesse comunitario, quali la brughiera a Calluna vulgaris, che costituisce quello più importante. L'uso del fuoco prescritto e del pascolo turnato consente di conservare la brughiera e le specie rare al suo interno e di limitare l'espansione del Populus tremula, che compete con gli habitat di interesse. Inoltre, potrebbe anche aiutare a evitare l'uso irrazionale del fuoco pastorale, che determina spesso incendi troppo intensi ed estesi che causano problemi nelle zone di interfaccia urbano-foresta e costi elevati di estinzione.

Ma il fuoco prescritto funziona? Parebbe proprio di sì perché, ad un anno dall'intervento, l'intensità osservata in incendi sperimentali è risultata significativamente ridotta nelle aree gestite con il fuoco prescritto del 74% e 80% rispettivamente per fronti contro e a favore di vento.

Inoltre, tale tecnica è anche competitiva economicamente rispetto ad altri interventi, anche se formare tecnici esperti richiederà un investimento iniziale di risorse. Adottando specifici accorgimenti tecnici (es. accensioni contro vento e pendenza), si può arrivare anche a ridurre la quantità di fumo prodotto.

Per quanto riguarda il bilancio delle emissioni di gas serra, un recente studio ha stimato che in Italia, la sua applicazione su una superficie annua pari al 10% della superficie percorsa dagli incendi annualmente, potrebbe portare ad una riduzione delle emissioni di CO2 pari a 0.93 x 106 tonnellate l'anno.

Ricerche come quelle del prof Ascoli e collaboratori quindi, possono contribuire ad approfondire il significato ed i limiti di una tecnica che, se integrata nella pianificazione e gestione territoriale, potrà rappresentare un'efficace ed economica misura di prevenzione degli incendi e di conservazione di habitat di interesse naturalistico.

Per saperne di più:
Ascoli D, et al, 2012. Esperienze di fuoco prescritto in Italia: un approccio integrato per la prevenzione degli incendi boschivi. In: Forest-Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale February, 2012.
Buttita I., 2002. Il fuoco, simbolismo e pratiche rituali. Sellerio editore, Palermo.

Potrebbe interessarti anche...

Di recente l'Unione Europea ha deciso di aumentare la tutela delle zone umide, importanti presidi ...
Le foreste vetuste hanno suscitato una grande attenzione negli ultimi decenni e il recente ...
Si chiamano 'marine litter', ovvero rifiuti marini, e sono stati ritrovati nel contenuto stomacal ...
Un solo albero produce ogni anno 110 chili di ossigeno e assorbe 400 chili di anidride carbonica. ...