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Con un occhio d'aquila e uno di gallina

Quotidianamente i parchi sono fonte privilegiata di osservazione di piante e animali nelle loro evoluzioni, nei loro ritorni o nuovi arrivi. Allo stesso tempo, sono chiamati a individuare e contestualizzare connessioni tra temi ambientali ogni volta che se ne presenta l'occasione, anche in campo divulgativo.

  • Luca Giunti
  • Dicembre 2020
  • Martedì, 22 Dicembre 2020
Con un occhio d'aquila e uno di gallina

 

Secondo un proverbio pellerossa, un uomo saggio deve guardare il mondo con un occhio d'aquila e uno di gallina per osservare contemporaneamente i particolari e il paesaggio generale. A 40 anni dall'istituzione dei primi parchi regionali piemontesi, possiamo dire che questo è il loro sguardo sulla natura. Da un lato, nell'ambito delle loro funzioni istituzionali di tutela, ricerca e promozione, quotidianamente osservano gli animali e le piante nelle loro evoluzioni, nelle loro difficoltà, nei loro ritorni o nuovi arrivi. Dall'altro, in quanto parte attiva delle dinamiche regionali e nazionali, rimangono aggiornati, individuano connessioni e contestualizzano gli argomenti ambientali ogni volta che se ne presenti l'occasione, anche a fini divulgativi e di progresso dei territori.

Il "doppio sguardo" è comparso più volte nella Storia. Ad esempio cominus et eminus ("da vicino e da lontano") è stato il motto del re di Francia Luigi XII e Gabriele D'Annunzio lo volle scritto sulle fusoliere della squadriglia aerea Comina. Dall'alto di un trono o del cielo, è costante la preoccupazione di non trascurare i dettagli dei sudditi o del terreno.

Tra reintroduzioni e salvaguardia della natura

Così in diversi momenti abbiamo seguito l'espansione e il ritorno di diverse specie selvatiche, dallo stambecco agli avvoltoi, dagli istrici alle zecche, dai picchi neri alle civette che li accompagnano, verificando i loro riflessi positivi e negativi sull'ambiente e sulle attività umane. Assistiamo con interesse ai progetti di reintroduzione e salvaguardia che hanno portato in Sicilia e in Sardegna a festeggiare l'Aquila Day per i buoni risultati dei progetti Life del WWF e di Ispra (Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale) nel recupero dell'Aquila del Bonelli e le notizie dei primi avvistamenti - dopo 4 secoli! - del castoro europeo in Italia nord orientale. Ma anche all'avvento preoccupante dei mammiferi alloctoni come le nutrie o gli scoiattoli americani, al pericoloso aumento dei danni causati dai cinghiali e dagli altri ungulati e agli abbattimenti dei visoni a causa dell'epidemia in corso. Dedichiamo sguardi affettuosi a rettili, anfibi e insetti sia per la loro intrinseca importanza come campioni di biodiversità sia perché affascinano meno il grande pubblico e quindi è opportuno accendere un faro sulla loro bellezza ed eccellenza (ad esempio Luca Anselmo, guida naturalistica delle Aree Protette delle Alpi Cozie, ha appena pubblicato sul Journal of Natural History un originale articolo sulle cavallette in inverno nel SIC Oasi xerotermiche Bassa Val Susa).

I parchi, osservatorio sul territorio e la sua biodiversità

I parchi sono un osservatorio privilegiato per monitorare le mutazioni dell'ambiente. Che negli ultimi 40 anni è cambiato tanto, sia in piccolo ("occhio da gallina") sia in grande ("occhio d'aquila"). Un fattore – una "forzante" si direbbe in Fisica – è chiaramente comune a ognuna di queste trasformazioni: il comportamento umano e, in particolare, l'uso delle risorse naturali e dei territori. La gestione scorretta del territorio - sia per sfruttamento sia per abbandono - contribuisce alla crisi climatica che sulle montagne provoca meno innevamento, fusione del permafrost, risalite di vegetali a quote inconsuete, sopravvivenza di parassiti come la processionaria, inutilità del mimetismo di lepre variabile, pernice bianca e ermellino, per citare solo alcuni dei fenomeni affrontati su Piemonte Parchi.

L'abbandono delle Terre Alte iniziato alla fine della Seconda Guerra Mondiale è stato più pervasivo e veloce in Italia che nelle altre nazioni alpine. Rifare oggi l'inquadratura di una cartolina del 1939 è esemplificativo, ovunque si volga l'obiettivo fotografico (vedi immagini a confronto).

Suoli resi fertili da secoli di fatiche umane per dissodare, concimare, regimare le acque, sradicare alberi, lasciati di colpo a loro stessi, hanno continuato a produrre – ma non più per noi! – faggiole, castagne, ghiande, pigne e pinoli, cereali inselvatichiti, tuberi e frutti vari che sono diventate cibo per le centinaia, prima, e migliaia, poi, di cervi, caprioli, cinghiali. Gli alberi, non più tagliati, favoriti da ampi spazi liberi e dall'abbondanza crescente di CO2 nell'aria, hanno ripopolato montagne e colline con un'estensione scomparsa fin dal Medioevo, fornendo come allora cibo e rifugio a tante specie in espansione.

L'espansione, talvolta problematica, della natura

ISPRA, Istituto Superiore per la Ricerca e Protezione ambientale e Carabinieri Forestali certificano che l'Italia ha oggi tanti boschi e tanti animali selvatici come mai in passato. Se aggiungiamo il costante inurbamento e la denatalità (secondo ISTAT il saldo del 2019 è negativo di 200mila abitanti) è facile comprendere che i nuovi spazi disponibili alla colonizzazione di animali e piante saranno sempre maggiori. La Natura, come detto tante volte, non ama i vuoti (horror vacui) e spesso li riempie con organismi che possono anche nuocere o non piacerci. I parchi sono luoghi ideali per comprendere i cambiamenti del territorio e della biodiversità alla ricerca di un equilibrato rapporto tra tutela ambientale, promozione e progresso, sia per le professionalità che vi lavorano sia per i compiti istituzionali loro affidati dalle Direttive Europee e dalla Legge 19/2009, la legge regionale che governa il sistema delle aree protette e la biodiversità piemontesi. Non sono gli unici autori, ovviamente. Ci sono anche CIPRA e il Club Alpino Italiano che, tra altri esempi possibili, spesso propongono riflessioni e stimoli analoghi a quelli che quotidianamente osservano le "nostre" aquile e galline.

  

 

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