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Il lupo salverà la montagna o la distruggerà del tutto?

È questo uno degli interrogativi lanciati alla platea ospitata nel Forte di Fenestrelle, in occasione del convegno 'Tra cane e lupo' organizzato dalle Aree protette delle Alpi Cozie.

  • Emanuela Celona
  • Settembre 2018
  • Venerdì, 21 Settembre 2018
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 Foto Pixabay Foto Pixabay

Bruno Viola, pastore del Trentino e presidente dell'associazione per la Difesa del patrimonio zootecnico dei grandi predatori, intervenuto lo scorso 15 settembre al convegno 'Tra cane e lupo: problematiche, sicurezza e prevenzione' non sa se il lupo salverà la montagna o meno. Però il lupo lo conosce bene e sa cosa significhi essere allevatore, al tempo del suo ritorno.

«Il lupo non è né santo, né maledetto. È un lupo. E noi siamo allevatori che vogliamo portare a fine stagione le nostre pecore», dice nel suo intervento da relatore.
In Trentino, la scorsa primavera una decina di aziende agricole si sono messe insieme per avere, anche loro, diritto di parola sulla vicenda 'lupo' e per provare a cambiare abitudini di lavoro consolidate da tempo. Una strada comune non facile che però hanno deciso di intraprendere.
Dopo pochi mesi, le aziende sono solite a dodici e, insieme, hanno avviato progetti per difendersi dal predatore, a partire dall'uso di cani da guardanìa.

Il suo mestiere, Bruno, lo conosce bene: ha allevato ovini e caprini un po' per tutto il Trentino, sia quando orsi e lupi non c'erano, sia dopo il loro arrivo. Da quando i predatori sono arrivati «le nostre abitudini non sono più le stesse», ammette. Ma convivere con loro è stata una «crescita personale» anche se, durante la sua attività, di capi ne ha persi: 11 in un anno, 23 in quello successivo. Solo due da quando si è dotato dei cani.

Viola sostiene che la convivenza tra uomo e lupo sia difficile ma possibile, perché: «Con voglia e impegno i risultati arrivano». Ogni piccola mossa è importante, ma deve esserci un «pastore con la P maiuscola, non un pastorello. Bisogna imparare a pensare con la propria testa, con quella dei tuoi cani, con quella della gente che incontri sui sentieri, e con quella del lupo». Già, perché secondo Bruno «il lupo non uccide le pecore ma seleziona gli allevatori»: quello che non si impegna, che non è disposto a svolgere la sua attività in modo diverso, non ha futuro in un territorio colonizzato dal predatore.

Secondo il pastore trentino il lupo è una opportunità per accrescere la biodiversità della nostra Terra che non è solo del lupo, ma non è nemmeno solo dell'uomo. È di tutti, e proprio per questo dobbiamo imparare a conviverci.

Anche se è già stato fatto molto, i danni diretti causati dalle predazioni restano difficili da «estirpare». Lui usa proprio questa parola, per spiegare a tutta la gente in sala che non c'è moneta che paghi i capi uccisi a un allevatore: ogni pecora è una «sua pecora», frutto del «suo» lavoro. L'arrivo del lupo, anche in Trentino, ha reso l'attività del pastore molto più faticosa: i cani che sorvegliano il gregge sono più nervosi, i capi non vanno soli; i turisti sono aumentati. E alcuni allevatori sono restii al cambiamento.

Ma non Bruno Viola e Alice Delmonego, compagni di lavoro e di vita che per non mancare all'appuntamento di Fenestrelle hanno perfino pagato qualcuno che sorvegliasse il bestiame durante la loro assenza, per tutta la giornata.
Nella loro Malga Riondera, situata a 800 metri di altitudine non molto lontana dai confini del Parco regionale dei Monti della Lessinia, Bruno e Alice, oltre ad allevare capre, pecore e asini gestiscono un bioagriturismo con ristorazione e pernottamento, e interessanti attività didattiche collegate alla fattoria. «In Trentino è almeno da sei anni che sono tornati i lupi, racconta Alice. Soltanto quattro anni fa abbiamo subito la predazione di un asino, perché non eravamo pronti. Oggi, invece, siamo più preparati, adottando un tipo di prevenzione funziona. I cani, se educati, possono diventare un'opportunità di svago per gli ospiti, così come le attività di pascolo – come chiudere le greggi nel recinto - che facciamo sperimentare a chi soggiorna da noi», racconta Alice.

Secondo lei, il ritorno del lupo non ha allontanato i turisti, né li ha attirati di più in Trentino, ma per gli allevatori ha rappresentato di sicuro una spesa. Come fare perché non sia solo questo?
«Bisogna sentire tutte le voci, afferma la margara. E saper sfruttare ogni buona opportunità, come l'adesione al marchio 'Terra di lupi', nato e partito proprio dal Piemonte, per agevolare tutte quelle aziende che, a causa della convivenza con il lupo, hanno subito costi di produzione più alti».

Il Piemonte, secondo i pastori trentini, è già un buon esempio di 'convivenza possibile'. Anche se «non pensavo che ci fossero pastori ancora non pronti al ritorno del lupo. Ormai è arrivato, qui da voi, da 20 anni».

Guarda il servizio video sul Convegno 'Tra cane e lupo' realizzata nell'ambito del programma AgriSapori 

 

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