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Il comune senso della predazione

Cosa significa essere un 'predatore' lo sappiamo tutti. Ma forse quello che non sappiamo è che esistono classificazioni e modelli che ci spiegano meglio il fenomeno della predazione che, a volte, è anche in grado di auto-regolarsi. Vediamo come. 

  • Alessandra Fassio, Redazione diffusa dei parchi regionali piemontesi
  • Aprile 2022
  • Mercoledì, 13 Aprile 2022
Il comune senso della predazione

La predazione è un tipo di interazione in cui un organismo usa come fonte di cibo un altro di specie differente, sia animale sia vegetale. Grazie alla predazione, i predatori riescono a ricoprire un ruolo fondamentale nella catena alimentare tenendo sotto controllo la popolazione delle prede e favorendo la spinta evolutiva, portando allo sviluppo di adattamenti antipredatori. La densità di popolazione dei predatori e delle prede subiscono quindi delle fluttuazioni nel tempo. Questo meccanismo favorisce la selezione naturale eliminando gli individui più deboli e sviluppando individui sempre più competitivi e abili.

I predatori possono essere classificati a seconda del tipo di cibo consumato (classificazione per livelli trofici), o secondo le modalità di accesso alle risorse nutritive (classificazione funzionale).

La classificazione per livelli trofici

Questo tipo di classificazione si basa sul concetto di catena alimentare dei predatori, dei parassiti e dei saprofiti. Alla base della catena alimentare dei predatori vi sono gli organismi produttori, principalmente le piante che traggono il loro sostentamento dalle sostanze inorganiche o dall'energia solare. Essi sono fonte nutritiva per gli erbivori, i consumatori primari, che a loro volta diventano preda per i carnivori, consumatori secondari. Questa gerarchia raramente riesce ad arrivare fino al quinto o sesto livello, poiché l'apporto di energia necessario per il sostentamento dei livelli successivi diminuisce di volta in volta. Tuttavia, se un predatore venisse tolto dal suo ecosistema e posto in un altro, potrebbe perdere la sua posizione predominante e diventare a sua volta una preda; per lo stesso discorso anche una preda potrebbe diventare predatore se posto in un ambiente diverso.

​La classificazione funzionale

Quattro sono i gruppi principali di predatori secondo questo sistema che ha lo scopo di classificarli in base al modo in cui ottengono le risorse nutritive.

Predatori veri: coloro che cacciano attivamente la loro preda uccidendola per cibarsene. Molti tendono a sbranare la preda, come il leone o il leopardo; altri, come alcuni tipi di serpente, la mangiano intera. Vi sono inoltre alcuni tipi di predatori che, per rendere inoffensive le loro prede, iniettano loro del veleno. In molti casi, come alcuni tipi di ragni, il veleno riveste una certa importanza anche nella fase di digestione. In altri casi, le prede muoiono direttamente nella bocca, o nell'apparato digerente dell'organismo predatore, come avviene ad esempio al plancton ingerito dai cetacei.

Pascolatori: tra i pascolatori rientrano tutti i consumatori mobili di prede vegetali o di organismi sessili marini. Solitamente i pascolatori si nutrono di piante; il bestiame da allevamento ad esempio, mangia la pianta erbacea nella parte alta, non estraendola totalmente dal terreno e permettendole di ricrescere.

Parassiti: sono quegli organismi che durante una parte o la totalità della loro esistenza vivono a spese di un altro, danneggiandolo senza procurarne la morte immediata durante il contatto diretto. Possiamo ricordare il vischio, parassita delle piante, fino ai parassiti microscopici come il colera. Spesso si possono formare dei rapporti di parassitismo molto forti (parassitismo obbligatorio), tanto che il parassita non può vivere senza ospite.

Parassitoidi: organismi che vivono sul o nell'organismo 'ospite' traendo direttamente nutrimento. Hanno un comportamento da una parte simile ai parassiti e dall'altra ai carnivori, in quanto il loro ospite non muore subito ma viene lentamente consumato, al fine di permettere la sopravvivenza del parassitoide. A differenza dei parassiti, quindi, il destino dei loro ospiti è, inevitabilmente, la morte. Un esempio di organismo parassitoide è la vespa icneumoe. Essa depone, all'interno di un'altra specie, le sue uova che si nutrono dell'ospite dall'interno. Inizialmente non provocano grandi danni, ma a lungo andare divorano gli organi interni, fino a portare alla distruzione del sistema nervoso e, successivamente, alla morte della preda, che avverrà quando le larve avranno raggiunto la piena maturazione.

​Il grado di specializzazione

Molti predatori hanno udito, olfatto e vista ben sviluppati o ancora delle tecniche di mimetizzazione o camuffamento con un alto grado di specializzazione, selezionate nel corso del tempo, per rendere la loro caccia ancora più efficiente. È il caso della tarantola che nonostante abbia una scarsa abilità visiva, in genere limitata a luci e ombre, riesce ad essere molto precisa grazie ad un'estrema sensibilità alle vibrazioni che viene spesso migliorata utilizzando della tela all'esterno del rifugio. In base alle vibrazioni percepite il ragno decide se l'animale è un pericolo oppure una possibile preda. La dieta tipica è formata da insetti come grilli (per le specie terricole) oppure falene (per le specie arboricole). In rari casi possono anche catturare piccoli mammiferi come topi oppure piccoli uccelli.

Allo stesso modo le prede hanno sviluppato delle tecniche anti-predatorie per preservare la loro vita. Queste strategie hanno portato a dei vantaggi evolutivi nella specie predata che si trova a dover mettere a punto delle tecniche per sopravvivere all'attacco dei predatori. Per citarne alcuni: il camuffamento, meccanismo grazie al quale gli animali riescono a nascondersi nell'ambiente; il mimetismo, tecnica con cui gli organismi tentano di somigliare ad altre specie; l'aposematismo, caratteristica colorazione sgargiante, propria della specie animale di solito tossica o velenosa, che consente all'individuo di essere facilmente riconoscibile dai predatori per allontanarli, ricordandogli i possibili pericoli che corrono qualora volessero utilizzarlo come nutrimento.

Un esempio di strategia di difesa dai predatori è la creazione di banchi da parte di piccoli pesci per ingannare e disorientare il predatore: in mezzo al gruppo non sanno chi colpire. Queste "nuvole " di prede si formano in risposta a potenti stimoli esterni (come la presenza di cibo o di una luce che li attrae), capaci di farli confluire tutti insieme in quella direzione. Ma si tratta anche di un efficace e astuto meccanismo di difesa nei confronti dei predatori: tutti insieme riescono ad avvertirne la presenza molto meglio che singolarmente, e possono fare in modo di confonderli improvvisando un'apertura del gruppo a ventaglio o a fontana per poi richiudersi immediatamente alle loro spalle, o di fuggire disperdendosi in varie direzioni che li disorientano. Inoltre, il muoversi tutti ordinatamente in parallelo tra loro come se fossero un singolo organismo, sincronizzando cambiamenti di direzione e di velocità e mantenendo sempre una distanza fissa l'uno dall'altro, li rende meno individuabili singolarmente. Le specie che vivono in banchi sono in genere sardine, acciughe, aringhe e tonni.

La predazione poi costituisce uno dei più importanti fattori di regolazione del tasso di accrescimento e della densità delle popolazioni, pertanto la sistematica eliminazione da parte dell'uomo dei predatori naturali determina disequilibri ambientali, che portano ad alterazioni talvolta irreversibili degli ecosistemi, con ripercussioni negative sulle stesse attività umane, prima fra tutte l'agricoltura.

Ne è un esempio il problema di gestione del cinghiale in cui l'unica specie in grado di esercitarne una pressione è il lupo. Studi etologici confermano l'importanza del suide nella dieta del lupo, esso può arrivare a costituire fino al 50% della dieta e spesso risulta la preda più frequente in termini percentuali tra i diversi ungulati selvatici. Oppure il biacco, serpente innocuo e non velenoso della famiglia dei Colubridi, frequente nelle campagne e nei giardini che è un instancabile predatore. Esso si nutre di anfibi anuri, altri rettili (in particolare piccoli sauri e bisce d'acqua) ma soprattutto arvicole e topi che spesso rovinano le coltivazioni tenendone sotto controllo la popolazione. 

Come si auto-regola il modello 'preda-predatore' 

I primi studi di epidemiologia, che risalgono al 1927, raccontano la storia di due ricercatori inglesi, Kermack e McKendrick, che svilupparono il Modello Sir (suscettibili, infetti, rimossi) in uso ancora oggi. Alla base di questi studi c'era il lavoro (precedente) dell'americano Alfred Lotka e dell'italiano Vito Volterra. Costoro, qualche anno prima, avevano sviluppato il modello che oggi chiamiamo "Lotka-Volterra", ma anche "predatore-preda".

In parole semplici e sentetiche, immaginiamoci quanto segue: una verde isoletta in mezzo al mare, popolata ad esempio da due sole specie come volpi e conigli. La popolazione delle volpi (i predatori) tende a crescere quando i conigli (le prede) sono abbondanti. Cresce talmente in fretta che, a un certo punto, i conigli sopravvissuti non ce la fanno più a riprodursi abbastanza velocemente da rimpiazzare quelli mangiati dalle volpi. La popolazione dei conigli, quindi, raggiunge il suo massimo e poi cala, causando una forte riduzione delle volpi. Con poche volpi in giro, i conigli rimasti possono nuovamente riprodursi e il ciclo ricomincia.

Il modello "Lotka-Volterra" è basato sull'idea che i predatori tendono a prelevare più risorse di quante la natura ne possa rimpiazzare: è quello che oggi chiamiamo "sovra-sfruttamento", un modello che descrive la traiettoria delle popolazioni che prima crescono e poi collassano, in una curva approssimativamente gaussiana.

L'Isola di St. Matthew nel Pacifico è invece una caso reale: non esistevano renne sull'isola prima che la marina americana ce ne portasse qualcuna, nel 1944. In poche anni sono diventate migliaia, divorando tutta l'erba disponibile e poi sono morte quasi tutte di fame. Un paio di inverni particolarmente rigidi hanno sterminato gli ultimi esemplari rimasti, malati e affamati. Le renne erano i predatori e l'erba la preda: un caso classico di sovrasfruttamento delle risorse.

 

 

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