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Plastica, ecco le regole per ridurla nell’ambiente

Il 14 gennaio scorso è una data da segnare in rosso sull'agenda: sono infatti entrate in vigore anche nel nostro Paese le norme che, applicando la Direttiva europea "SUP", vietano l'uso di alcuni prodotti di plastica riducendo così il loro impatto sull'ambiente, specie quello marino. Vediamo insieme nel dettaglio quali sono le novità e come andranno a modificare le nostre abitudini.

  • Alessandro Paolini
  • Aprile 2022
  • Martedì, 26 Aprile 2022
Foto Pixabay Foto Pixabay

Cosa dicono le norme

L'Unione Europea ha introdotto il divieto all'utilizzo di prodotti in plastica monouso ogniqualvolta siano disponibili in commercio alternative. Si tratta più precisamente di attrezzi da pesca e di dieci articoli di plastica monouso, Single Use Plastic in inglese, il cui acronimo SUP ha dato il nome alla Direttiva europea alla base della riforma (la 2019/904). Quest'ultima, che si basa sul principio "chi inquina paga" è tuttavia abbastanza vaga perché stabilisce come obiettivo - per altri prodotti monouso - una "sensibile riduzione" entro il 2026, senza fissare un tetto preciso. Per le bottiglie per bevande in PET sono invece stabiliti ambiziosi obiettivi di raccolta differenziata (77% entro il 2025, 90% entro il 2029)

La normativa è stata poi recepita dai Paesi membri dell'Unione Europea, tra cui l'Italia con il decreto legislativo n.196 dell'8 novembre 2021.

Tutto bene dunque? Non esattamente, perché se da un lato il nostro Paese fa un passo in avanti nella direzione dell'economia circolare, dall'altro ne fa uno indietro a causa delle deroghe ed esenzioni introdotte dalla norma nazionale - e non previste dalla Direttiva europea - che ci espongono al rischio di un procedimento di infrazione da parte della Commissione UE.

Ma andiamo con ordine e vediamo il perché...

Una riforma in chiaroscuro

Il decreto legislativo italiano contiene misure "volte a ridurre la presenza di prodotti di plastica nell'ambiente acquatico, favorire la transizione verso un'economia circolare con modelli imprenditoriali, prodotti e materiali innovativi e sostenibili e promuovere comportamenti responsabili per la gestione dei rifiuti in plastica".

Più in concreto ha introdotto il divieto, a partire dal 14 gennaio 2022, di vendere una serie di prodotti (elencati dettagliatamente in un allegato) in plastica monouso o oxo-degradabile e di alcuni attrezzi da pesca contenenti plastica. Tra i primi rientrano le stoviglie come piatti e posate, cannucce ed altri prodotti, tra cui i cotton fioc, gli "agitatori per bevande" (come le palette per mescolare il caffè), le aste dei palloncini, alcuni specifici contenitori per alimenti e tutti quelli per bevande in polistirene espanso (come i bicchieri dei fast food con annessi coperchio e cannuccia).

Le plastiche oxo-degradabili sono invece quelle con cui erano fatti i sacchetti di plastica dei supermercati (poi ritirati) e sono state messe al bando perché con l'ossidazione si frammentano in pezzetti piccolissimi, dando origine alle microplastiche che sono una delle principali cause dell'inquinamento marino.

L'unica deroga per gli esercenti è quella di poter continuare a vendere le scorte di questi prodotti acquistate prima della data di entrata in vigore del decreto. Ma la normativa italiana si è attirata molte critiche perché ha introdotto due punti controversi.

Il primo è che per sostituire i prodotti in plastica destinati a entrare in contatto con gli alimenti (ad esempio piatti e posate) consente di ricorrere, in alcuni casi, ad alternative in materiale biodegradabile e compostabile, "certificato conforme allo standard europeo dalle norme UNI EN (13432 e 14995), con percentuali di materia prima rinnovabile uguali o superiori al 40 per cento e, dal 1° gennaio 2024, superiori almeno al 60 per cento in specifici casi dettagliati". Ciò significa che alcune plastiche monouso biodegradabili e compostabili, che la direttiva europea equipara alla plastica tout court e vieta di commerciare, per la normativa italiana si possono continuare a utilizzare se non esiste un'alternativa in commercio, oppure in occasioni determinate e contingenti come, ad esempio, le sagre e le fiere di paese. In realtà l'alternativa esiste, ed è costituita dai prodotti in carta oppure in plastica durevole lavabile, che però costano di più.

Il secondo punto critico è l'esclusione dall'ambito di applicazione della direttiva dei prodotti con un rivestimento in plastica con un peso inferiore al dieci per cento dell'intero prodotto. Si tratta, ad esempio, di alcuni tipi di bicchieri in carta che all'interno presentano un sottile rivestimento plastico che ne aumenta l'impermeabilità. La norma italiana ha considerato che in questi casi il materiale plastico non sia prevalente e ha dato così un'interpretazione diversa da quella contenuta nella direttiva europea, che invece li vieta comunque.

Su questi punti, come detto, l'Italia resta sotto osservazione e potrebbe essere sottoposta ad una procedura di infrazione dall'Europa.

Ma il nostro Paese qualcosa di buono l'ha fatto: ha incluso anche i bicchieri in plastica tra i prodotti monouso di cui occorre ridurre il consumo entro il 2026, andando così oltre a quanto previsto dalla stessa direttiva europea.

Riciclo, cosa bisogna sapere

"Le plastiche biodegradabili e compostabili sono tali solo se raccolte con il rifiuto organico e trattate in impianti di compostaggio attrezzati a questo scopo. Non tutti gli impianti infatti sono in grado di trattare questi materiali che, se lasciati nell'ambiente, contrariamente a quello che si pensa non si degradano per periodi molto lunghi e quindi di fatto inquinano" spiega Claudia Bianco, funzionaria del Settore Servizi Ambientali, Direzione Ambiente, Energia e Territorio della Regione Piemonte.

Ma come dobbiamo regolarci per alcuni prodotti molto diffusi, come ad esempio le capsule del caffè?

"Le capsule del caffè non compostabili vanno smaltite nel rifiuto indifferenziato perché non sono considerate imballaggio e quindi non vengono riciclate con la plastica" prosegue Bianco. "Per le capsule compostabili resta valido il discorso del conferimento nel rifiuto organico per il successivo trattamento in impianti industriali di compostaggio. Se gettate nelle compostiere domestiche non si degradano in un solo ciclo annuale, ma con tempi più lunghi".

Non tutti gli impianti di compostaggio sono uguali: solo in alcuni casi sono in grado di trattare imballaggi compostabili, quali ad esempio vaschette, shopper e - appunto - le capsule del caffè (queste ultime anche a causa delle loro ridotte dimensioni e dell'elevato spessore e compattezza del materiale biodegradabile di cui sono costituite). A volte sono separati nelle fasi iniziali di trattamento e rimessi in circolo in un secondo tempo, in altri casi non vengono proprio recuperati e diventano addirittura scarto di lavorazione, con successivo avvio a inceneritore o discarica.

Alcuni Paesi europei, come l'Austria, hanno introdotto per alcuni prodotti in commercio un'etichetta che ne certifica la compostabilità anche domestica.

Il decreto italiano prevede incentivi e multe, ma anche uno specifico sistema di marcatura al fine di informare i consumatori sulle modalità di gestione di alcuni rifiuti in plastica come assorbenti e tamponi igienici, salviette umidificate, prodotti del tabacco con filtri, tazze o bicchieri per bevande. "Tuttavia sarebbe necessario prevedere anche in Italia la responsabilità estesa del produttore che si traduce nell'assunzione delle spese di raccolta e recupero di tutte le plastiche, non solo degli imballaggi" conclude Bianco.

Le regole negli altri Paesi d'Europa

Col recepimento della Direttiva SUP molte nazioni europee si sono dotate di leggi per contrastare l'impiego eccessivo di plastica usa e getta. La Francia ha già varato misure per ridurre il consumo di prodotti in plastica monouso e promuovere la diffusione di prodotti e imballaggi riutilizzabili, inclusi bicchieri e tazze per bevande, contenitori alimentari per il consumo sul posto e da asporto, oltre al divieto di vendere frutta e verdura confezionata in plastica nei supermercati. La Spagna sta andando nella stessa direzione, mentre la Germania ha introdotto una legge che obbliga gli esercenti a mettere a disposizione dei consumatori alimenti e bevande anche in contenitori riutilizzabili, sia per il consumo sul posto che da asporto. In Austria, infine, è stato approvato un disegno di legge che obbliga la vendita di una quota di bevande in contenitori riutilizzabili.

 

Per approfondimenti:

Corepla (Consorzio Nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica)

Biorepack (Consorzio che gestisce gli imballaggi compostabili sul territorio nazionale)

Regione Piemonte  (Ambiente e territorio - Rifiuti)

 

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